Continuano con cadenza settimanale le nuove uscite di film a tematica lgbt sul portale QueerFrame.tv dell’encomiabile casa di produzione e distribuzione cinematografica Atlantide Entertainmente S.r.l.
Tra le ultime uscite abbiamo selezionato quattro titoli imperdibili, disponibili sia in streaming che download, diversi tra loro sia per linguaggio espressivo che per tematiche, ma tutti di notevole interesse e valore artistico. Una sintetica tabellina ne riassume i nostri (personalissimi) giudizi.
di Yu-Chieh Cheng
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Difficile che un film sia nello stesso tempo una vera gioia per gli occhi e per il cuore, come ci è accaduto di provare guardando questa stupenda opera seconda del regista taiwanese Yu-Chieh Cheng. La storia, più interiore che esteriore, segue l’ingresso alla vita adulta della giovane Yang Yang, una ragazza asiatica di origine europea che non ha mai conosciuto suo padre, vive con la madre che si è appena risposata, e con la sorellastra. Sin dalle prime scene (il matrimonio della madre) percepiamo la sofferenza e la solitudine di Yang Yang, che solo apparentemente sembra trovarsi felice all’interno di una nuova famiglia. La sua relazione con la sorellastra (che in un primo tempo ci sembrava adombrasse qualcosa di più) viene messa in crisi quando il fidanzato di questa s’innamora di lei ed inizia a corteggiarla segretamente. Inizia così per Yang Yang una sfortunatissima vita sentimentale, che la costringerà ad allontanarsi dalla famiglia avviandosi completamente sola verso un non facile destino… Nel film non abbiamo una storia lesbo ma un importante personaggio maschile gay, splendidamente tratteggiato e, umanamente, uno dei personaggi più positivi del film. Un film dove sceneggiatura, interpretazioni e soprattutto una eccezionale fotografia, ci offrono un profondo ed intenso viaggio nei meandri dell’animo umano. Forse ha influito anche lo spirito di Ang Lee che figura nei crediti tra i consulenti del regista. Ha scritto Massimo Causo su Sentieriselvaggi.it che “C’è molta verità in questo film, ed è una verità tutta cinematografica, straordinariamente filmica, assolutamente visiva ed emotiva: merce rara di questi tempi, credeteci…”. Un film che piacerà indistintamente a gay e lesbiche (la figura della protagonista ha una forza di suggestione indimenticabile) e soprattutto un film che ci fa comprendere perché amiamo tanto il cinema.
di André Téchiné
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André Téchiné, regista gay francese, erede della Nouvelle Vague, autore di capolavori come “I testimoni” (2007), “L’età acerba” (1994) e “Niente baci sulla bocca” (1991) compendia in questo non facile film del 1985 quasi tutti i suoi temi preferiti. Il film vinse la Palma d’Oro come miglior regia al Festival di Cannes del 1985, ma, distribuito in Italia, divise la critica (in pratica tra destra e sinistra) per il modo poco tradizionale in cui rappresentava la sessualità. Il protagonista maschile (vero motore del film), un disinibito Quentin (Lambert Wilson) che riesce a separare perfettamente il sesso dai sentimenti (come lavoro fa l’attore hard in club privati), non riesce a liberarsi del senso di colpa per essere sopravvissuto ad una tragica storia d’amore. Probabilmente bisessuale, lo vediamo invitare il suo compagno d’appartamento Paulot (interpretato da un giovanissimo e affascinate Wadeck Stanczak) a fare sesso con lui e la donna che entrambi amano, Nina (una desideratissima Juliette Binoche). Probabile anche una storia omosessuale tra Quentin e il padre della sua fidanzata deceduta, Scrutzler (un ambiguo e misterioso Jean-Louis Trintignant che rifiuterà i baci della bella Nina), che sembra non voglia staccarsi da lui (giustificato da motivi di lavoro, in quanto impresario teatrale). La tematica omosessuale non viene comunque mai esplicitata chiaramente (nessun critico infatti ne parla) e tutto è lasciato alla fantasia e all’inclinazione sessuale degli spettatori. Il tema principale del film è senz’altro quello della perdita dell’amore che diventa desiderio di morte, tema che accompagna l’educazione sentimentale della protagonista, verso una liberatoria interpretazione (e comprensione) della tragedia di Giulietta e Romeo. Film per cinefili ma anche per coloro che non hanno paura ad addentrarsi nei grovigli di sesso e sentimenti e che possono comprendere, senza scandalizzarsi, le diverse facility della saliva.
di Adolfo Alix Jr.
