Effettua il login o registrati
Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.
Le recensioni dei film del critico e scrittore Vincenzo Patanè
La switch comedy – quella in cui una persona si ritrova senza volerlo nel corpo di qualcuno di sesso opposto – è da sempre un filone a sé, in genere abbastanza divertente. Qualcosa di troppo (in originale il ben più efficace Si j’etais un homme), diretto dalla regista francese Audrey Dana ha però “qualcosa in più”.
È la storia della trentottenne Jeanne (la stessa Audrey Dana), introversa e sempre imbranata. Fresca di divorzio dal marito andato a vivere con un’altra donna, Jeanne è arrabbiata per aver perso la custodia dei figli, che vede a settimane alterne, e inoltre ha deciso di smettere di provarci con gli uomini perché non vale la pena. Una mattina incredibilmente si risveglia con attributi sessuali maschili; la cosa darà vita a situazioni assurde e grottesche, che coinvolgono Marcelle (Alice Belaïdi), la sua migliore amica, e l’espansivo ginecologo (Christian Clavier) e che si complicano ulteriormente quando il collega Merlin (Éric Elmosnino) ha una cotta per lei. Passato l’iniziale, ovvio sbigottimento, Jeanne però tenta di vivere al meglio questa stravagante situazione, cogliendo quanto di positivo ci sia. La presenza di un pene la porterà così a riconciliarsi col sesso maschile e soprattutto con se stessa.
Il film ha volutamente un tono favolistico (non a caso la regista racconta sia stato ispirato da un suo sogno); così è un temporale, un elemento caratteristico delle fiabe, che innesca la metamorfosi di Jeanne, quasi a voler mostrare come la stessa natura voglia scuoterla affinché si ritrovi.
Qualcosa di troppo ha sicuramente dei limiti: la mancanza di audacia (ma in compenso non è mai volgare), i numerosi stereotipi, che sfociano in altrettante gag, e il finale etero un po’ banalotto (ma nel percorso c’è spazio anche per il sesso con una donna, in una scena molto tenera). Ma si fa anche apprezzare per l’indubbia originalità. A fare la differenza con altri film con situazioni analoghe – si pensi a Nei panni di una bionda di Blake Edwards (nel quale era un uomo a trasformarsi in una donna) o a Virtual Sexuality di Nick Hurran – è che qui il genere maschile e quello femminile coesistono nella stessa persona: Jeanne infatti non si trasforma mai pienamente in un uomo, ma è un bizzarro, quanto intrigante, miscuglio fra i due sessi.
Evocando la naturale, slittante fluidità dell’identità sessuale, gioca dunque simpaticamente con lo scambio dei codici maschili e femminili, come mai si è visto sullo schermo. Infrangendo dei cliché, e quindi invitando all’accettazione delle differenze, il film così esplora i labili confini della sessualità, mettendo in discussione il concetto di “genere” in un momento in cui esso è più che mai alla ribalta. Cosa per niente di poco conto.
Vincenzo Patanè
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.
Condividi