a cura di A. Schiavone e R. Mariella
31 OTTOBRE 2012 – GIORNATA CONCLUSIVA
Ultima giornata del 10° FQF – Pomeriggio dedicato alla cultura lesbica – Bear City2 di D.Langway – Premiazione concorso Videoqueer
Mercoledì 31 ottobre è arrivata al termine la decima edizione del Florence Queer Festival, con in prima serata la cerimonia di chiusura e la premiazione del vincitore del concorso per cortometraggi Videoqueer.
Videoqueer è un concorso nato insieme al festival, che assegna al vincitore un premio di 1000 euro. Nelle passate edizioni i corti dovevano avere una durata limite di tre minuti, in occasione del decennale, è stato deciso di aprire i termini di durata, per offrire più possibilità espressiva ai concorrenti. Il premio è stato assegnato attraverso il voto del pubblico.
Roberta Vannucci, Direttore artistico del Festival insieme a Bruno Casini, ha invitato sul palco Cristina Giacchi, Assessore al Comune di Firenze, che tra le altre deleghe, è responsabile delle Politiche giovanili, Assessorato con il quale il concorso è realizzato in collaborazione. Cristina Giacchi dopo un ampio e sentito discorso è passata alla premiazione del vincitore:
“Oggi scelgo io” di Valeria Savazzi.
La giovanissima regista è quindi salita sul palco. Valeria viene da Parma ed è accompagnata in sala dai genitori. Evidentemente commossa, ha ringraziato i ragazzi e le ragazze che hanno lavorato con lei nella realizzazione del film, adolescenti tra i 14 e i 20 anni di un gruppo giovanile che si è occupato di omo-affettività (Spazio Giovani di Parma, gruppo “Uno come noi, noi come tutti”). Il cortometraggio parla del coming-out in ambito scolastico ed è anche una denuncia dell’assenza delle istituzioni scolastiche in queste tematiche. Il film nasce proprio dai pensieri e dalle esigenze di questi ragazzi espressi durante il lavoro coordinato dalla regista. Nel film c’è anche un messaggio di speranza , per tutti i ragazzi che si sentono soli: di non arrendersi e andare avanti.
Dopo la proiezione del cortometraggio vincitore, Silvia Minelli, coordinatrice di tutta la macchina organizzativa del festival, ha chiamato sul palco David Drago, consulente musicale del Festival, che ha ricordato i prossimi appuntamenti di QUEERMUSIC e presentato il videoclip in anteprima del brano ‘Man on fire‘ dei Novadeaf (2012), vincitore del premio Amnesty Emergenti 2012, premio che si intitola ‘Voci per la libertà‘ . Il video è ispirato alla storia di Alfredo Ormando, lo scrittore siciliano che nel 1998, in segno di protesta contro l’atteggiamento omofobo della Chiesa cattolica, si dette fuoco a Roma in piazza San Pietro. Sono quindi saliti sul palco Federico Russo, front-man dei Novadeaf ed il regista del video Giuseppe La Rosa.
Dopo la proiezione del video ‘Man on fire‘ dei Novadeaf è stato proiettato il cortometraggio Una notte ancora di Giuseppe Bucci (2012), corto arrivato al festival troppo tardi per partecipare al concorso, che parla di come la fine di un amore possa diventare un’ossessione .
Ritornato sul palco tutto lo staff del festival, Bruno Casini, Direttore artistico del Festival, ha fatto tutta una serie di ringraziamenti: alla 50 Giorni del Cinema, a Stefania Ippoliti, Camilla Toschi, Sveva Fedeli, Elisabetta Vagaggini, Marzia Zappacosta, a noi di Cinemagay.it, a Claudia Farci responsabile dell’Ufficio Stampa del Festival, a Barbara Caponi Presidente di IREOS, a Silvia Minnelli, fondamentale organizzatrice del Festival e a tutto lo Staff del Cinema Odeon. E’ quindi intervenuta Barbara Caponi, Presidente di IREOS, associazione che organizza e promuove il Florence Film Festival insieme con Arcilesbica Firenze e Music Pool. Barbara Caponi ha quindi fatto una ulteriore lunga serie di ringraziamenti e ha segnalato l’apertura nei prossimi mesi presso IREOS di un nuovo centro di documentazione.
Di seguito un resoconto dei film trasmessi durante la giornata, che è iniziata con tre titoli che in diverso modo ci hanno parlato della vita e della cultura lesbica nel recente passato.
Per la sezione Vintage abbiamo avuto la proiezione della commedia romantica Better Than Chocolate di Anne Wheeler (1999).
