Cesare Serra e Filippo Scicchitano in una scena del film
“Il mondo fino in fondo” è un film interessante, ben fatto, ma difficile, con protagonisti complicati, ognuno con problematiche differenti, dall’omosessualità velata del 18enne Davide (un Filippo Scicchitano in un ruolo gay esattamente opposto a quello a che aveva in “Allacciate le cinture” di Ozpetek); all’esuberanza più apparente che reale del fratello Loris (un bravissimo Luca Marinelli), un trentenne sposato che fatica ad assumere le responsabilità famigliari (il figlio in arrivo) e lavorative (la direzione dell’azienda paterna); al desiderio autodistrittuvo di Andy (l’affascinante Cesare Serra), il ragazzo di cui Davide s’innamora, ecologista convinto ma che sembra aver perso l’autocontrollo; alla militante Ana (Manuela Martelli), che fatica a trovare il giusto equilibrio tra politica, sesso e sentimenti; al taxista Lucho (Alfredo Castro, attore prediletto di Pablo Larrain) che non si è ancora liberato dagli orrori della dittatura di Pinochet (era stato torturato). Sicuramente troppi temi da poter sviluppare compiutamente in un’unico film, che però ci dimostrano la vitalità del 42enne regista e sceneggiatore Alessandro Lunardelli, che dimostra di aver molte cose da dire, qui alla sua opera prima, forse un po’ ambiziosa, ma che si distacca assai dalla melassa ripetitiva del nostro cinema ancora povero di personalità emergenti.
Quello che unisce il film è il personaggio di Davide, gay velato in famiglia, colpa di un padre autoritario e di una società omofoba, ma anche di un carattere timido e debole, che però frequenta i locali gay, ma anche qui sembra che si limiti più a guardare che a fare. E’ un gay come ce ne sono ancora tanti nella nostra provincia, persone che male sopportano il peso di una sessualità che sanno di non poter vivere alla luce del sole, un peso che può bloccare uno sviluppo caratteriale armonico, un inserimento sociale costruttivo, e soprattutto la capacità comunicativa, sia nella famiglia che nella società. Davide è amatissimo dal fratello più grande Loris, che praticamente l’ha accudito da quando la madre è fuggita da casa (e possiamo comprenderne i motivi), ma non potrebbe mai dirgli che è gay (“sarebbe capace di portarmi dall’esorcista”) e quindi si sente un estraneo anche con lui. L’unica sua speranza è quella di andare via, di cambiare aria, mondo. Quando incontra Andy questa speranza diventa una realtà. Andy è un giovane affascinante, estroverso, ma soprattutto è una persona capace di ascoltarlo, capace di accettarlo. Quando Andy gli propone di seguirlo a Santiago non ha dubbi, ruba la carta di credito al fratello e scappa con lui. Le idee ecologiste di Andy sono una novità per Davide, che vorrebbe approfondire, ma più di tutto è la speranza di poter vivere finalmente una storia d’amore vera, in un ambiente libero, dove poter essere se stesso con semplicità e normalità. A Santiago lo vedremo finalmente fare all’amore con un altro gay, parlare tranquillamente della sua omosessualità, compresa e accettata da tutti nell’associazione ecologista dove sono impegnati Andy e la sua ex ragazza Ana. Sarà questa nuova esperienza di vita e libertà che finalmente gli darà la forza per dichiararsi al fratello Loris, che aveva abbandonato tutto per andare a recuperarlo. Un bellissimo e commovente coming out che approfitta dell’euforia generata da un gol dell’Inter in Champions League. Sorprendente la reazione di Loris che fino a quel momento aveva dovuto subire (o meglio mal sopportare) quegli atteggiamenti libertari e rivoluzionari (leggi sesso ed ecologia) a lui del tutto sconosciuti ma che hanno gettato dei nuovi semi nella sua mente.
Purtroppo il film, come dicevamo, si disperde in troppe storie e la tematica omosessuale, lontanissima da qualsiasi setereotipo e per questo autentica e genuina (il regista ha detto di averla ricavata da elementi autobiografici), viene lasciata troppo sullo sfondo, nonostante la vicenda del film sia tutta centrata sul personaggio di Davide, un personaggio completamente nuovo per il nostro cinema, che il bravo Scicchitano rende benissimo. Loris, Andy e Ana sono personaggi indubbiamente interessanti, ognuno meriterebbe un film a parte, e giustamente la regia sente la necessità di approfondirli, pagando però lo scotto di una sceneggiatura non sempre coinvolgente, che obbliga lo spettatore ad un difficile lavoro di collegamento. Non è facile comprendere ad esempio l’esuberanza di Andy, convinto ecologista, che però scopriamo in fuga da tutto, prima dalla sua associazione e dalla sua ragazza e poi anche da Davide, quasi succube di una forza autodistruttiva che non riesce a controllare. Oppure seguire l’evoluzione di Loris, combattuto tra nuove responsabilità famigliari, l’impegno con l’azienda del padre e l’amore per il fratello (il regista ha detto che voleva affrontare i sentimenti e le passioni presenti in una famiglia). Così come il dilemma di Ana che cerca in ogni modo di unire l’impegno politico a quello sentimentale.
E’ comunque un ottimo merito se alla fine del film ci viene subito la voglia di rivederlo, perchè ci siamo affezionati ai vari personaggi, alle tante situazioni che il film ci racconta e anche ai bellissimi paesaggi che ci mostra, comprese le meravigliose immagini del ghiacciaio di San Rafeal che chiudono, tra pessimismo (ecologico) ed ottimismo (umano), questo interessante ed inusuale film.