Poche sorprese fino al quarto giorno di programmazione del 60° festival di Cannes, almeno se pensiamo all’emergere di capolavori o, almeno, di sicuri candidati alla Palma d’Oro. Generale delusione, con qualche eccezione, per il film di apertura di Wong Kar Wai, “My Blueberry Nights”, accusato di essere ripetitivo e manierista. Sulla Croisette, grande successo comunque per l’imbarazzata esordiente Norah Jones, e soprattutto per il disinvolto e bellissimo Jude Law, che ha dichiarato di aver dovuto girare 15 volte la scena del bacio (l’unica apprezzata e acclamata da tutti). Tra gli altri film in concorso molto apprezzato è stato finora “No Country for Old Men” dei fratelli Joel e Ethan Coen con un superlativo Javier Bardem e il sempre affascinante Josh Brolin. Ma veniamo ai film che più interessano chi scrive e probabilmente anche i nostri lettori, quelli collegati in qualche modo alle tematiche gay.
Cominciamo con il bellissimo “La naissance des pieuvres” (presente nella sezione “Un Certain regard”) della esordiente Céline Sciamma (foto sopra), che ci ha costretti a spostarla, sulla nostra precedente news, dall’elenco dei registi gayfriendly a quello dei registi gay presenti a Cannes. Infatti la giovane Sciamma ha atteso il palco di Cannes per fare un bellissimo coming out al giornalista di “The Advocate”, lamentandosi che gli altri giornalisti ci fossero andati vicino, con domande del tipo a quale delle sue protagoniste si sentisse più vicina, senza mai avere il coraggio di una domanda diretta. Nell’intervista la regista lamenta anche una generale mancanza di tematiche omosessuali nei film normalmente in commercio, temi che potrebbero aiutare i giovani che ancora non hanno esperienze e non conoscono l’amore.
Riportiamo il flash del film dalla nostra scheda:
…è un film dedicato alla scoperta del primo amore da parte di tre 15enni che gareggiano con passione sia coi loro sentimenti che nel nuoto sincronizzato. Anne ha un carattere forte ed è determinata a perdere la propria verginità al più presto, preferibilmente con il focoso Francois. Floriane è sexy e civettuola ma non ha ancora approfondito i suoi incontri amorosi con Francois, ormai diventato il suo ragazzo ufficiale. Marie, dopo avere visto uno spettacolo di nuoto sincronizzato è ossessionata da questo sport, ma forse molto di più da Floriane, la star delle nuotatrici, della quale è infatti segretamente innamorata, al punto da raccogliere le cose che lei getta, perfino gli avanzi di cibo… Tutte e tre le ragazze sembrano nascondere qualcosa e nella solitudine delle loro camere appaiono assai meno graziose. Nessuna di loro è in realtà come sembra e tutte stanno soffrendo per l’emergere violento e inatteso dei propri sentimenti. Il film è raccontato molto bene anche se si mantiene dentro confini assai precisi che evitano toni troppo melanconici o tristi.
Sicuramente gay è invece Tom Kalin, già autore del film a tematica “Swoon” e di molti video (oltre ad essere stato membro fondatore del collettivo Gran Fury, attivisti contro l’Aids), che ha presentato nella “Quinzaine des Realisateurs” l’intrigante “Savage Grace” con una splendida Julianne Moore. Il regista, che convive felicemente da 15 anni col suo compagno Craig Paul (“l’amore della mia vita”), ha dichiarato di essere in lista per le unioni civili al municipio di New York. Ha aggiunto però che se fosse eterosessuale probabilmente non vorrebbe sposarsi, ritenendo superfluo di doversi recare in una chiesa per dire il suo sì. Resta però il fatto, ha aggiunto, che chiunque desideri sposarsi legalmente deve avere la possibilità di farlo, e per questo motivo si sente a favore dei matrimoni gay, oggi discriminati.
