Un’altra magica giornata al Festival Gaylesbico di Milano. Nel pomeriggio corti “che lasciano il segno”, intramezzati dal bel documentario sulle famiglie arcobaleno italiane e terminati con la prima serie di corti dedicati agli autori italiani, che purtroppo capitavano proprio dopo le bellissime storie della serie “Cicatrici” (tra i quali ricordiamo “Summer”, storia della prima delusione amorosa di un adolescente gay innamorato del suo migliore amico etero, e “Le Weekend” dove un turista etero illude un gay per avere un posto dove dormire). Svetta comunque su tutti il lungo corto di Francesco Costabile “Dentro Roma”(foto sopra), già premiato col Nastro d’Argento 2006, che ci racconta, con molta delicatezza, la nascita di un sentimento tra due ragazzi da poco arrivati in una Roma molto pasoliniana. Il lavoro nero, la facile alternativa della prostituzione per i ragazzi immigrati, la difficoltà di riconoscere i propri sentimenti, fanno da sfondo ad una storia d’amore omosessuale raccontata senza pruderie ma anche senza tentennamenti.
Il primo film della serata, “Wild Tigers I Have Known” di Cam Archer, ha lasciato il pubblico diviso a metà tra entusiasti ed annoiati. In effetti il film è assai particolare, quasi senza storia, tutto teso a rendere poeticamente i turbamenti del 13enne Logan che si ritrova follemente innamorato di un bellissimo ragazzo più grande. Molte suggestive immagini riprendono il corpo del ragazzo sdraiato nella natura, sul prato o in riva al mare, a significare la sua solitudine e il suo ingresso nel mondo dei sogni, cioè dei suoi desideri più intimi. Molte scene del film non sappiamo se sono vere o solo sognate, come il suo stratagemma per avere un rapporto sessuale con l’amico amato. Quello che importa al regista è di farci entrare nel mondo di Logan, farci seguire la sua trasformazione, la sua scoperta della sessualità e del desiderio, il bisogno assoluto di riempire la sua solitudine. Sono pochissimi i dialoghi nel film, e quei pochi sono molto significativi (tutto l’opposto di quello che accade nel cinema commerciale), come le poche ma toccanti parole che scambia con la madre, come l’incontro con la tutor della scuola, o come il dialogo finale con l’amico coetaneo che gli chiede se è gay. Il mondo per Logan è forse rappresentato da quella tigre del titolo che in uno dei suoi momenti onirici incontrerà e riuscirà a vincere. Forse, come sembra suggerire l’ultima scena del film, per vincere bisogna aggrapparsi ai nostri sogni e seguirli fino in fondo.
L’ultimo film della giornata, “Electroshock” di Juan Carlos Claver ci ha invece riportati duramente nel mondo della realtà più dura, raccontando una terribile storia vera accaduta nella Spagna franchista dei primi anni ’70. Il film segue le due protagoniste quasi alla maniera di un documentario, sempre preoccupato di ricordarci che si tratta di una storia e di personaggi realmente esistiti. E in effetti sarà difficile per gli spettatori dimenticare questa vicenda, quest’amore così grande da sapere resistere ad una terribile persecuzione, sociale politica e famigliare. Le due attrici sono bravissime e la regia, lineare anche se a volte un po’ televisiva, non ci risparmia nessuno dei momenti più angosciosi che le due donne devono sopportare. Alla fine non sappiamo se il loro amore abbia veramente vinto o se invece abbia vinto la crudeltà degli uomini, sappiamo però che combattere contro l’amore è la cosa più nefanda e orribile di cui possa macchiarsi l’umanità.
Ancora molto seguito l’appuntamento letterario della giornata con Delia Vaccarello e Margherita Giacobino alle quali si è unito anche Matteo B. Bianchi, tutti impegnati a rispondere alle domande, a volte non semplici, del pubblico (è ancora necessaria la definizione di letteratura omosessuale? – uno scrittore etero può raccontare una storia gay? – perchè gli autori gay ottengono poche recensioni? – ecc.).
Qui sotto alcune immagini del salotto letterario condotto con successo da Diego e Pina
La giornalista e scrittrice Delia Vaccarello |
La Pina con la scrittrice Margherita Giacobino |
Lo scrittore Matteo B. Bianchi |