Ha presentato il film Roberta Vannucci: “In questa ultima giornata del festival, abbiamo un pomeriggio tutto lesbico. Iniziamo con la Sezione Vintage, con un film del 1999, Better Than Chocolate di Anne Wheeler. E’ un film canadese che offre uno spaccato del mondo lesbico alla fine degli anni ’90 in Canada, che però è abbastanza simile anche alla situazione degli Stati uniti e dell’Unione Europea. In questo film vediamo uno spaccato del mondo lesbico che è già oltre l’inizio del movimento più propriamente politico separatista di derivazione femminista, che invece avremo occasione di vedere nel documentario successivo. E’ un movimento, una comunità, che inizia a relazionarsi in modo più stretto con altri settori della comunità lgbt, avremo l’occasione di vedere come la comunità lesbica, accetta o non accetta, l’arrivo, il far parte delle transessuali, in questo caso nel film. E’ una commedia, e quindi affronta questi temi con i toni propri della commedia, è un film che ci mostra delle ragazze giovani che iniziano a vivere un proprio orientamento sessuale in modo molto aperto, ma che ancora devono in qualche modo fare i conti con la famiglia di origine. Ha un aspetto molto interessante questo film, nonostante sia una fiction: affronta il tema dei sex toys, in modo molto ironico, che in qualche modo, per le più grandi sicuramente, forse meno per le più giovani, è stato un argomento tabù dal punto di vista politico, non tanto dal punto di vista morale, per il quale era difficile parlare in modo aperto, e farne anche un aspetto teorico, o artistico, o rivendicativo sull’argomento. Vedrete come viene affrontato qui, siamo nella seconda metà degli anni ’90 e quindi c’è tutto il discorso sul sesso sicuro. In quegli anni post crisi AIDS, che ha colpito in primis la comunità gay, si diffondono i seminari, i corsi, i filmati sul sesso sicuro, anche per le donne lesbiche, cosa che fino ad alcuni anni prima non era cosi diffusa, siamo nel 1999 e quindi si danno per scontato nel film. Un altro aspetto che vorrei sottolineare, e che a volte dimentichiamo, anche se sono passati pochi anni, è la censura: il Canada ha il riconoscimento del matrimonio per le persone dello stesso sesso, qui vedrete invece una libreria che è sottoposta alla censura, non è un episodio di fiction, è la realtà, c’è stata una libreria molto famosa di stampo femminista lesbico a Vancouver, che ha avuto grossissimi problemi con la censura, perché i libri che provenivano dagli Stati Uniti, venivano bloccati per legge dello stato, alla frontiera, venivano esaminati e se per la loro inclinanzione politica e morale, gli ufficiali della dogana reputavano che quel materiale era pornografico, veniva bloccato. Il film ha la sua valenza dal punto narrativo, però volevo sottolineare che siamo negli anni ’90, successivamente di lì a poco il cambiamento sarà per noi dal punto di vista delle notizie, positivo, perché ci sarà il riconoscimento del matrimonio, ma in quegli anni la censura è stata utilizzata, con la definizione di materiale pornografo, per alcuni testi di critica femminista, e anche se in alcuni casi tale critica ha portato ad aberrazioni, come vedremo in modo ironico nel film, quando si parla di censura è sempre rischioso invocarla. Il film che è uscito in Italia, distribuito soltanto in DVD, pochi anni dopo e in effetti all’epoca ci era sembrato un po’ lontano, però credo che abbia un valore vederlo, soprattutto per le donne più giovani, perché porta in primo piano alcuni temi che negli anni ’90 erano di estremo dibattito all’interno della comunità lesbica.
Lesbiana a parallel Revolution di Myriam Fougére – VOTO:
Quindi è stato presentato il documentario Lesbiana a parallel Revolution di Myriam Fougére (2012) che racconta la storia della cultura lesbica in Canada e negli Stati uniti, attraverso l’esperienza della regista, presente in sala, che negli anni ’80 fece un viaggio attraverso gli Stati Uniti visitando le varie comunità di femministe e lesbiche separatiste, che avevano creato interi villaggi dove gli uomini non potevano entrare. La regista fa lo stesso viaggio ai giorni nostri alla ricerca di ciò che resta di quelle esperienze e intervistando le protagoniste di allora.
Audre Lorde – The Berlin Years 1984 to 1992 di Dagmar Schultz – VOTO:
L’ultimo film di questo pomeriggio dedicato alla cultura lesbica è stato Audre Lorde – The Berlin Years 1984 to 1992, un un omaggio alla scrittrice, poetessa e attivista afro-americana Audre Lorde. Il documentario racconta gli anni berlinesi di una delle più importanti attiviste statunitensi, impegnata in prima persona nella battaglia contro le discriminazioni razziali e sessuali nel suo Paese. Recatasi a più riprese in Germania, tra il 1984 e il 1992, estese anche li sua attività impegnandosi a favorire l’aggregazione e l’uscita allo scoperto di una comunità di lesbiche afro-tedesche.
Bear City 2 The Proposal di Douglas Langway – VOTO:
Film evento della giornata, in anteprima europea, è stato proiettato Bear City 2 The Proposal di Douglas Langway. Il regista Douglas Langway doveva essere presente ma è stato purtroppo bloccato a New York dall’eccezionale maltempo di questi giorni. Il sequel è ambientato due anni dopo il primo con gli stessi protagonisti e poiché nel frattempo a New York il matrimonio gay è diventato legale, succede che Roger una notte coglie di sorpresa Tyler con una proposta di matrimonio, che Tyler accetta anche se in cuor suo non si sente pronto. I due decidono, chissà come mai, di festeggiare il loro addio al celibato passando un weekend a Provincetown, proprio durante la Bear Week, occasione che vede questa ridente località balneare presa d’assalto da migliaia di ‘orsi’ arrapati.
IMMAGINI DELLA GIORNATA CONCLUSIVA DEL FESTIVAL
30 OTTOBRE 2012 – SESTO GIORNO
Incontro con l’artista e attivista Zanele Muholi – La commedia Molly’s Girl di Scott Tomphson (2011) – Il Libano contemporaneo tra omofobia e intolleranza
La sesta giornata del Florence Queer Festival parte con la proiezione, per la sezione Vintage, dello stupendo documentario The celluloid closet (Lo schermo velato) di Rob Epstein e Jeffrey Friedman (1995).
Introduce il film Vieri, giovanissimo, ma molto preparato volontario di IREOS: “film importante, storico per alcuni versi, questo film documentario del 1995 è tratto da una delle pietre miliari della critica cinematografica gay, probabilmente il testo seminale, “Lo schermo velato” di Vito Russo, libro del 1981, in cui sostanzialmente si raccontava, come d’altronde nel documentario, dell’evoluzione del modo in cui sono stati trattati gay e lesbiche all’interno della cinematografia, nel libro di Vito Russo la cinematografia mondiale, mentre nel documentario la cinematografia americana, e come questa immagine si è sviluppata. E’ da dire che sia il film che il documentario sono due testi profondamente politici per alcuni versi. Si analizza un mondo stereotipico, una costruzione di un immaginario, che viene fissata e posta nel cinema, per decostruirla. Se si legge il libro di Russo si individua molto chiaramente che questa immagine, questo mondo stereotipizzato, viene analizzato, decostruito e la decostruzione è funzionale a una presa di parola più onesta, più consapevole, più politica. D’altronde siamo negli anni ’80, questo libro è del 1981, prima della crisi dell’AIDS è il momento in cui il movimento politico gay americano è molto forte, molto arrabbiato e se si legge l’introduzione al libro, si nota bene questa arrabbiatura questa presa di posizione, questo impegno politico dello scrittore, che poi sarà una presa di consapevolezza, un impegno, che sarà anche dei registi. Comunque è molto divertente, molto ben fatto sia il documentario e soprattutto il libro. E a seguire ci sarà un documentario sulla vita di Vito Russo come attivista del movimento GLBT americano e anche un po’ sulla costruzione dello Schermo Velato, che sarà bene o male costruito a seconda delle esperienze personali e politiche di Russo negli anni ’70 in America.” Vito Russo è morto durante la lavorazione del film, ma ha fatto tempo a partecipare e collaborare alla sceneggiatura del film.
