L'angolo di Vincenzo Patanè

Le recensioni dei film del critico e scrittore Vincenzo Patanè

"Croce e delizia" di Simone Godano

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"Croce e delizia" di Simone Godano

Giudizio


Croce e delizia è il secondo film di Simone Godano. Il titolo ovviamente si riferisce all’amore, che è croce e delizia, come felicemente disse Francesco Maria Piave nel libretto della Traviata a proposito di quello fra Violetta e Alfredo (e infatti quest’ultimo dice: “Di quell’amor ch’è palpito/ dell’universo intero,/ misterioso, altero,/ croce e delizia al cor”).
Tony Castelvecchio (Fabio Bentivoglio) è un raffinato mercante d’arte, che si permette il lusso di una vita agiata, in cui però mette sempre se stesso al centro di tutto; è divorziato da Giulietta (Anna Galiena), ha due figlie (Olivia e Penelope), avute da due donne diverse, e una nipotina.
Carlo Petagna (Alessandro Gassmann), proprietario di una pescheria, è invece vedovo, con due figli (Sandro e Diego) e un nipotino. È all’opposto di Tony: ha un’estrazione popolare (si presenta sempre come ‘Petagna Carlo’), è superficiale e un po’ burino, ma il suo carattere istintivo e pragmatico rivela anche tanta umanità. Tony ha un denso passato erotico e sentimentale, tra cui qualche esperienza omo, mentre Carlo non ha mai pensato nella sua vita di provare esperienze con persone del suo sesso; fatto sta che i due, dopo essersi frequentati per un anno e mezzo, sono ora innamorati, anche per colmare i rispettivi vuoti affettivi, e decidono di sposarsi. Studiano così a tavolino una situazione adatta per comunicare la notizia ai familiari. È estate e Carlo affitta una dépendance della magnifica villa a mare di Tony a Gaeta, dove va con tutti i suoi, compresa la moglie di Sandro. Una sera, a cena, quando le due famiglie, non casualmente, sono riunite, viene data la notizia. Tutti rimangano scioccati, in particolare Penelope (Jasmine Trinca), pure a parole aperta a ogni novità, e Sandro (Filippo Scicchitano), grossolano, tradizionalista e omofobo; così, i due, anche se diversi, si coalizzano per sabotare il matrimonio dei genitori. Da lì iniziano litigi, incomprensioni, rivelazioni e altro ancora, fino a che le cose non prenderanno la piega giusta.
Questa volta è un piacere parlare di un film italiano, efficace e ben riuscito. Affronta gli argomenti con ponderata leggerezza, senza moralismi e senza quegli stereotipi, cari a tanti prodotti, anche recenti, del cinema italiano (solo il personaggio del pur bravissimo Bentivoglio è spesso fastidiosamente caricaturale e sopra le righe).
Reduce dal buon successo di “Moglie e marito”, Godano parla ancora una volta di un amore complicato. La partenza, un po’ improbabile, ma certo non impossibile, è di due persone decisamente mature che si scoprono innamorate, ma avversate dai figli che proprio non accettano l’idea di un padre ‘frocio’. Stavolta dunque sono i genitori a rivendicare il diritto di dar sfogo ai propri sentimenti e di formarsi una nuova famiglia.
La comicità – in particolare nella prima parte in cui si ride molto, il che non guasta – poggia soprattutto sulla differenza marcatissima fra i due nuclei familiari, praticamente agli antipodi: la famiglia di Tony, in cui tutti sono progressisti, è colta, narcisista e snob, ma è disunita e lacerata da tensioni; quella di Carlo è borgatara, semplice e volgarotta ma è, alla fin fine, affiatata.
La seconda parte del film gioca più sulla deflagrazione delle due famiglie, che fa venire a galla tante cose non dette e rancori sopiti, ma anche la voglia di conoscersi meglio, magari con un po’ di autocritica, e quindi di comprendersi. Si gioca dunque più sui personaggi e sulla loro crescita interiore che su situazioni spiritose. Le convinzioni, e le repressioni, dei quattro personaggi principali vengono messe in discussione, a cominciare da Tony e Carlo, che si rendono conto dei propri errori, per passare ai due giovani, che alla fine capiscono le istanze dei genitori, a cui sono legatissimi. Così la parte migliore del film è quella dei confronti fra i singoli personaggi, in particolare quello fra Carlo e Penelope. Ma c’è spazio anche per Diego, il figlio piccolo di Carlo (che andrà a vivere con il padre e Tony), il quale è indifferente a ciò che sta accadendo, per lui è una cosa normale, ed è molto più interessato ai sentimenti che prova per la nipotina di Tony.
Detto ciò il lieto fine del film – che ha sicuramente “Ferie d’agosto” di Paolo Virzì come punto di riferimento e che trova i suoi snodi cruciali nella cena iniziale e in un ballo in cui finalmente viene a crearsi una complicità fra le due famiglie – è l’approdo di un percorso, nonché il coronamento di un amore.

Vincenzo Patanè

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