Varie
– PREMIO A CANNES PER LA PROTAGONISTA ROONEY MAR
– QUEER PALM 2015
– SEI CANDIDATURE AGLI SPIRIT AWARD, I PREMI DEL CINEMA INDIPENDENTE (ASSEGNAZIONE IL 27/2/2016)
– MIGLIOR FILM AL CHICAGO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2015
– TRE CANDIDATURE AI GOTHAM AWARDS (ASSEGNAZIONE IL 30/11/2015)
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Set in 1950s New York, two women from very different backgrounds find themselves in the throes of love. As conventional norms of the time challenge their undeniable attraction, an honest story emerges to reveal the resilience of the heart in the face of change.
A young woman in her 20s, Therese Belivet (Rooney Mara), is a clerk working in a Manhattan department store and dreaming of a more fulfilling life when she meets Carol (Cate Blanchett), an alluring woman trapped in a loveless, convenient marriage. As an immediate connection sparks between them, the innocence of their first encounter dims and their connection deepens. While Carol breaks free from the confines of marriage, her husband (Kyle Chandler) threatens her competence as a mother when Carol’s involvement with Therese and close relationship with her best friend Abby (Sarah Paulson) comes to light. As Carol leaves the comfort of home to travel with Therese, an internal journey of self-discovery coincides with her new sense of space.
CRITICA:
Ammirati dalla maestria della messa in scena (e mai termine fu più pertinente: qui davvero la regia «dispone» i suoi personaggi nell’inquadratura come un pittore sulla tela, davvero li mette «nella scena»), Carol di Todd Haynes ti lascia però addosso una sottile insoddisfazione, quella che nasce da una perfezione troppo controllata e ricercata. Quasi un rimpianto per la vitalità degli errori e delle sbavature. Portando sullo schermo il romanzo che Patricia Highsmith pubblicò nel 1952 con lo pseudonimo di Claire Morgan, Haynes ritrova le atmosfere e l’eleganza del suo Lontano dal paradiso . Anche qui siamo all’inizio degli anni Cinquanta, anche qui c’è un matrimonio in crisi, questa volta per scelta della moglie Carol (una perfetta Cate Blanchett), non più disposta a fingere con un marito schiacciato dal perbenismo dei ricchi genitori. Non era certo un segreto la relazione che la donna aveva avuto con l’amica Abby, ma è l’incontro con l’aspirante fotografa Therese (Rooney Mara) a far precipitare le cose, complicate dalla lotta dei genitori per l’affidamento della piccola Rindy. Abilissimo nel trovare assonanze tra la psicologia dei suoi personaggi e l’ambiente in cui si muovono (grazie alla fotografia di Ed Lachman, alle scenografie di Judy Becker e ai costumi di Sandy Powell, tutti bravissimi), Haynes costruisce il film per quadri successivi — la referenza a Hopper è di rigore — privilegiando i primi piani e con controllatissimi movimenti di macchina, filmando con delicatezza e pudore l’unica scena di sesso e restituendo l’atmosfera di ovattata repressione che la società stendeva sulle donne che non accettavano il decoro borghese dell’eterosessualità. Tutto perfetto, tutto giusto ma senza quelle sbavature di imperfezione (o di eccentricità) che avrebbero reso più palpitante il film. Mon Roi di Maïwenn, invece, di scontri e tensioni familiari ne ha fin troppi, mentre racconta per due ore e dieci la crisi di coppia di Giorgio (Vincent Cassel) e Tony, cioè Elisabeth (Emmanuelle Bercot, la regista del film che aveva inaugurato il festival). L’occasione è la lunghissima riabilitazione cui deve sottoporsi la donna dopo un incidente sugli sci: nella solitudine ripensa al suo matrimonio finito malamente, fatto all’inizio di passioni e risate, trasformatesi poi in dolori e lacrime. Catullo aveva sintetizzato tutto in un distico perfetto (l’85: Odi et amo, quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. Odio e amo. Per quale motivo lo faccia, forse ti chiederai. Non lo so, ma sento che accade e mi tormento ), Maïwenn gonfia lo stesso tema con una serie infinita di flashback, che non fanno progredire la sceneggiatura ma la ripetono sempre uguale, ora puntando sulla volubilità sentimentale di lui (decisamente irritante nel suo orgoglio di maschio ricco e viziato) ora sulla fragilità psicologica di lei. Senza mai dare una svolta alla storia né portare i suoi personaggi a una qualche presa di coscienza dei propri comportamenti. Finendo così per sprecare anche l’ottima prova dei due protagonisti. (Paolo Mereghetti, Corsera – voto 3/4)
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New York, anni Cinquanta. Therese (Rooney Mara) è una giovane ragazza che lavora in un grande magazzino ed è fidanzata con un ragazzo con il quale sta iniziando a costruire un qualcosa di serio e duraturo. Tutta la sua vita, così come la conoscenza di se stessa, viene letteralmente sconvolta dall’incontro con una donna ricca e più grande, Carol (Cate Blanchett). Appena Therese vede la donna capisce da subito che quell’incontro sarà qualcosa di importante e resta affascinata, quasi abbindolata dalla sua presenza. Carol è sposata e ha una figlia ma il suo matrimonio è in crisi proprio perchè la donna è omosessuale. Dopo aver avuto una relazione per molto tempo con Abby (Sarah Paulson), Carol sta per divorziare dal marito che è a conoscenza dei suoi orientamenti sessuali.