Vito di Jeffrey Schwarz – VOTO:
Subito dopo The celluloid closet è stato proiettato un altro bellissimo documentario, Vito di Jeffrey Schwarz (2011), che ripercorre la vita di Vito Russo, attivista gay, che possiamo tranquillamente considerare un eroe, sia del movimento gay moderno, che della cultura gay. Dal documentario possiamo ben distinguere nella vita pubblica di Vito tre fasi storiche: il suo impegno nella lotta per i diritti dei gay, il suo lavoro di costruzione di una memoria storica della cultura gay attraverso il cinema, confluito nella scrittura del suo fondamentale libro The celluloid closet e infine, una volta scopertosi ammalato, la sua ultima battaglia pubblica nella lotta all’AIDS.
Out Loud The Making di Samer Daboul – VOTO:
Il documentario Out Loud The Making di Samer Daboul racconta di tutte le difficoltà che il regista e la troupe hanno incontrato durante le riprese del film Out Loud, diretto dallo stesso Daboul presente in sala per rispondere alle domande del pubblico.
Nonostante il film abbia ottenuto preventivamente tutti i permessi necessari, tali permessi sono rimasti sulla carta, e sono stati posti ostacoli materiali di tutti i tipi. Quando poi il film è stato terminato, le autorità hanno imposto diversi tagli: alla scena del bacio gay e a quella del matrimonio in cui un personaggio gay facendo finta di essere un prete, pronuncia le classiche frasi che sanciscono l’unione, che sono tratte sia dalla Bibbia che dal Corano. Anche nella versione vista questa sera in sala, purtroppo è mancato il famoso bacio. Nonostante i tagli nessun cinema in Libano se l’è sentita di proiettare il film. Il regista nel suo documentario ha ad un certo punto ampliato il discorso a quello che succede agli omosessuali nel mondo arabo (Daboul è cattolico) e quindi lo ha ampliato ulteriormente comprendendo la condizione degli omosessuali mussulmani negli Stati Uniti confrontata a quella di tutto il resto degli omosessuali in America, con interviste ad attivisti americani. Questo perché il regista ha voluto creare un ponte tra oriente e occidente, per contribuire ad abbattere le differenze che ancora dividono questi due mondi.
In Libano l’omosessualità è ancora considerata un reato e girare un film sul tema, con attori locali, che interpretano ruoli gay, può essere molto rischioso. A vedere questo film questa sera c’erano purtroppo poche persone, ed è davvero molto triste dover constatare che mentre c’è gente che nel suo Paese mette a rischio i propri averi, la propria libertà e la sua incolumità personale per far valere dei diritti che noi diamo per scontati, la maggior parte di noi non si prende la briga di scomodarsi ad andare a vedere il frutto di tanti sacrifici.
A seguire sono stati i corti in concorso per Videoqueer.
Amor vincit omnia di Nino Cramarossa (2011) in questo video Cramarossa riesce a fondere le sue notevoli capacità di regista e di fotografo: attraverso lo spostamento dell’inquadratura della telecamera su di una serie di fotografie, quello che sembra una lotta tra due atleti, si trasforma in un groviglio amoroso. VOTO:
Il mondo sopra la testa di Peter Marcias (2012) un curioso fumetto che ci racconta il rapimento del capo del governo italiano da parte di un gruppo di LGBTI. VOTO:
Alle 20.00 si è tenuto nella saletta degli specchi del cinema Odeon, un incontro con l’artista e attivista sudafricana Zanele Muholi, la cui mostra fotografica è in corso al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato. L’artista ha risposto alle numerose domande, ci ha parlato del suo lavoro e ci ha descritto le contraddizioni del suo Paese, il Sud Africa, che da un lato è l’unico Paese a mondo a tutelare nella Costituzione i diritti degli omosessuali, oltre a riconoscere il matrimonio e l’adozione per le coppie dello stesso sesso, ma dall’altro è palcoscenico di stupri di massa e efferati omicidi ai danni di donne lesbiche; solo negli ultimi mesi dieci persone sono state uccise per colpa dei fondamentalisti religiosi e delle tradizioni tribali.
Molly’s Girl di Scott Tomphson – VOTO:
In prima serata è stata proiettata la commedia Molly’s Girl di Scott Tomphson (2011), alla presenza di Cosimo Santoro per TLAreleasing (distributore).
Mercedes una ragazza impegnata nella lotta per i diritti dei gay, viene lasciata dalla sua compagna, disperata si ubriaca in un bar, dove incontra Molly, una ragazza completamente svitata. Dopo una notte d’amore, Mercedes si risveglia non più sotto i fumi dell’alcool e si rende conto di aver commesso un grosso sbaglio invitando Molly a casa sua e fa di tutto per liberarsi della sua appiccicosa ospite, fino a quando non scopre che il padre di Molly è un influente senatore di destra. Intravvedendo una opportunità per costringere il senatore a cambiare la sua politica sui matrimoni gay, Mercedes decide di chiedere a Molly di presentarla alla sua famiglia come la sua ragazza. Quando Mercedes conosce i parenti di Molly si rende conto di quanto Molly abbia sofferto sin dall’infanzia a causa della sua famiglia: un padresempre assente verso le figlie, e una madre dominatrice e manipolatrice che disapprova tutto ciò che fa Molly. E i suoi sentimenti verso Molly cambiano.