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Un film gay indipendente che, nonostante le lunghe scene di sesso coi protagonisti completamente nudi, è stato distribuito per tre settimane nei principali cinema delle Filippine, con un’anteprima all’Università del Philippines Cine Adarna. Il film ci racconta l’incontro di una notte degli unici due interpreti protagonisti, all’interno di una splendida casa per le vacanze a Taal, Batangas, circondata da un panorama stupendo, tra cui il vulcano Taal. William (Paolo Rivero), è un giovane dottore sposato che arriva dalla città di Tagaytay per incontrare il suo amante segreto JP (Coco Martin), un bel giovane dalla pelle morbida e abbronzata. William e JP si desiderano alla follia e, una volta entrati nella casa, resisteranno solo pochi minuti prima di saltarsi addosso in un focoso amplesso. Tra un momento d’amore e l’altro scopriamo i loro veri sentimenti, quanto abbiano bisogno uno dell’altro, come male sopportino i rispettivi tradimenti e soprattutto che sono sul punto di prendere una decisione definitiva per il loro futuro. Durante la notte i due amanti si confrontano a cuore nudo, insoddisfatti della precarietà del loro rapporto, fatto d’amore, di desiderio, di sogni ma anche di piccole rivalse, di tradimenti, di paure, di bugie. L’alba del nuovo giorno porterà una risposta risolutiva. Un film intimista, che si regge completamente sulle spalle dei due bravissimi protagonisti, con una storia semplice (non particolarmente nuova se escludiamo l’omosessualità) ma presentata con una sceneggiatura perfetta che ci fa vivere intensamente, con dialoghi mescolati a tenerezze, la profondità dei sentimenti e la drammaticità di una scelta esistenziale. Facilissimo per lo spettatore gay identificarsi ora nell’uno o nell’altro degli stati d’animo dei due amanti. Un bell’esempio di cinema gay dove il sesso viene presentato come componente fondamentale ma non esclusiva del rapporto d’amore tra due uomini.
di Renate Costa
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Il film è una docu-fiction della regista paraguaiana Renate Costa che ha trionfato all’edizione 2010 del Festival dei Popoli di Firenze come miglior documentario, con la seguente motivazione della giuria: “l’opera riesce a portare avanti un’indagine nella storia familiare della regista e al tempo stesso nella memoria della repressione contro gli omosessuali operata dalla dittatura di Stroessner in Paraguay. Evitando di cadere nella trappola del genere ci offre un film profondamente onesto, personale, politico e femminista”. L’appassionata indagine di Renate Costa attorno ad una complicata misteriosa vicenda familiare, porta faccia a faccia due generazioni, obbligandole al dialogo, e rivelando così parte della Storia recente, taciuta e misconosciuta, del Paraguay. Il documentario ha potuto essere realizzato solo dopo la caduta del partito Colorado (quello di Stroessner) che ha guidato il paese dal 1947 al 2008, incontrando molte difficoltà, in quanto i personaggi che hanno prestato la propria testimonianza hanno scelto l’anonimato per paura di rappresaglie.
Il film ha per protagonista la coraggiosa regista che cerca di scoprire il misterioso passato dello zio Rodolfo, trovato improvvisamente morto, completamente nudo riverso sul pavimento, con l’appartamento, dove viveva solo, quasi completamente svuotato. I parenti sono molto reticenti e ambigui, e fa molto bene la regista ad additarli come indirettamente colpevoli di quanto accaduto. Rivelatori i racconti del padre della regsita e fratello di Rodolfo che rievoca tristi e omofobi momenti famigliari come quando tutti stavano attenti che lo zio non toccasse i bambini, portandoglieli via appena questo accadeva. Rodolfo era un giovane bellissimo (di lui vediamo solo una foto ed un breve video amatoriale) che aveva rinunciato ad entrare nell’officina paterna preferendo dedicarsi alla danza, sua grande passione. Stranamente non si era allontanato dalla città natale e aveva continuato ad abitare vicino ai parenti in una casa all’angolo della strada. Quando muore scoprono che aveva un conto in banca di diversi milioni, che nessuno riesce a capire come abbia fatto a guadagnare (cosa non difficile da intuire). Una notte mentre stava rincasando da uno dei locali notturni che frequentava, viene arrestato dalla polizia che stava dando la caccia agli omosessuali con l’obiettivo di denunciarli pubblicamente e rendere la loro vita ancora più difficile. Il numero 108 era quello degli omosessuali elencati in una di queste liste e diventato poi sinonimo di gay (perfino le stanze degli alberghi saltavano questo numero). Il film, assai impegnativo, è una bellissima testimonianza della persecuzione famigliare, sociale e politica subita dagli omosessuali, avvenuta in Paraguay ma simile a quella di tanti altri paesi del mondo.
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