Riportiamo il breve flash del film “Savage Grace”:
Ricavato da un best seller di Natalie Robins e Steven M. L. Aronson, il film è basato sulla storia vera di un caso di matricidio avvenuto a Londra il 17 Novembre del 1972, che creò molto clamore sia in America che in Inghilterra. Il film racconta la vita di Barbara Daly, una donna molto ambiziosa che sposa un industriale della plastica, dal quale ha un unico figlio, Tony, che crescendo sarà una delusione totale per il padre. Barbara avrà un rapporto incestuoso col figlio Tony, rapporto cercato e voluto con lo scopo di “curare” l’omosessualità del figlio, e da questi inizialmente accettato perchè succube da sempre di un invadente e onnipresente amore materno…
Qualche delusione invece per l’atteso film di Christophe Honoré, “Les chansons d’amour”, il primo dei titoli francesi in concorso, che la critica (escluso quella francese) ha quasi completamente massacrato, definendolo banale e noioso. Certamente il film, un musical, non è un capolavoro e forse affronta un tema (il menage a trois) già ampiamente indagato al cinema, ma a noi è sembrato comunque piacevole e godevole, proprio per la semplicità e naturalezza con cui affronta le problematiche sentimentali dei vari personaggi. La storia sembra svolgersi in un tempo, per noi purtroppo ancora da venire, dove non esistono più differenti modi di percepire i generi sessuali, dove quello che conta sono solo i sentimenti e non chi o verso chi li portiamo. Ismael è un giovane che si ritrova dentro a una storia a tre con la sua ragazza, Julie, e Alice che non sembra comunque molto interessata al sesso (anche se bacia Julie molto volentieri). A un certo punto, Julie muore per infarto e Ismael si ritrova completamente solo e molto scosso. Erwan, uno studente molto attraente (Gregoire Leprince-Ringuet, che il regista, nella conferenza stampa, ha definito “un raggio di sole”), s’invaghisce di Ismael che subito corrisponde. Mentre noi pensiamo che si tratti di una situazione passeggera, di un modo per distogliersi dal dolore di una perdita, Ismael si convince sempre più che questa nuova storia (gay) possa continuare, perchè, come dice la canzone finale: “amami meno, ma amami per molto tempo”. Il regista ha detto che i protagonisti del film non sono nella loro vita interessati alle situazioni che racconta il film (quindi, arguiamo che Gregoire Leprince-Ringuet non sia gay, sic!), ma che sono tutte persone che credono che i sentimenti siano molto più importanti del sesso, come, continua il regista, abbiamo cercato di fare comprendere nel film, desessualizzando le scene più erotiche.
Una piacevolissima sorpresa ci è venuta dall’ultimo film dell’acclamato regista sudcoreano Kim Ki-duck, “Breath”. Il regista inserisce spesso nei suoi film personaggi o situazioni gay, come l’omofobia nello stupendo “Crocodile” o una storia quasi lesbica nell’affascinante “La Samaritana”. In questo film abbiamo un ambiguo direttore di carcere che fa il “guardone” e un compagno di cella del protagonista innamorato pazzo di lui. Nel film Yeon è una moglie che ha scoperto i tradimenti del marito e rimane affascinata dalle immagini che appaiono in tv di un carcerato, Jin, che ha tentato più volte il siucidio. Facendosi passare per ex amante di Jin riesce ad entare nel carcere e ad incontrarlo. Tra loro nascerà una intensa passione, controllata dal direttore del carcere che spia sul monitor tutti i loro incontri facendoli terminare quando la scena diventa troppo intima. Nel carcere abbiamo un compagno di cella di Jin, pazzamente innamorato di lui, che lo consola e accarezza nei momenti di tristezza e delusione, mentre infierisce contro di lui quando vede crescere il suo sentimento e le sue speranze verso Yeon. Gelosia, infelicità e mancanza d’amore sono ancora i temi preferiti da Kim Ki-duk. Il film è stato accolto in modo contrastante a Cannes 2007, dove alcuni hanno elogiato la sua capacità di stupire, con una storia minimale, giudicandolo ricco di poesia, sentimenti e anche di filosofia, mentre altri hanno sottolineato il manierismo della regia.
Qui sotto una immagine da “Savage Grace” del regista gay Tom Kalin