Ultimo film della serata, ormai troppo tardi per la nostra capacità di sopportazione cinematografica è stato proiettato Elliot Loves di Gary Terracino (2011), una commedia con anche momenti drammatici, che racconta la vita di Elliot, un giovane domenicano-americano, in due diversi periodi della sua vita, all’età di 11 anni, quando vive con la madre single, e all’età di 21, mentre cerca, con alterne vicende, di incontrare l’amore a New York. Anche questo film , già passato al Giffoni Film Festival, è stato portato in Italia da TLA Releasing Italia, una nuova società di distribuzione a tematica LGBT.
IMMAGINI DELLA SESTA GIORNATA
29 OTTOBRE 2012 – QUINTO GIORNO
Il documentario su Jobriath e il glam rock anni ’70 – “Out Loud” di Samer Daboul (2011) uno dei pochi film che in Medio Oriente affrontano l’argomento tabù dell’omosessualità
Per la sezione Vintage è stato proiettato il film Demoni e Dei di Bill Condon (1998), scelto da Massimo Poccianti, del quale riportiamo la breve presentazione:” film biografico realizzato nel 1998 da Bil Condon, sugli ultimi anni di vita del regista James Whale creatore di Frankestein, il film è interessante poiché il protagonista, creatore di mostri ( ne ha creati diversi nei suoi film) primo fra tutto Frankestein, si trova a confrontarsi con i propri mostri, quei mostri che si porta dentro, come ognuno di noi. In perenne equilibrio fra presente e passato, mettendo in contrapposizione i demoni della guerra, del quotidiano, della morte, con la bellezza pura di un ricordo, di un amore, della giovinezza. Il film fa riflettere anche perché è soggettivo interpretare chi sono i demoni e chi sono gli dei. Ognuno di noi può dare la risposta, perchè ognuno di noi ha i propri demoni e i propri dei. E’ il vissuto che ti entra dentro e non ti lascia più.“.
Man for a Day, di Katarina Peters – VOTO:
E’ stato quindi proiettato il documentario Man for a Day, di Katarina Peters (2012), introdotto da Roberta Vannucci:” Man for a Day, è un documentario che riprende il workshop di Diana Torr, una artista, una performer che da molti anni si occupa di decostruire l’identità sociale della donna, attraverso la costruzione di un ruolo fittizio, da workshop in qualche modo, costruendo appunto quello maschile. Ha iniziato ad occuparsi di Drag King, quello che dopo diventerà drag king all’inizio degli anni ’90, e anzi è stata in qualche modo colei che ha dato il via a questo tipo di workshop a New York. Però ha sviluppato una modalità diversa, cioè non è travestimento semplice: le donne che partecipano ai suoi workshop non necessariamente sono donne lesbiche, non vogliono assumere un’identità maschile né nella vita quotidiana, né attraverso un percorso che porti alla transizione di genere. In realtà lei lavora su quegli atteggiamenti, quei comportamenti, quei piccoli anche tic, diciamo così, che in un uomo sono socialmente accettabili e accettati e che per le donne non lo sono. Molto spesso ai suoi workshop, specialmente negli Stati Uniti, hanno partecipato donne manager, cioè quelle donne che si trovano a dover assumere un’identità, un atteggiamento, un approccio, in questo caso nel contesto lavorativo, di tipo maschile. Questo è un workshop realizzato a Berlino, lei lo ha portato in tutto il mondo, in tutta Europa, Australia, e ovviamente negli Stati Uniti, dove lei ha iniziato a lavorare pur essendo Britannica, lei è scozzese. Vi auguro una buona visione e spero che vi faccia riflettere su quelle piccole differenze quotidiane, che però fanno la differenza nella vita.“.
Jobriath A.D. di Kieran Turner – VOTO:
Il film successivo è stato l’attesissimo documentario Jobriath A.D. di Kieran Turner, presentato con grande successo al Gay and Lesbian Film Festival di Londra, sulla sfortunatissima vicenda artistica e personale del dotatissimo e misconosciuto cantante Glam Rock americano Jobriath (1946-1983), prima importante rock star a dichiararsi pubblicamente gay, morto a soli 37 anni di AIDS nel 1983.
Ha presentato il film Lucille, esperta di musica e cultura underground anni ’70 e collaboratrice di Controradio. Lucille ha introdotto il suo discorso con un’ampia panoramica partendo dalla musica in Inghilterra all’inizio degli anni ’70, quando nella musica rock si verifica una frattura tra il rock dei bianchi e la musica nera, in particolare la musica Reggae diventa rappresentante della cultura black, e il rock dei bianchi è costretto cosi a prendere nuove strade, da una parte il rock progressivo, musica colta, e dall’altra un rock che monta su di un siluro e esplode in una stella brillante, in una forma che non si era mai vista prima il Glam. Tutto avviene attraverso una sovra esposizione di elementi che prima venivano nascosti, viene esibito con disinvoltura tutto ciò che sta dietro al lancio di un personaggio, il marketing, la creazione del marchio. C’è un elogio di una insincerità, una inautenticità del rock. Gli stessi nomi degli artisti, Albin Sturdust, Ziggy Stardust, Gary Glitter, sembrano personaggi dei fumetti, sono dei nomi irreali. Con il Glam degli anni ’70 la rockstar prende una grossissima distanza rispetto al pubblico, l’artista prima veniva magari idealizzato, adesso diventa una vera e propria mitologia. Come nella Pop Art il Glam elabora un sistema di alienazione e fascinazione di elementi decontestualizzati, come la Hollywood anni 30, il cabaret, la fantascienza, le pin-up, anche il nazismo, Bowie fa il saluto nazista in aereoporto, ma non c’è niente di politico. In questo impero del falso Jobriath entra di diritto, lui ne è parte e vittima. Lui probabilmente gioca un ruolo autentico, in questo gioco dell’inautentico, perché si è mantenuto puro. Bowie in un certo modo è stato furbo, ha saputo sempre mollare la sua immagine quando doveva. Anche da un punto vista sessuale David Bowie non proclamava una omosessualità, ma una sessualità sospesa, da qualche parte, nel mezzo tra femminile e maschile. Lou Reed una volta disse ‘io sono un maschio bisessuale sciovinista’ e questo era un bel modo per liberarsi dai problemi. Invece Jobriath era un gay vero, ‘The True Fairy’ (l’unica vera fatina del Rock) forse fu esagerato questo messaggio nel senso che i tempi non erano ancora maturi per ricevere un messaggio di questo tipo, di una omosessualità cosi aperta. Jobriath non è stato appoggiato da nessuno, non dagli inglesi snob, perché questo era un americano che faceva il verso al loro Bowie, non dagli americani, che il Glam bizzarro e un po’ morboso non l’hanno mai capito e accettato, accettavano Elton John, perché era un po’ una damina di corte, dall’altra parte abbiamo la comunità gay che si tirò indietro, e questa è stata forse la cosa più tragica. La comunità gay non appoggiò Jobriath, perché era troppo ambiguo il suo messaggio, di omosessualità da perdenti, mentre loro ormai si vestivano di pelle avevano un altro tipo di spavalderia e di agressività. Stiamo per vedere una vera parabola Glam, parabola di una favolosa ascesa e di una terribile caduta, cosi come si può vedere in una glam opera.”