Quello che si può subito dire su Carol è che è confezionato alla perfezione. Costumi, acconciature, scenografia, fotografia, musica, regia e naturalmente la grande bravura delle due attrici protagoniste, tutti elementi calibrati perfettamente, a livello visivo è senza dubbio un film elegante, raffinato e ben fatto, come se ne vedono pochi. Todd Haynes è un maestro nel realizzare melodrammi, degno erede di Douglas Sirk, sua massima fonte di ispirazione, sempre apertamente ammessa. Ogni inquadratura è un piacere per gli occhi e il tutto viene affrontato con molta naturalezza, nonostante la difficile tematica affrontata. Si perchè Carol è una grande storia d’amore ma è anche un racconto sulla condizione difficile, quasi impossibile, del vivere una storia omosessuale negli Anni Cinquanta, soprattutto se di mezzo c’è un matrimonio e una figlia.
Il problema fondamentale della pellicola è dato dalle emozioni che scaturisce. Nonostante sia tutto riuscito manca l’unica cosa che è poi quella fondamentale quando di guarda un film, la più importante, ovvero provare emozioni, empatizzare con i protagonisti, immergersi totalmente nella storia. Nonostante la bravura delle due attrici, non si riesce quasi mai a rimanere coinvolti, l’alta qualità stilistica porta però ad una freddezza emotiva ed è un peccato vista la qualità dell’opera. (Giorgia Tropiano- voto: 6 su 10)
Bello ma sopravvalutato a causa dei nomi importanti, del budget e del conseguente glamour che ha prodotto.
Insieme a La vie d’Adèle ha introdotto le storie tra donne al grande pubblico e per questo viene giustamente messo in risalto, ma personalmente credo che i capolavori a tematica lesbica siano altri.
Stupenda come sempre Cate Blanchett, attrice di indubbio talento. Ahime’ in quanto estimatrice di Patricia Highsmith,autrice del romanzo, non ho potuto fare a meno di constatare le inevitabili lacune atmosferiche ed emotive che permeano la pellicola. Lacune che a mio avviso vengono esaltate, attraverso gli stratagemmi da melo’ tipici di chi vuole giocare sul sentimentalismo e la possibile ignoranza degli spettatori, magari inconsapevoli dell’ esistenza del libro, o incapaci di prendere sul serio una fuoriclasse della penna come la Highsmith, ( che fra l’altro aveva ESPLICITAMENTE richiesto e sottoscritto che di CAROL NON SI FACESSE UN FILM!) il risultato è stato quello che è stato. Un film che consiglierei solo dopo la lettura del libro, con conseguente tentativo di comprendere il mondo dell’autrice. Per poterlo valutare non con occhio cinico (sia mai!) ma almeno con occhio critico.
Un film che mi ha colpito. Sguardi e silenzi che parlano e dicono tutto… Una lotta interiore tra mente e cuore che lascia l’amaro per la scelta di dover rinunciare alla custodia della figlia, ma finalmente un finale degno di un amore vero. Guardando questo film mi viene immediatamente in mente di voler vedere un seguito…
Un film intenso, raffinato, non volgare, molto coinvolgente, Carte Blanchett è strepitosa con i suoi sguardi, il modo di fare…un 10 pieno!
Non amo in modo particolare i film puramente d’amore, ma devo dire che questo mi é proprio piaciuto. Il personaggio di Carol rispetto al libro é molto più a fuoco e approfondito. Una storia dal gusto retrò per eleganza delicatezza e gusto del bello, ma senza tempo come l’amore.
Il romanzo che ho letto diversi anni fa mi era piaciuto molto e mi aveva colpito anche per il fatto che fosse una storia finalmente positiva. Il film mi è parso puro manierismo, un esercizio di stile, ben fatto certo, ma non in grado di restare nella memoria, destinato a dissolversi presto.
Concordo con il precedente commento. Tutto ben fatto: la ricostruzione degli anni ’50, le due protagoniste, le musiche, gli sgardi che parlo più di tante parole. Un romanzo che è passato alla storia, una donna coraggiosa e forte che lotta per poter essere davvero se stessa, nonostante i ruoli ben definiti di madre e moglie. E una giovane ragazza ancora irrisolta che troverà la sua strada
Un film meraviglioso, con un’ottima regia, due grandi attrici, atmosfere vintage e musiche in pieno stile americano anni 50. La cosa che più colpisce sono gli sguardi, i silenzi, i pochi dialoghi, la scenografia impeccabile e le riprese perfette trasportano lo spettatore in un’atmosfera americana degli anni cinquanta e fanno di questo film un capolavoro di romanticismo.