Una bella e interessante serie australiana, basata su fatti di cronaca vera attinenti l’inseminazione in vitro (un donatore britannico crede di avere 800 figli). Ma la cronaca è solo uno spunto, agli autori, il pluripremiato Imogen Banks e Jonathan Gavin (insieme ad altri) interessa soprattutto dare “uno sguardo alla famiglia, su quello che oggi è e rappresenta, vedere come viene costruita la tua identità e cosa succede quando un pilastro centrale della tua identità viene improvvisamente rimosso”. Già dal primo episodio (sono solo 7), che sembra quasi un film, veniamo introdotti nella vita pubblica e privata di tre donne esemplari, ognuna emblematica di una buona parte del mondo femminile contemporaneo. Grande pregio di questa serie è quello di farci entrare fin nelle midolla dei principali personaggi (ma anche di molte figure secondarie, tratteggiate magnificamente in poche scene), che diventano da subito parte della nostra cerchia, riempiendoci di curiosità e aspettative. Che verranno tutte soddisfatte. Uno scienziato premio nobel, Julius (Barry Otto) sta per terminare la sua vita piena di successi quando confessa pubblicamente di aver fornito, nella sua clinica, la maggior parte dello sperma che doveva essere di donatore anonimo. La sua unica figlia, Julia (Maria Angelico), scopre così di avere un centinaio di fratelli e sorelle. Julia è una donna sulla trentina che ha dedicato la vita al padre e al lavoro (che ora perderà), ex fidanzata di un uomo, Tim (Dan Spielman) che ha poi sposato la sua amica Edie Flanagan (Antonia Prebble). Julia non ha ancora trovato l’uomo giusto e deve accontentarsi di sesso occasionale, che cerca con assiduità e speranza. Bellissima la scena iniziale in cui sta per andare ad un incontro e la vediamo intenta alla pulizia personale, vagina compresa. Scopriremo pian piano che è una donna piena di risorse e d’amore per tutti, capace di annullarsi per aiutare il prossimo (alla fine sarà giustamente premiata). La sua amica (e rivale) Edie, risulta essere anche una dei cento figli di suo padre, quindi sorellastra. Edie è forse la figura più rilevante e drammatica di questa serie commedia, che potremmo definire dramedy, cioè sempre sul filo di lana tra commedia e dramma (qualcuno del cast ha detto che se non ci fosse stata la giusta dose di umorismo avrebbe potuto essere un film dell’orrore). Edie è una donna sposata che non riesce a soddisfare sessualmente il marito Tim: trova sempre una scusa per non fare sesso e quando lo fa non apprezza le perlustrazioni linguistiche del marito nella sua vagina, così come altre intimità genitali. Allo spettatore appare subito chiaro che qualcosa non va, e noi pensiamo subito che potrebbe essere una lesbica repressa. I nostri dubbi vengono presto confermati quando la vediamo baciarsi con la collega avvocato Amanda (Zindzi Okenyo) lesbica dichiarata e serena con se stessa e l’ambiente di lavoro. Restiamo invece tristi, quasi incavolati, quando vediamo Edie che rifiuta di accettarsi e vuole proseguire imperterrita la sua vita matrimoniale. Ad un certo punto dirà che più di tutto ama il suo matrimonio (non il marito) e questo sembra la massima concessione che riesce a farsi. Bravissima l’attrice Antonia Prebble a trasmetterci, solo con la sua espressione facciale, tutto il dramma interiore che sta vivendo. Anche se a noi verrebbe voglia di prenderla a schiaffi (ma sarà lei a schiaffeggiare chi avrà il coraggio di chiamarla lesbica). Un personaggio chiaramente vittima del condizionamento sociale, incapace di autodefinirsi fuori dagli schemi canonici e priva del benchè minimo coraggio per auto-realizzarsi. La sua vicenda copre gran parte della serie, sicuramente la parte più drammatica e angosciosa. A bilanciare le cose ci pensa la terza sorella, Roxy (Lucy Durak), una trentenne affermata nel settore tv per ragazzi, col problema di non essersi ancora liberata dalle attenzioni famigliari (sua madre è interpretata da una bravissima Magda Szubanski, attrice gay dichiarata) e soprattutto dalla sua verginità. A risollevare il clima ci pensa anche l’acquisito fratello gay Oscar (interpretato dall’attore gay Joel Creasey) inserito nella serie solo per darle quel sapore in più. La serie, che ha goduto di un buon successo in patria e che viene ora trasmessa come serie originale Netflix (purtroppo solo sottotitolata), non ha ancora messo in cantiere una seconda stagione.
ruolo: Oscar (Sisters)
inteprete: Joel Creasey
Bravo attore gay in un ruolo gay peccato solo di contorno
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