Sono poi stati proiettati i corti in concorso per Videoqueer.
Nel bel corto spagnolo Muy Mujer di Carlos Alvarez Castel (2011) che ha per protagonista una giovane coppia eterosessuale, la moglie, incinta, scopre che il marito in segreto si esibisce come drag queen. Ma è davvero cosi ? – VOTO:
Nell’italiano Di spalle di Mario Parruccini (2010) un padre omofobo e stupido non si accorge di quanto sta succedendo nella sua famiglia. – VOTO:
Out Loud di Samer Daboul – VOTO:
In prima serata abbiamo visto il film evento della giornata Out Loud di Samer Daboul (2011), uno dei pochi film che in Medio Oriente affrontano l’argomento tabù dell’omosessualità, oltre a trattare altri temi importanti quali i diritti umani in genere, l’emancipazione della donna e la libertà di espressione. Il film in breve tratta di cinque giovani uomini molto amici tra loro, tra qui una coppia gay perseguitata dai parenti, e di una donna, che decidono di formare una specie di comune. Malgrado la ferocia dell’ambiente circostante riusciranno almeno in parte a realizzare il loro sogno.
Era presente in sala il regista Samer Daboul. Samer, che ha compiuto i suoi studi negli Stati Uniti e ha deciso di tornare in Libano per vedere cosa poteva fare di utile. Si è subito reso conto che nel suo Paese c’era una grande confusione, e che c’erano veramente pochissimi film prodotti, non più di tre o quattro all’anno. Le persone erano solo interessate alla lotta politica. Invece di incoraggiare la gente ad essere creativa e ad apprezzare le diversità, viene insegnato alla gente come usare le armi. Ha quindi scritto il soggetto di questo film, per fare un film che parlasse di creatività e di persone discriminate, specialmente i gay, per dire alle persone che i gay esistono e che non vanno discriminati ma protetti. Cosi ho scritto questo film per dare nuovi punti di vista su come interagire con le persone gay. Finito il film il regista si è reso conto di avere dato solo il quaranta per cento di quello che voleva fare, ma pensa comunque di avere dato l’idea di quello che voleva dire. La cosa triste è che in Libano il film è stato vietato. Ci sono stati un sacco di problemi nel girare il film, la troupe è stata attaccata dalla popolazione locale e ci sono stati dei feriti. Tutto questo viene riportato nel documentario che sarà proiettato domani (Out Loud the Making) che racconta appunto tutte le difficoltà nella realizzazione del film. Il regista è comunque molto contento che il film abbia trovato una buona accoglienza in giro per il mondo e spera che un giorno in Libano si rendano conto che dovranno essere fatti altri film su questo soggetto. Il regista ci ha poi detto di stare pensando ad un nuovo soggetto, una storia di amore tra un libanese con tutti i suoi problemi nel suo paese ed un europeo abituato alla libertà del suo paese.
Lovely Man di Teddy Soeriaatmadja – VOTO:
Per ultimo è stato presentato il film Indonesiano Lovely Man di Teddy Soeriaatmadja (2011) un film molto bello che parla di una dolcissima ragazzina, mussulmana praticante, che decide di recarsi in citta’ per conoscere suo padre e trova che è un travestito che batte il marciapiede. Ma l’amore vince su ogni cosa.
IMMAGINI DELLA QUINTA GIORNATA
28 OTTOBRE 2012 – QUARTO GIORNO
Al FQF il film denuncia contro l’omofobia in Turchia
La giornata del 28 è iniziata con il film Velvet Golmine di Todd Haynes (1998) per la sezione Vintage. Questo film era stato scelto da Paolo Baldi (uno degli storici fondatori del Festival, con Bruno Casini e Moreno Fabbri) che però non ha potuto essere presente. Ha quindi letto una sua nota sul film Bruno Casini: “ho scelto questo film, Velvet Golmine, perché la musica così come il cinema a volte può salvare la vita. Chi da gay è cresciuto come me in provincia negli anni settanta e all’inizio degli anni ottanta, epoca in cui non esistevano né internet né social forum, ha trovato nella musica e nel cinema una dimensione grazie alla quale scoprire figure e sensibilità in cui riconoscersi per non sentirsi troppo solo. ‘Ragazzo solo, ragazza sola” cantava David Bowie nella versione italiana di Space Oddity, canzone oggi ripresa da Bertolucci nel suo ultimo film. David Bowie e il Glam Rock sono stati per me una scoperta folgorante. Ziggy Stardust, ma anche Young Americans, Heroes con Brian Eno, cosi come i Roxy Music, Brian Ferry, Lou Reed e tanti altri, hanno fatto capire in quegli anni a molti ragazzi e ragazze, che un altro mondo era possibile, che essere diversi poteva essere una ricchezza per sé e per gli altri. Perciò grazie a David Bowie, anche se non ha voluto dare le sue canzoni per il film, perché accenna alla sua omosessualità, e grazie al regista Todd Haynes, grande regista dalla sensibilità queer, che ha fatto un bellissimo film, che racconta quel periodo e quella atmosfera, buona visione“. Bruno ha concluso con una notizia dell’ultima ora: David Bowie ieri ha dato il permesso di esporre al Victoria Museum di Londra tutti i suoi cimeli, vestiti, costumi, strumenti e fotografie.
