Matthew Weiner, l’eccellente creatore di Mad Man, più attento ai risvolti psicologici che agli accadimenti, ci regala, grazie ad Amazon Prime, una serie di otto episodi che sono in realtà otto distinti film, lunghi ciascuno più di 80 minuti, con l’unico collante, più pretestuoso che altro, di avere in ogni film, tutti con storie contemporanee, dei personaggi che si ritengono discendenti della famiglia reale dei Romanoff. Di questa storia abbiamo un accenno nel tragico preambolo di ogni film che mostra i componenti della famiglia reale (lo Zar Nicola e famiglia nel 1918) che, fatti entrare in una stanza, vengono all’improvviso brutalmente assassinati mentre la canzone “Refugee” di Tom Petty accompagna le immagini del loro sangue che scorre. Dimenticatevi subito questa triste storia per entrare nelle intime vicende di personaggi moderni, sparsi un po’ in tutto il mondo (i film sono stati girati in tre continenti e sette paesi) che forse dei Romanoff hanno solo la stessa vulnerabilità. Grandissimi e bravissimi gli attori, basti citare Isabelle Huppert, Diane Lane, Jack Huston, Mike Doyle, JJ Field, Janet Montgomery, Paul Reiser oltre a interpreti della serie Mad Men come Christina Hendricks, Jay R. Ferguson, Cara Buono e John Slattery. La serie, attualmente sottotitolata, sarà doppiata in italiano a inizio 2019.
Come dicevamo i film hanno storie differenti e tematiche assai varie. Nel primo episodio, forse il più accattivante, grazie al lieto fine, ma anche il più prevedibile, racconta di una eredità attesa dall’americano Gregg e fidanzata Sophie in visita alla zia che ha appena superato (purtroppo) un infarto. Il film è una difesa, un po’ troppo semplice, del valore della persona a prescindere da origine e religione, Comunque godibilissimo, sia per un Aaron Eckhart in ottima forma che per l’ambientazione curata nei minimi particolari (un fantastico appartamento pieno di storia). Il secondo episodio “The Royal We”, rimane sullo stesso non eccelso livello anche se i personaggi vengono maggiormente approfonditi. Una coppia in crisi (sono in terapia) si separano momentaneamente per colpa di un processo dove il marito è giurato e lascia andare la moglie in crociera da sola. Divertenti scenette sulla nave ci mostrano lo spirito e le intenzioni di questi ricchi croceristi mentre seguiamo senza trepidazione l’avventura amorosa del marito giurato. Il livello si alza decisamente con il terzo episodio che ci racconta di un’attrice (interpretata da Christina Hendricks, “Mad men”) che segue la troupe in Austria per girare una serie basata sulla storia della famiglia Romanoff. Questo è sicuramente l’episodio più connesso al titolo della serie e ci permette di ammirare anche una sempre bravissima Isabelle Huppert. Finale a sorpresa ma un po’ ad effetto. Il quarto episodio “Expectation”, tutto nelle corde dell’autore, ci porta nel dramma interiore di una donna (una fantastica Julia Wells) che nella sua vita ha amato contemporaneamente e con la stessa intensità due uomini dovendo però fare una scelta. Anche qui sorpresa finale molto ben motivata. Siamo arrivati al quinto episodio “Bright and High Circle“, tutto gay e con una tematica assai interessante ed attuale. Rivediamo con piacere l’attore e musicista gay Andrew Rannells (The New Normal) nel ruolo di David, un insegnante di pianoforte gay dichiarato che vive col proprio compagno, beniamino di una ricca famiglia e maestro di musica dei loro figli (tra i quali abbiamo il giovane Henry anch’esso gay dichiarato). Quando una poliziotta arriva nella casa di Katherine Ford (Diane Lane), la madre, professoressa di letteratura russa, chiedendole informazioni sul comportamento di David nei confronti dei suoi allievi figli, col sospetto che possa essere un pedofilo predatore, tutto il mondo di Katherine viene sconvolto. Interrogherà con delicatezza i figli (bellissima la reazione di Henry), ascolterà le sue amiche (impietoso ritratto di una borghesia senz’anima) e verrà illuminata da un marito che non gradiva di avere in casa un istruttore dei figli gay. Una storia intensa e significativa che ci fa capire come basti un’illazione per rovinare la vita di una persona, come tutti siano pronti a confondere omosessualità con pedofilia e come per un omosessuale dichiarato sia sempre difficile essere accolto senza pregiudizi. Ottima la scelta dell’autore di presentarci un gay che come persona non deve essere perfetto in tutto (forse David millanta discendenze non vere e forse ha sottratto cose o somme di denaro, ma sicuramente non è pedofilio). Il film ci lascia alla fine con gli occhi lucidi, commossi di aver seguito una storia del tutto plausibile, e personaggi assai gratificanti. Molto turistico l’episodio sei, “Panorama“, forse quello più politico e nello stesso tempo quello più sentimentale. Un giovane giornalista, Abel (Juan Pablo Castañeda), mentre sta cercando d’incastrare una clinica che vende illusioni a malati terminali, incontra una mamma disperata, Victoria, (Radha Mitchell) che sta accompagnando il figlio 12enne malato di una grave forma di emofilia che nessuno è riuscito a curare. Sarà il fascino di questa donna matura, sarà l’amore incondizionato che mostra per il figlio ed i sacrifici che sta facendo per tentare di guarirlo, sarà l’animo poetico e sensibile del nostro giornalista, fatto sta che finalmente Abel smette di cercare su internet donne disponibili e si ritrova profondamente innamorato. L’episodio 7 “End of the Line” è forse uno dei più interessanti e meglio raccontati, sebbene abbia solo tre interpreti, una coppia americana che si reca in Russia per prendere una neonata in adozione, accompagnata da un’assistente sociale russa. Sono sicuramente i visi di questi due futuri genitori (Andre Jacquemetton e Maria Jacquemetton) a farci esplorare il dramma di una coppia che vorrebbe essere una famiglia e che si mette alla mercé della sconosciuta Elena (Annet Mahendru), una donna che fino alla fine non capiamo se in buona fede o solo interessata a sfruttare la cosa. La fotografia toccante e profonda di un’ansia (materna e paterna) e di un ambiente che forse non è così insensibile come potrebbe sembrare.
Siamo arrivati all’ultimo episodio, un altro bellissimo e interessante film gay. La storia è intrigante, tra Dickens e Poirot, un melodramma in stile Hitchcockiano con macabra sorpresa finale. Il film salta tra passato e presente mettendo insieme la drammatica storia di una famiglia con figlioletto sensibile, l’ancora più difficile vita di un omosessuale che si ritroverà completamente solo dopo la perdita della madre, l’invio in un collegio, il primo travolgente amore gay, l’inatteso tradimento, il tentato suicidio, il ricovero psichiatrico, l’accettazione come transessuale e, alla fine, il desiderio di mettere una croce sul passato. Alla fine ne usciamo un po’ sconvolti ma comprendiamo che anche la vendetta vuole la sua parte, soprattutto al cinema, lasciando i santi in paradiso. Drastica conclusione per questa prima stagione (non sappiamo ancora se ce ne sarà una seconda), che la critica, probabilmente per le troppo alte aspettative riferite al creatore di Mad Men, ha giudicato con troppa tiepidezza.
ruolo: Simon Burrow
inteprete: Hugh Skinner
Tremenda via crucis per povero Simon che perde prima la madre, poi il padre, poi il compagno…
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