Diciamo subito che l’attesissimo film “On The Road” di Walter Salles ha un po’ deluso le aspettative di tutti, soprattutto di quelli che hanno amato il libro di Kerouac da cui è tratto, o meglio che l’hanno vissuto e sentito negli anni come un loro diario personale, una delle basi di partenza della loro emancipazione culturale. Oggi, le tematica del libro e del film, ci sembrano forse un po’ lontane. Il desiderio di libertà, di ribellione, di scoperta (più forte nel libro che nel film) dei protagonisti sembra fermarsi su loro stessi, sembra più un problema edonistico che esistenziale. Soprattutto nel film, la società, che si vorrebbe contestare, rimane sfuocata, la libertà, che si vorrebbe conquistare, rimane un guizzo individuale e velleitario.
Difficile comprendere il legame tra i due protagonisti, a metà tra un’amicizia virile e un desiderio d’amore (anche sessuale) che non si ha il coraggio di affronatre fino in fondo. Il vero protagonista del film (ma anche del libro) è sicuramente Dean Moriarty (ispirato allo scrittore Neal Cassidy e interpretato dal fascinoso Garrett Hedlund), un giovane bellissimo, del quale tutti s’innamorano, pieno di vita e di voglia di fare, tanto carsimatico quanto incapace di dare sostanza alle sue velleità (di aspirante letterato, di figlio alla ricerca del padre, di amante indefesso, ecc.). Il film insiste molto sulla sua vita sessuale, che nonostante due mogli e due figli, sembra sempre alla ricerca di qualcosa che non trova, o che non può trovare, sia dentro di sè che fuori da sè. L’omosessualità in quegli anni non è ancora stata liberata. Al massimo, nello spirito rivoluzionario di allora, ottiene il diritto di esprimersi in rapporti a tre o piccole orge. Nel film c’è un solo personaggio che si manifesta omosessuale convinto, Carlo Marx (ispirato al poeta Allen Ginzberg e interpretato da Tom Sturridge), e che dichiara apertamente di essere innamorato del bel Dean. Dean ne è quasi compiaciuto (si baciano anche sulla bocca) ma per fare sesso deve trascinarlo in un rapporto a tre con la sua ragazza, Marylou (un’intensa Kristen Stewart). Dean, invece, è probabilmente innamorato dell’amico Sal Paradise (che sarebbe in realtà lo stesso Jack Kerouac, interpretato da uno svaghito Sam Riley), l’altro protagonista principale del film. Sal è l’unico personaggio maschile del film completamente etero, anche se non sa resistere al fascino vitale di Dean, e vorrebbe seguirlo, come amico, ovunque.
Bellissima e rivelatrice la scena in cui Dean chiede a Sal di partecipare ad un incontro sessuale con Marylou, l’unico modo che Dean sà di avere per godere di un contatto fisico con l’amico. Ancora più rivelatrice la scena in cui Dean offre con estrema facilità una marchetta ad un omosessuale (fortissimo cameo di Steve Buscemi): Sam, che vede la scena del rapporto, ne rimane quasi sconvolto. Da quel momento inizia il loro allontanamento. Non bastano le parole di Dean che cercano di scusarsi (l’ho fatto solo perchè abbiamo bisogno di soldi) manifestando il suo disprezzo per i finocchi (ma poco prima aveva detto all’omosessuale che non aveva mai lasciato insoddisfatto nessuno dei suoi clienti). Anche nella cultura ‘rivoluzionaria’ del tempo, personificata molto bene da Sam/Kerouac, non si poteva concepire la normalità dell’omosessualità. Quando Sal intuisce che Dean potrebbe essere omosessuale, inizia a vederlo in un altro modo. Peccato che il film perda l’occasione di approfondire questa tematica, lasciandola sullo sfondo. Salles, il regista, avrebbe potuto offrirci una lettura originale e nuova del libro di Kerouac, aggiungendo senso e significato alla sua trasposizione. Su questa strada avrebbe potuto forse metterci un regista come Gus Van Sant, al quale era stata offerta la regia del film qualche anno fa.
Come dicevamo all’inizio il film, fin troppo perfetto nella ricostruzione degli ambienti dell’epoca, ricco anche di suggestive e poetiche scene, non riesce a coinvolgere lo spettatore più di tanto, secondo noi proprio perchè non riesce ad andare oltre una piatta lettura del libro. Il rischio di presentare degli sterotipi non viene evitato: l’aspirante scrittore che cerca ispirazione abbandonandosi ad esperienze estreme (droga e sesso), il giovane esuberante che resta vittima del suo stesso fascino, le donne deluse ed abbandonate, madri e padri desiderati e negati nello stesso tempo, ecc. Un film che sembra ripetersi continuamente nei suoi 137 minuti, costruiti più con l’obiettivo di seguire il romanzo, anzichè offrirne una lettura originale. Così alcuni momenti sembrano quasi avulsi dalla storia, come la visita a casa dello scrittore omosessuale William Burroughs (cammeo di Viggo Mortensen), presentato quasi come un pazzo insieme alla moglie (che nella realtà uccise incidentalmente). D’altronde il tema della pazzia affascinava Kerouac che, lo sentiamo anche nel film, dice: ”Per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno Ooohhh!“. Peccato che di questa pazzia il film ci offra solo una pallida tesimonianza.