Di seguito abbiamo assistito ad una mini maratona di film lesbici.
L’altra altra metà del cielo… continua di Laura Valle – VOTO:
Laura Annibali doveva presentarci il documentario L’altra altra metà del cielo… continua di Laura Valle (2012), seconda puntata di sue interviste a donne lesbiche che si sono dichiarate tali e che vivono apertamente la loro diversità. Questo documentario ci sembra ancora più convincente del precedente. A dispetto dello stile tutto particolare di Laura, un po’ scanzonato e caciarone, le storie raccontate sono molto significative e ci raccontano di donne lesbiche che hanno raggiunto, con l’esperienza e l’intelligenza una grande consapevolezza di cosa sono e di cosa vogliono. Brava Laura, parti subito con la terza puntata.
Cloudburst di Thom Fitzgerald – VOTO:
E’ arrivato quindi il momento di Cloudburst di Thom Fitzgerald (2011) uno dei più bei film a tematica LGBT degli ultimi tempi, un road movie a metà strada tra Thelma e Louise e Brokeback Mountain, interpretato dalle attrici premio Oscar Olympia Dukakis e Brenda Fricker (questa è la prima volta che due attori premi oscar interpretano una coppia dello stesso sesso in un film ed è la prima volta che due premi oscar dello stesso sesso si baciano). Un’interpretazione che merita davvero un altro premio Oscar, quella di Olympia Dukakis nella parte di Stella, un’anziana lesbica, in lotta per difendere la sua famiglia. Stella per impedire che la sua compagna di una vita, cieca e malata, resti rinchiusa in un ospizio, messa lì dalla nipote, la rapisce e intraprende un avventuroso viaggio in Canada per poterla sposare. Per strada danno anche un passaggio a un giovane, quasi senza famiglia, che da subito viene adottato come un nipote dalle due anziane. Si tratta di un film davvero molto divertente e commuovente, che in ogni momento ci fa ridere e pensare.
Al termine del pomeriggio c’è stata la proiezione dei corti in concorso per Videoqueer.
Dhe’ Lell World – Cozze e lesbiche veraci di Sirka Capone (2012). Arriva a Livorno la produttrice di The L World per un casting alla ricerca di nuovi talenti, un’occasione da non perdere per la pescivendola Carlina, che pur non essendo una gran gnocca, riesce al avere la meglio sulle concorrenti. Corto ben fatto, scanzonato e gogliardico. Silvia Capone presente con Carlina in sala, ha voluto pubblicizzare la loro e-mail [email protected] ed il sito www.Produzionidalbasso.com, che raccoglie finanziamenti di progetti indipendenti. VOTO:
Oggi scelgo io di Valeria Savazzi (2012), la storia della diciasettenne Anna che è costretta a fare coming out in classe e che dopo un primo momento di sconforto riesce poi a vedere il mondo con occhi diversi. La regista ci ha raccontato che il video è stato realizzato da un gruppo di ragazzi dai 14 ai 21 anni, che fanno parte di un consultorio giovanile di Parma. Il cortometraggio è stato poi presentato al Meeting dei Giovani, una rassegna indirizzata ai ragazzi delle scuole superiori e ora viene proiettato nelle scuole. VOTO:
Violetta, la cortigiana di David Casals-Roma (2012), bella storia di una amicizia, o forse qualcosa di più, tra una prostituta e una aspirante prostituta, che ha bisogno di soldi per poter studiare da cantante lirica. VOTO:
Alle 21.00 è stato proiettato il cortometraggio La dolce notte di Anna di Malvenuti & Di Gangi (2012), le cui riprese sono state effettuate, in parte, durante la scorsa edizione del Florence Queer Festival al cinema Odeon. Alla presenza dei registi (che sono stati i vincitori della prima edizione del concorso Videoqueer) che ci hanno spiegato che questo vuole essere un progetto più grande. Era presente anche la protagonista Anna Dolce, che nel corto si aggira nei vari ambienti del cinema Odeon ‘molestando’ amabilmente, il pubblico. VOTO:
Morgan di Michael D. Akers – VOTO:
Il primo film della serata è stato Morgan di Michael D. Akers (2012), in anteprima europea. Storia di un giovane ciclista gay di New York rimasto paralizzato in seguito a un incidente e condannato su una sedia a rotelle, che casualmente incontra un ragazzo, con il quale potrebbe avere l’opportunità di costruirsi una nuova vita.
Presenti in sala il regista Michael D. Akers, e il produttore del film Sandon Berg, i due formano una bellissima coppia nella vita. Sandon Berg ci racconta che hanno girato questo film a New York, l’appartamento è il loro appartamento e il parco dove i protagonisti si incontrano è giusto li vicino. Questo è il loro quarto film. Il loro terzo film è stato Phoenix, alle audizioni di quel film si presentò anche un ragazzo su di una sedia a rotelle. Non poterono utilizzare quel ragazzo in quell’occasione perché servivano solo persone che potevano camminare, però parlando con lui, che era una persona molto aperta, hanno avuto l’opportunità di apprendere una serie di informazioni su cosa vuol dire essere un ragazzo gay su di una sedia a rotelle, qual era il suo stile di vita, come riusciva a muoversi nel pessimo sistema di trasporti pubblici di Los Angeles ecc.. Era il 2006 quando hanno iniziato a lavorare in questo film. Il soggetto era molto interessante e non ancora affrontato in film gay anche se loro erano piuttosto spaventati dal timore di non riuscire a documentarsi bene. Hanno quindi parlato con diversi uomini gay paralizzati su di una sedia a rotelle, anche attraverso internet. Hanno anche parlato con dei terapisti e visto molti video su quali sono tutte le piccole cose che queste persone devono compiere nella vita di tutti i giorni in casa. L’ispirazione principale è venuta con l’incontro con un ragazzo ebreo di 22 anni, un tennista professionista ebreo, che ha avuto la carriera stroncata da un incidente in macchina, il suo senso di colpa per aver provocato l’incidente, ha ispirato il senso di colpa del protagonista del film.
