The Speed of Life di Ed Radtke è il vincitore del primo Queer Lion veneziano. E’ stato votato all’unanimità dalla giuria, che si è dichiarata commossa e convinta dell’originalità del film. Nella giuria erano presenti anche produttori e distributori cinematografici ( il presidente della Lucky Red, Andrea Occhipinti e il direttore della Fourlab, Simone Morandi) che sembra si siano impegnati a fare uscire in dvd (perchè non al cinema?) il film entro i prossimi sei mesi. A dimostrazione che i festival e i premi, compreso quello gay, possono aiutare il cinema, se meritevole.
Daniel Casagrande, coordinatore del premio, ha specificato che i criteri guida adottati dalla giuria per giudicare i film sono stati “la qualità dei film innanzitutto. Poi si valutava come la tematica lgbt è stata trattata, la centralità della stessa nell’economia del racconto. Il grado di originalità del tema e dell’opera nel suo complesso. Insomma, entrano in campo una serie di discriminanti davvero numerose, ma per lo più contano le emozioni, ed il titolo che ha vinto e convinto la giuria ha davvero commosso tutti”.
In verità la scelta della giuria per il Queer Lion quest’anno non era difficile: le tematiche lgbt presenti nei 12 film in concorso erano alquanto labili e secondarie rispetto ad altri temi dominanti. Insomma quest’anno non abbiamo avuto un’altro “Brokeback Mountain”, che due anni fa vinceva il Leone d’Oro e riempiva le cronache di mezzo mondo per la forte tematica gay che conteneva. Quest’anno l’unico titolo che ha fatto parlare sui media di omosessualità è stato il coraggioso Sleuth di Kenneth Branagh, che si è guadagnato anche una menzione speciale dalla giuria del Queer Lion, e in parte il film su Jessy James, più per l’intervento in conferenza stampa dell’On Franco Grillini (chiedeva a Brad Pitt se si poteva leggere in chiave omosessuale il rapporto tra James e Ford) che per una reale tematica gay nella storia raccontata dal film.
Il film che ha vinto il Queer Lion, è un’altro segnale della vitalità della cinematografia indipendente USA, libera dagli intralci burocratici e commerciali delle major e capace di affrontare in assoluta libertà e creatività le problematiche più difficili e profonde della nostra società.
Il regista Ed Radtke ci racconta una realtà di adolescenti che vivono ai margini della società, una società malata che finge di aiutarli mentre in realtà li abbandona sempre più a loro stessi, alla loro solitudine, a un degrado inarrestabile. Sammer, il protagonista del film, è un ragazzino della periferia di New york con padre assente, fratello in prigione, madre adottiva cieca, assistenti sociali che lo sfruttano per sporche faccende private, ecc. Insieme ai suoi compagni ruba videocamere ai turisti per rivenderle mentre trattiene per se le pellicole che poi guarda su un computer anch’esso rubato. Ruba così pezzi di vita di persone apparentemente felici, dove mare, sole, feste e allegria sembrano regalare a Sammer l’illusione e la speranza di una vita normale, di un’altra vita che lui può permettersi solo sognando. Così, insieme agli amici si rifugia sui tetti delle case a guardare gli aerei che volano verso luoghi “meravigliosi”, immagina che suo padre sia un pescatore partito per l’Alaska, che suo fratello sia un soldato morto in guerra, che anche lui sia un soldato che viene ferito, ma questa volta davvero, durante una rapina…
Il film ci viene raccontato dal regista Ed Radtke, che nella vita è impegnato anche nel sociale e insegna gratuitamente linguaggio cinematografico nelle prigioni e a giovani disadattati, come una specie di diario personale, girato in video anziché scritto, che segue con intensità e partecipazione le microstorie dei protagonisti. La tematica gay del film è impossibile raccontarla senza rovinarne la visione. Parte da un fatto avvenuto 30 anni primi e che si rivelerà alla base di tutta la complessa dinamica degli eventi raccontati dal film. Significativa la scena finale del film in cui si vede una telecamera legata a dei palloncini che si alza in aria riprendendo e salutando Sammer, come dire che è tempo per Sammer di abbandonare i sogni e affrontare con coraggio la vita.
Comunicato stampa del primo Queer Lion Award:
La giuria del “Queer Lion” a Venezia assieme a Franco Grillini e Daniel Casagrande ha assegnato il 1° Queer Lion Award, premio collaterale della 64. Mostra d’Arte Cinematografica, organizzato da CinemArte ed Osservatorio LGBT del Comune di Venezia, ad un film americano.
La giuria – pur apprezzando la disponibilità del Festival ed in particolare del Direttore Marco Müller – si augura che, negli anni a seguire, ci sia una maggiore attenzione alla specificità delle tematiche LGBT, come avviene in altri festival internazionali, con una selezione in cui tali tematiche siano meno marginali, in particolare sulle realtà lesbiche.
Ciò premesso, la giuria attribuisce una Menzione Speciale al film:
Sleuth di Kenneth Branagh
per avere esplicitato la tensione omoerotica dei due protagonisti, già presente nel testo di Anthony Shaffer, attraverso un’attenta scrittura in chiave camp del drammaturgo Harold Pinter.
La giuria assegna il Queer Lion Award 2007 al film:
The Speed of Life di Ed Radtke
per la capacità di raccontare, con partecipazione, la tematica omosessuale attraverso una vicenda, sia pure “fuori campo”, che ricade su tutti i protagonisti della storia, e che mette in luce l’omofobia della società americana degli ultimi trent’anni, prima e dopo Stonewall.
LA GIURIA:
Andrea Occhipinti (distributore, Lucky Red), presidente di giuria
Sandro Avanzo (giornalista, Radio Popolare)
Simone Morandi (distributore, Fourlab)
Vincenzo Patanè (scrittore)
Delia Vaccarello (giornalista, L’Unità)