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Le recensioni dei film del critico e scrittore Vincenzo Patanè
In anticipo rispetto all’uscita prevista per agosto, sulla scia degli incassi record negli Usa, ecco Tuo, Simon, diretto da Greg Berlanti (Il club dei cuori infranti), tratto da un romanzo di successo della psicologa Becky Albertelli: Simon vs Homo Sapiens Agenda (in Italia Non so chi sei ma io sono qui, Mondadori).
Il diciassettenne Simon Spier (Nick Robinson, bravo e carino) vive serenamente con la sua famiglia – madre, padre e sorellina – ma è insicuro e timido e per questo non ha il coraggio di rivelare che è gay. Non lo sa nessuno, neanche i suoi migliori amici: Nick, Abby e Leah, che è innamorata di lui. Un giorno sul blog del suo liceo un ragazzo, che si firma Blue, rivela di essere gay. Simon, firmandosi Jacques, gli scrive; i due danno vita a un’appassionante corrispondenza, anche se nessuno vuol rivelare la propria identità. Da parte sua, Simon cerca anche di capire da qualche indizio chi possa essere Blue, ma senza successo. Le cose cambiano quando un bullo della scuola, Martin, scopre le sue e-mail e lo ricatta: dirà a tutti che è gay se non lo aiuta a conquistare Abby, di cui è innamorato. Ma Abby non vuol sentire parlare di lui e quindi Martin rivela sul blog l’omosessualità di Simon. Sembra l’inizio della fine e invece tutto va per il meglio, con Blue (il più carino della scuola) che esce allo scoperto.
Il film, fresco e delicato, dosa con intelligenza i momenti tesi con quelli divertenti e romantici, mostrando efficacemente un certo tipo di adolescenti, confusi e indecisi, succubi del cellulare e dei social, nei quali il proprio privato può essere senza pietà gettato in pasto a tutti.
Film così se ne sono visti tanti a Hollywood e dintorni, anche buoni (come Noi siamo infinito e Disconnect), ma sempre indipendenti. Ecco dunque la novità: qui, per la prima volta in un film di una major (la Fox), il protagonista è un adolescente gay, spaurito ma alla fine anche coraggioso, visto che porta felicemente a compimento il proprio processo di autoaccettazione e il coming out. Qualcuno può storcere il naso per più motivi: la storia è un po’ banale, c’è qualche cliché, la visione degli adolescenti è troppo ottimistica (al contrario di Tredici, dove sono tormentati e inquieti) e, soprattutto, si mostra il mondo non come è ma come si vorrebbe che fosse (dove tutti, famiglia, amici, scuola sono gentili e comprensivi). Tutto vero, forse non è gran film. Ma sa mostrare, senza fronzoli o effetti speciali, i patimenti di un ragazzo per farsi accettare per quello che è, col risultato che ogni tipo di pubblico si immedesima in lui, capendo quale sia la cosa giusta. Per questo è già diventato già un gay cult movie, perché apre nuovi scenari per un cinema in cui l’omosessualità sia vista in maniera diversa. Lo aspettavamo da tempo.
Vincenzo Patanè
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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