Zenne Dancer di Caner Alper e Mehmet Binay – VOTO:
Ultimo film della serata è stato Zenne Dancer di Caner Alper e Mehmet Binay (2011) una produzione tedesca, olandese, turca. Un film molto bello, che tocca il tema scottante dell’omofobia nella società Turchia. Film, ispirato a un fatto realmente accaduto, racconta nella vicenda principale, la storia di un ragazzo gay che lascia il paese natio per andare in città a studiare e di sua madre, disposta a distruggere, anche fisicamente, tutta la sua famiglia, per salvare l’onore nella famiglia davanti ai compaesani. Si tratta dii un film molto bello e colorato, bella la ricostruzione, l’atmosfera, la fotografia, la colonna sonora. Film che purtroppo difficilmente avrà una distribuzione in Italia.
IMMAGINI DELLA QUARTA GIORNATA
27 OTTOBRE 2012 – TERZO GIORNO
“Le lesbiche non esistono”, il doc toscano nato con il contributo della rete – Leave it on the floor musical sui voguers americani, coreografato dal direttore creativo di Beyoncé – The Perfect Family interpretato da una strepitosa Kathleen Turner
La terza giornata drl FQF è iniziata con un appuntamento non cinematografico, la presentazione alla IBS Bookstore del libro di poesie “Il lento dei passi” di “Willy Vaira” (2012, Manni Editore). Di Willy Vaira era uscito l’anno scorso ‘Diverso sarà lei’, ora già alla terza ristampa, che raccontava la storia di quindici coppie unite da una vita, tredici gay e due no. Nel 2007 Vaira aveva scritto “Pubblici scandali e private virtù” un’intervista a Giò Staiano. Le poesie di Willy parlano soprattutto di amore, per la persona amata e per le proprie radici. “Il lento dei passi” contiene anche quattro poesie inedite di Gio’ Staiano, e questo ha dato l’occasione di ricordarne la figura, con l’aggiunta di qualche gustoso aneddoto. Sono stati ricordati anche Lucio Dalla e Giuni Russo.
Taxi Zum Klo di Frank Ripploh – VOTO:
Il primo film della giornata è stato Taxi Zum Klo di Frank Ripploh (1980) scelto e presentato per la sezione vintage da Bruno Casini. Film molto amato da Bruno, per le sue descrizioni della Berlino Ovest alla fine degli anni ’70, una Berlino in gran fermento, con le sue notti senza fine, tanto sesso, nomadismo metropolitano, locali gay, cruising e sesso nei cessi, la cultura lether, la liberazione sessuale. Film realizzato da Frank Ripploh che è ne anche il protagonista e l’autore. Ripploh è stato regista di altri film, mai arrivati in Italia, tra cui “Taxi nach Kairo” del 1987, purtroppo introvabile. Ripploh ha anche partecipato a molti film come attore tra cui Querelle de Brest. Frank Ripploh ci ha lasciato nel giugno del 2002. Il film uscì in Italia nell’82 col titolo ‘Ai cessi in taxi’ molto tagliato dalla censura. Noi ricordiamo che la cosa buffa di quei tagli era che il film veniva oscurato per parecchi minuti, ma rimaneva l’audio. Cosi quando il protagonista gemeva di piacere mentre subiva da un medico una ispezione anale, noi del pubblico, non avendo capito niente della scena, pensavamo a chissà quali altre cose stesse facendo il medico.
“Le lesbiche non esistono” di Laura Landi e Giovanna Selis – VOTO:
L’evento forse più atteso della giornata è stato alle 16,30, l’anteprima del documentario Le lesbiche non esistono, con la presenza delle registe, le giovani videomaker toscane Laura Landi e Giovanna Selis. C’è qui da notare un curioso fenomeno festivaliero, che potremmo scherzosamente definire ‘il passaggio dell’armata lesbica’. In pratica succede che tutte le volte che viene proiettato un film prodotto da giovani registe lesbiche italiane (abbiamo notato la stessa cosa anche a Torino), anche se ciò avviene in scomodi orari pomeridiani, la sala, prima semi-vuota, si riempie in ogni ordine di posti di centinaia di ragazze, che poi scompaiono subito dopo il film, lasciandoci di nuovo al nostro tranquillo tran-tran festivaliero pomeridiano. Tornando al film, il titolo è provocatorio, le lesbiche esistono eccome, sono tante e vogliono raccontarsi, ma le registe volevano attirare l’attenzione sulla non visibilità, e volevano parlare dell’uso delle parole, come la parola lesbica, perché le parole sono importanti. Il film parte dalla constatazione che ci sono tante parole che definiscono i gay, mentre per le lesbiche ce n’è praticamente una sola, e oltretutto la parola lesbica non piace a tutte le ragazze, alcune la trovano ‘cacofonica’, una parola che suona male. Poi il documentario riporta tutta una serie di testimonianze di lesbiche giovani e meno giovani, spesso in coppia che raccontano principalmente la loro esperienza di coming out. Quindi parlano coppie con bambini. E’ interessante come è stato realizzato questo documentario. Si tratta di una produzione dal basso, che ha fatto uso di un grosso tam tam, su internet. Questo ha permesso non solo di raccogliere dei fondi, ma anche di verificare la validità del progetto.
The Sons of Tennese Williams di Tim Wolff – VOTO:
Poi ancora un documentario: The Sons of Tennese Williams di Tim Wolff (2010), che racconta la storia del Mardi Gras gay di New Orleans, nato alla fine degli anni ’50 quando l’omosessualità e il travestimento erano perseguiti in molti stati degli Stati Uniti. Si è trattato di un evento che ha rappresentato una tappa importante per la causa della liberazione gay, che di fatto ha preceduto di una decina d’anni i ben più famosi moti di Stonewall (del giugno 1969). Il regista del film Tim Wolff, presente in sala, si è coraggiosamente cimentato in un discorso in italiano, con risultati alterni: “grazie a tutti coloro che sono qui stasera. Per quelli di voi che se lo chiedono, il titolo del film è una variante dei “Sons of the Revolution ” un gruppo che celebrava le realizzazioni dei primi rivoluzionari della Rivoluzione Americana e cito Tennesse Williams nel titolo solo perché era un rivoluzionario negli anni ’50. Ho documentato una lotta isolata per i diritti civili in un periodo di totale segregazione raziale negli Stati Uniti del sud. Gli uomini che vedrete, sono i pochi partecipanti viventi rimasti dall’inizio di questa cultura. La storia raccontata dalla loro voce è un insieme di esperienze collettive senza narrazione. Ho scelto di concentrarmi sull’umorismo nelle loro esperienze, quindi questo film è per le persone che vogliono ridere durante la lezione di storia. Sentitevi liberi di ridere ad alta voce. Vi prometto che ogni scherzo è stato messo apposta.”.
