La Spagna si sta rivelando uno dei Paesi più impegnati a seguire le orme delle serie televisive americane di successo, riuscendoci però solo in parte, risultando ancora troppo incline allo stile telenovelas sud-americane. Questa serie è comunque, a nostro giudizio, un passo avanti rispetto a opere come Riverdale o Le ragazze del centralino o La casa di carta (tutte inclusive), mettendosi più vicino a serie come “Le regole del delitto perfetto“, dove tutti i protagonisti faticano a catturare la nostra empatia per il merito di non essere di un solo colore, avendo ciascuno sia pregi che difetti (ad eccezione di Lu, interpretata dalla cantante e attrice messicana Danna Paola, che sembra prelevata direttamente da una soap). E’ anche la serie più inclusiva delle succitate, probabilmente grazie al co-creatore Carlos Montero che ci deliziò con la serie anticipatrice “Fisica o Chimica” (purtroppo interrotta dalla nostra codina TV). La serie racconta il non ottimale inserimento di tre studenti della classe operaia, la cui scuola è crollata, in una scuola per ricchi che deve formare la futura classe dirigente del Paese. I tre, una ragazza, Nadia (Mina El Hammani), con genitori provenienti dalla palestina che aiuta nel negozio del padre, Samuel (Itzan Escamilla) un ragazzo che vive con la madre e col fratello Nano (Jaime Lorente), Christian (Miguel Herran), il più estroverso e migliore amico di Nano, che si vanta, a ragione, del suo posteriore. La serie però non ha dei protagonisti principali, offrendoci un visione corale della vicenda che include anche diverse sotto-trame (tutte assai interessanti), se escludiamo Marina (Maria Pedraza), la ragazza dal destino crudele, intorno alla quale ruota un po’ tutto. Le tematiche affrontate sono diverse, con in primo piano lo scontro tra ricchi e poveri, poi l’islamofobia controbilanciata dalla natura repressiva dei fondamentalismi, l’HIV che sembra ancora un problema traumatico, l’omofobia, con in primo piano quella interiorizzata (i giovani si dimostrano comunque più aperti degli adulti), l’omosessualità e l’amore gay con tutte le difficoltà per venire allo scoperto, il triangolo amoroso esplicito, una donna e due uomini (con ardite scene e baci anche tra i due uomini, uno dei quali, Polo (Alvaro Rico), forse più gay che bisex, è figlio di una coppia di facoltose mamme che vedremo fugacemente ad una festa), la droga, la mala, ecc. Siccome i punti forti della serie sono sorprese ed imprevisti, non possiamo addentrarci nei particolari per non togliervi il piacere di scoprirli man mano. La serie è stata rinnovata per una necessaria seconda stagione ancora prima della messa in onda su Netflix.
ruolo: Polo (Elite)
inteprete: Álvaro Rico
Figlio di due ricche mamme potrebbe essere bisessuale, ma a noi sembra più gay che bisex, di sicuro gli piace guardare (ma non solo) il simpatico Christian che scopa con la sua fidanzata. Formeranno un eccitante trio fino a quando…
Una serie europea necessaria per il popolo LGBT europeo.
A differenza che in BABY, qui niente puzza di vecchio. Non c’è il solito bel tenebroso che nasconde il cuore d’oro, ma, soprattutto, non c’è il personaggio del gay sfigato, tanto caro alla tradizione italiana. ELITE segue le orme dei teen drama americani degli ultimi anni: non ci sono buoni e cattivi; tutti hanno un lato oscuro che, prima o poi, si palesa. Difficile anche stabilire il confine tra eterosessuali ed omosessuali. Questi ragazzi seguono l’istinto del momento, al punto che, nella mente dello spettatore, spunta fuori la parola ‘pansessualità’. Ma anche questo sostantivo suona fuori luogo e, le etichette, diventano parole vuote ed antiquate. Elite, proprio come altre serie realizzate oltre oceano, è proiettata verso il futuro. Un futuro in cui nessuno si aspetta che un gay ascolti musica da gay e frequenti locali per gay; in cui i giovani sono giovani e basta. In questo senso BABY è senz’altro più realistica di ELITE, ma io credo che, le serie tv che si rivolgono ai giovani, possano aiutare a cambiare la loro mentalità, affinché portino la società verso il futuro.
Lo show risulta piacevole da seguire. La trama ha continui colpi di scena, più o meno importanti nello svolgimento dell’azione. I personaggi, pur mantenendo le loro caratteristiche essenziali, si modificano con l’andare del tempo, rivelando lati del carattere inaspettati. In questo, la serie è molto simile a PRETTY LITTLE LIARS, ma più sanguinolenta.
Tutto ha un taglio molto americano; dalle inquadrature al montaggio veloce. Anche la recitazione degli attori (per fortuna) ha poco di latino. I ragazzi sono veri e propri talenti. Alcuni (Itzan Escamilla e Álvaro Rico) li definirei super talenti da esportare ad Hollywood.
Consigliato.