Nel mondo dell’animazione giapponese le tematiche omosessuali non sono mai state un vero tabù. Nemmeno nelle serie dedicate ai più piccoli, anche semplicemente attraverso la caratterizzazione più o meno effeminata di alcuni personaggi maschili, o al fascino androgino di alcuni personaggi femminili. Col tempo, però, le tematiche omosessuali si sono fatte sempre più esplicite e questo processo è stato portato avanti con una spontaneità e un candore ancora sconosciuti nell’animazione prodotta al di fuori del paese del Sol Levante. In questa serie uno dei personaggi principali è il primo supereroe giapponese palesemente gay. La storia, ambientata in un futuro non troppo lontano, si ispira ai fumetti di supereroi in stile Marvel, che grazie agli ultimi successi cinematografici sono diventati molto famosi anche in Giappone, ma li rivisita in una maniera molto particolare. Da circa cinquant’anni sulla Terra sono comparsi esseri umani dotati dei poteri più disparati, chiamati next (più o meno l’equivalente dei mutanti Marvel), ma in questo mondo – molto realistico – le loro aspirazioni e il loro altruismo vengono sfruttati da multinazionali e network televisivi. Infatti molti di loro vengono assunti e stipendiati per animare dei reality show che seguono in diretta le loro imprese, e per monetizzarli al meglio sui loro costumi campeggiano i nomi dei rispettivi sponsor. La serie è incentrata sugli eroi di Sternbild City, una sorta di New York rivista e corretta, che per alzare lo share devono anche competere fra di loro, visto che i punteggi ottenuti con i loro successi determinano una speciale classifica che garantisce loro popolarità e sicurezza lavorativa.
La serie, che gioca tutto sul conflitto fra le vite private dei supereroi e la loro immagine pubblica, verte principalmente su Wild Tiger, uno scapestrato supereroe ormai prossimo al ritiro per raggiunti limiti di età, che per evitare il licenziamento viene obbligato a lavorare in coppia con il giovane e presuntuoso Barnaby, da lui rinominato affettuosamente Bunny. Fra i loro colleghi di lavoro, però, spicca Fire Emblem – al secolo Nathan Seymour – un gay di colore che secondo gli autori pensa a se stesso più come a un “gender-free”. Dotato del potere di manipolare il fuoco, non cerca in alcun modo di moderare i suoi atteggiamenti effeminati, esibendo peraltro un costume munito di tacco dodici, e quando è in borghese sfoggia capelli rosa, trucco pesante, lunghe unghie con smalto rosa e abiti degni del miglior Gay Pride. La cosa davvero straordinaria, però, è che tutto questo non rappresenta un problema per nessuno, né per il suo pubblico né per i suoi colleghi di ambo i sessi, che vedono i suoi eccessi semplicemente come una caratteristica personale. Anche quando chiama i suoi colleghi maschi “maschioni”, li palpa scherzosamente e si diverte a metterli in imbarazzo. In effetti viene stimato da tutti per la sua correttezza, la sua sensibilità e il suo altruismo, e la sua condizione viene vista da tutti come qualcosa di estremamente naturale, dando a tutta questa serie dei risvolti decisamente educativi. (V. Elfodiluce, Gay.it)
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