Sull’argomento del Carnevale noi vorremmo aggiungere un nostro ricordo. Anche a Milano il Carnevale è molto partecipato, e fino a una ventina di anni fa era frequente vedere per le strade del quartiere Brera, tra i festeggiamenti della notte del sabato grasso, gruppi anche di venti persone, di splendide maschere, composti da uomini piuttosto anziani vestiti con meravigliosi abiti di dame e principesse, probabilmente affittati dalle sartorie che servivano La Scala. Poi questa tradizione è stata spazzata via dal deleterio avvento delle bombolette di schiuma spray. Sfortunatamente per noi, questi signori non avevano mai pensato di riunirsi in una associazione, e nessuno si è mai preso la briga di documentare niente.
A conclusione della sessione pomeridiana sono stati proiettati i cortometraggi in concorso per la sezione Videoqueer.
What’s the difference di Maurilio Mangano (2011), un corto che parla dell’uguale dignità e della totale mancanza di differenze tra relazioni eterosessuali e omosessuali. VOTO:
Doris Ortiz di Daniele Sartori (2011) che, come ci spiega molto bene il regista: “è un film molto particolare, un queer nell’anima, non ci sono storie d’amore che hanno a che fare con le tematiche lgbt , ma un po’ tutta la confezione è molto, molto queer. Uno stile particolare, un’anti-narrazione, quindi una struttura simile a una video-arte, un video clip.” VOTO:
Miro Miranda di Frank La Loggia (Italia, 2012), sulla storia di Miro che vive con la madre in un piccolo tipico paese italiano sognando di diventare Carmen Miranda e che corona il suo sogno di diventare una donna. Piccolo musical divertentissimo, e perfetto da tutti i punti di vista. Frank Laloggia, con la sua comicità naturale, interpreta sia il protagonista, che il padre e la madre. Sembra una grossa produzione e invece ci assicurano che è stato realizzato con un bassissimo budget. Malgrado quest’anno molti corti italiani siano di ottima qualità, ci sembra molto difficile che uno di questi possa avere il sopravvento su Miro Miranda.
Erano presenti in sala il regista americano Frank La Loggia (noto per film completamente differenti dal suo corto di oggi come ‘Scarlatti, il thriller’ che con il suo italiano molto incerto malgrado viva in Italia a San Casciano da sette anni, ha salutato il pubblico e l’italiano Daniele Sartori (suo è il pluripremiato corto L’ Appuntamento). VOTO:
The Perfect Family di Anne Renton – VOTO:
In prima serata è stata presentata la commedia The Perfect Family di Anne Renton (2011) all’interno del focus fede – omosessualità, interpretato da una strepitosa Kathleen Turner e con una piccola parte di Richard Chamberlain, nuovamente nei panni di un prete dopo Uccelli di rovo. Kathleen Turner, dà il meglio di se nel ruolo di Eileen, una madre di famiglia impegnata a conquistarsi a tutti i costi il premio destinato alla parrocchiana cattolica perfetta. Rifiutando ostinatamente di guardare in faccia la realtà, Eileen rischia di distruggere la sua famiglia, non rendendosi conto che è già perfetta cosi com’è, unita nell’amore, anche se il marito è un ex-alcolizzato, il figlio ha abbandonato moglie e figli per stare con una manicure e la figlia sta sposando la sua compagna ed è in attesa di un bambino. Vale la pena vedere questo film anche solo per l’interpretazione eccezionale della Turner e per vedere come si è conciata per poter entrare nella parte.
Leave it on the floor di Sheldon Larry – VOTO:
E’ stato quindi proiettato il bellissimo il musical Leave it on the floor di Sheldon Larry, alla presenza del regista. L’idea del film è venuta al regista venti anni fa, quando vide ‘Paris is burning’ un film documentario che parlava delle notti nei locali di drag queen ad Harlem, New York, dove gay neri e ispanici, organizzati in gruppi (houses), si sfidavano in gare di ballo in drag. La comunità di cui tratta Leave it on the floor è composta soprattutto da afroamericani, gay, bisex, transgender, che hanno dovuto fuggire dalle loro case, o che non hanno una casa, e che devono ricrearsi una vita. Vivendo per strada, si incontrano tra di loro, e si creano delle nuove famiglie e si formano delle piccole comuni (houses). Ogni sei settimane si ritrovano in un spettacolo molto underground, comprendente delle competizioni che riguardano balli, canzoni, coreografie e costumi. Il regista ha voluto fare un musical sullo stile di Grease e West Side Story, ed è molto contento perché le musiche sono state scritte un musicista di Beyoncè e anche le coreografie sono state fatte da un coreografo di Beyoncè. Definisce il suo film un “Party film” perché vuole essere una festa, che celebra le storie raccontate nel film.
A chiudere la serata, oltre la mezzanotte, in un orario adatto ai festaioli del sabato sera, ma non per noi, già stremati da una giornata cinematografica ricchissima, c è stata la prima europea di Gayby di Jonathan Lisecki (2012), storia per certi versi drammatica di due trentenni, Jenn, ragazza eterosessuale single per scelta e Matt ragazzo omosessuale da poco lasciato dal suo ragazzo. I due, amici sin dai tempi del liceo decidono di tenere fede alla vecchia promessa di fare un figlio insieme. Quale metodo useranno ?
IMMAGINI DELLA TERZA GIORNATA
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