Il film racconta Lucio Dalla attraverso gli occhi di chi gli è stato più vicino negli ultimi dieci anni, Marco Alemanno: tutti conosciamo Dalla, non solo irripetibile autore e musicista ma anche personaggio pubblico che ognuno, almeno a partire dagli anni ’70, sente come mito o compagno di strada, come icona di creatività, ironia e libertà, ma anche un po’ come parte della propria vita e della propria famiglia.
Alemanno parla del suo incontro con Lucio, della sua crescita umana, professionale e artistica vivendo al suo fianco, ma anche di tutti gli aspetti più quotidiani e profondi della vita di Dalla: dall’amore per il Sud d’Italia, nato durante l’infanzia, alla passione per il cinema, dal suo rapporto con la musica alla sua bulimica curiosità di gettarsi continuamente in altre avventure (il teatro, la poesia, l’arte in genere), dalla frenesia mercuriale all’umorismo inesauribile.
Ma, soprattutto, dalla conversazione con Marco Alemanno, viene fuori un sentimento che tutti possiamo condividere: una intensa e malinconica sensazione di perdita che, chiunque, alla morte di Lucio Dalla ha provato.
Alemanno, attraverso i suoi racconti, diventa quasi la proiezione di quel compagno di strada che tantissime persone hanno identificato in Dalla, e che ora, grazie al film, possono scoprire meglio.
Il film è anche una mappa dei luoghi del mondo di Lucio Dalla: un viaggio nei paesaggi in cui il cantautore è stato più vicino al mondo della propria felicità e dei propri sogni. Da Bologna alla Puglia di Manfredonia e delle Isole Tremiti, fino alla Sicilia dell’Etna e di Milo.
La voce principale sarà quella di Marco Alemanno – come anche i suoi occhi: nel film si vedranno, in alcuni casi per la prima volta, le centinaia e centinaia di fotografie che Alemanno ha scattato riprendendo sia Lucio sia i luoghi che Dalla stesso gli chiedeva di fotografare (gli angoli della sua infanzia, come i pezzi di un mondo che sembra uscito dallo sguardo delle sue canzoni; i luoghi della sua esistenza giornaliera, come le tappe del suo inesausto girovagare per il mondo).
Non mancano nel film le voci di chi ha collaborato e lo ha conosciuto meglio (in Italia come all’estero): star internazionali come per esempio Charles Aznavour o Paolo Nutini, attori e autori di cinema con cui ha lavorato come John Turturro, i fratelli Taviani, Isabella Rossellini; teologi come Enzo Bianchi, artisti come Luigi Ontani e Mimmo Paladino, critici musicali come Ernesto Assante e Gino Castaldo, ma anche musicisti e nomi noti dello show business e del professionismo musicale come Renzo Arbore, Stefano Di Battista, i Marta sui Tubi, Piera Degli Esposti (che lo conosceva sin dall’infanzia), Paola Pallottino (che ha scritto per lui il testo di 4/3/1943) oppure Michele Mondella e Beppe D’Onghia (che hanno lavorato con lui per decenni). Ci sono voci di intellettuali che lui frequentava abitualmente (Antonio Forcellino, Peppe e Toni Servillo) e insieme alla loro c’è anche la testimonianza di persone semplici che gli erano molto vicine alle Isole Tremiti e in Sicilia, a Milo, (i suoi due Buen Ritiro) e un coro di non professionisti (Novesesti) diretti dal maestro Paolo Tagliapietra che esegue un brano di Dalla meno noto ma struggente, scritto con Roberto Roversi (Ulisse coperto di sale).
Ma è soprattutto il racconto più interno (cosa pensava Dalla di se stesso, del suo talento, del suo successo), i momenti più appartati e solitari (la contemplazione del mondo, la curiosità insaziabile per gli altri) che nel film fanno conoscere un Lucio Dalla che pochissimi hanno avuto la possibilità di sentir raccontare. Da questo punto di vista, tuttavia, il racconto su Dalla di Marco Alemanno ci porta sorprendentemente in uno stato d’animo che conosciamo meglio di quanto sospettiamo: tutti noi, abituati ad avere vicino la sua musica, le sue parole, le sue canzoni, come se facessero parte integrante del paesaggio della nostra esistenza, abbiamo provato una sensazione di perdita irreparabile alla sua scomparsa. (senzalucio.it)
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