DI COSA ABBIAMO PAURA?

Le polemiche su “Il padre delle spose” e la distribuzione dimezzata di “Shortbus”. 7 milioni gli spettatori che hanno seguito ieri sera ‘Il padre delle spose’, con uno share del 26,7%.

Sembra proprio che viviamo in un regime di libertà vigilata. Ieri sera, solo per miracolo, è andata in onda la fiction “Il padre delle spose”. Questa volta, sia i politici, che la Chiesa e la stampa stessa, sono stati molto attenti a misurare le tempistiche dei loro interventi censori e denigratori, consegnadoli all’opinione pubblica solo qualche ora prima della trasmissione, evitando così qualsiasi pubblicità, più o meno diretta, alla trasmissione. Vedere per credere la tempesta dei comunicati delle agenzie di stampa, iniziata ieri verso le 18, a sole tre ore dalla trasmissione incriminata. Probabilmente dopo il fallimento dei tentativi “segreti” per bloccarla, e sicuri che ormai sarebbero stati pubblicati dai quotidiani solo il giorno dopo, a trasmissione avvenuta, e quindi senza il rischio di alzare indirettamente l’auditel. Oggi infatti quasi tutti i quotidiani danno ampio spazio a questa polemica, dove ci meraviglia più di tutti, l’intervento di un esponente della maggioranza (Margherita), Paola Binetti, che dice “«È altamente inopportuna una trasmissione che tocca un problema su cui ancora non si è discusso adeguatamente e che comunque non fa parte del programma di governo». Come se l’arte, il cinema, la tv, ecc. dovessero affrontare solo tematiche a cui è stato dato il via libera dal parlamento o dal governo. Queste cose accadono solo nei sistemi dittatoriali. E quando si dice che la RAI deve essere un servizio pubblico, significa che deve svolgere un servizio rappresentativo di tutta la collettività, non significa che deve essere un organo del governo o del parlamento.

L’altro fatto che rivela una libertà vigilata, addirittura autovigilata, è quanto sta accadendo alla distribuzione del film Shortbus. Il film, acquistato dalla Bim subito dopo il grande successo di critica e di pubblico ottenuto al Festival di Cannes 2006, doveva uscire il 1 dicembre con una copertura del mercato, abbastanza ampia, di 120 copie (sale), metà delle quali sarebbero dovute andare nelle sale multiplex (quelle rivolte ad un pubblico popolare) e metà nelle sale che ospitano abitualmente film di qualità. Ora, sembra in seguito a proteste degli esercenti (sia multiplex che altri), che hanno rifiutato di proiettare il film nei loro locali, l’uscita del film è stata anticipata di una settimana (per non “disturbare” il periodo natalizio) e le copie sono state ridotte a 60, il minimo possibile per avere un ritorno economico. Le motivazioni addotte dai gestori delle sale è che sarebbe un film “pornografico”. Mi sembra veramente che il nostro Paese stia tornando al bigottismo degli anni ’50. Non posso dire ’60 o ’70 perchè in quegli anni gli esercenti avrebbero fatte a botte per avere un film come questo, come accadde ad esempio per “Ultimo Tango” (1972).
Sul fatto poi che “Shortbus” sia un film pornografico ci sarebbe molto da discutere. Pornografico è forse il modo che taluni hanno di guardare i film, fermandosi all’immagine istantanea che corre sullo schermo. Il cinema non è un album di fotografie. Il cinema si serve delle immagini per raccontare una storia, delle idee, dei sentimenti. Deve essere giudicato complessivamente. Non possono esistere pregiudiziali al cinema, se non quella del divieto ai minori (che si presume possano non essere in grado di andare oltre l’immagine).

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