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Le recensioni dei film del critico e scrittore Vincenzo Patanè
Si parla spesso di Al di là del bene e del male, il film di Liliana Cavani del 1977, come di un’opera molto importante per il cinema omosessuale, ma in realtà tanti ne hanno solo dei ricordi confusi. Per fortuna ora è uscito il dvd.
Roma, 1882. Il filosofo Friedrich Nietzsche (Erland Josephson) instaura un menage à trois, sentimentale ed erotico, con l’amico e discepolo Paul Rée (Robert Powell) e con la giovane russa Lou von Salomé (Dominique Sanda), disinibita e amante del sesso. La cosa è però evidentemente inaccettabile per la morale dell’epoca (e non solo di quella…). Infatti, quando Friedrich (chiamato Fritz) presenta Lou alla propria famiglia, la madre bigotta è scandalizzata mentre la sorella Elizabeth (Virna Lisi), innamorata del fratello e perciò folle di gelosia, gli ingiunge di abbandonare quei due ebrei dissoluti e corrotti.
Ma ormai non c’è niente da fare: i tre, euforici della loro scelta, vanno a vivere assieme a Lipsia. All’inizio il rapporto sembra andare bene ma poi nei due uomini scatta la gelosia e si arriva alla rottura, la “trinità” si scioglie. Lou e Paul se ne vanno per conto proprio a Berlino. Lou, come sempre senza inibizioni, intrattiene contemporaneamente più relazioni, ma poi cede al ricatto di Karl Andreas, che per lei ha minacciato il suicidio, e lo sposa, al patto di mantenere però Paul come “dama di compagnia”.
Da parte sua, Friedrich va in Italia, succube dell’oppio e quindi in preda a continue allucinazioni, tanto da credere di incontrare più volte il Demonio. Dopo aver cercato vanamente di ricominciare il rapporto con gli altri due, impazzisce del tutto, finendo in balia della famiglia. Ma a Paul non va meglio: interrotto il rapporto con Lou e diventato medico, affronta sempre più problemi in quanto ebreo per poi morire drammaticamente. Nell’ultima scena Lou va a trovare Fritz, proprio mentre inizia un nuovo secolo, che lei si augura sia finalmente più aperto.
Ispirandosi a fatti reali della vita di Nietzsche, Liliana Cavani ha tradotto sullo schermo alcuni punti essenziali del suo pensiero. In particolare, Lou appare la personificazione della sua filosofia: una persona che vive “al di là del Bene e del Male” (appunto il titolo di una delle opere del filosofo tedesco), rivendicando il proprio diritto a esprimere pienamente le proprie inclinazioni sessuali, a dispetto delle regole ipocrite della società.
A distanza di anni il film appare però invecchiato, artificioso e ambiguo e soprattutto fastidioso nel voler spiegare troppo (come nella figura del Demonio, che coinvolge le opposizioni Apollo/Dioniso, Eros/Thanatos e Bene/Male). Insomma, è troppo intellettuale e perciò saccente. Ugualmente infastidisce l’accentuata atmosfera decadente e morbosa (ben diversa da quella di Visconti, profondo nei suoi pensieri e impeccabile sul piano formale).
Però non tutto è da buttare, anzi. Innanzitutto c’è la figura straordinaria di Lou, la vera protagonista: una donna protofemminista capace di incarnare al meglio la libertà del secolo prossimo a venire, riducendo gli uomini a impotenti e facendo vedere a Nietzsche (il quale affermò che “bisogna dire di sì a tutto ciò che è proibito, essere immorali e liberi”) lo scarto esistente fra le idee e i fatti. Piace poi il fatto che non sia solo la società a ostacolare il raggiungimento del piacere ma gli stessi individui, che spesso nel privato castigano la propria voglia di evasione, imboccando addirittura percorsi autodistruttivi.
Ciò detto, le scene che appassionarono il pubblico gay grondano ancor oggi di un pungente erotismo. Non sono certo le prime del cinema italiano e come tipico di quell’epoca sono proiettate nel passato (come in Pasolini o Visconti), però ancora oggi appaiono molto intriganti. Quella che, ripetuta due volte, colpì all’epoca l’immaginario di tanti mostra un’orgia maschile, ambientata di notte ma immersa in una luce calda, che si svolge in suggestive rovine romane presso San Sebastiano: tra l’altro, un bel ragazzo nudo è l’oggetto di piacere di sei uomini, uno dei quali gli fa un pompino. Una scena per l’epoca veramente incredibile! Ma ce ne sono anche altre: la danza sensuale fra due uomini (quasi) nudi in un palazzo veneziano e quella in cui Paul viene violentato da un gruppo di giovani e poi sodomizzato con una bottiglia. Scena tremenda ma anche irritante, perché poi è proprio grazie a essa che Rée, apparso in una seduta spiritica, confessa di aver compreso di essere omosessuale (cosa che lo spettatore capisce da subito…).
Bravi gli attori, su tutti Virna Lisi, protagonista della scena più bella: quella in cui a tavola lacera un pollo con le mani, segno di pulsioni soffocate e della voglia repressa di urlare l’amore per il fratello, proibito dalle convenzioni sociali.
Vincenzo Patanè
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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