Il documentario nasce dalla relazione intima tra il regista e Marcella Di Folco, leader del MIT – Movimento Identità Transessuale e una delle figure più preminenti del movimento politico per i diritti civili degli ultimi quarant’anni. La vita di Marcella, prima a Roma e poi a Bologna, è ricostruita attraverso il racconto della stessa Marcella e quello dei suoi amici e parenti: il padre fascista, gli anni del Piper, i film con Fellini e Rossellini, il cambio di sesso, le battaglie politiche e civili, l’impegno a favore delle persone transessuali. La vita di Marcella è anche il contrappunto delle vicende storiche italiane; una vita che è stata anche una chiave di lettura attraverso la quale interpretare le piccole e grandi trasformazioni culturali del nostro paese. Racconta il regista Simone Cangelosi sulle pagine di La Repubblica: “Ho conosciuto Marcella alla fine degli anni Novanta e mi fu subito chiaro che avevo di fronte un personaggio che sarebbe passato alla storia. Ho deciso che avrei girato questo film il giorno stesso che Marcella morì, il 7 settembre del 2010. Poi, c’è voluto un po’. Quattro lunghi anni che mi hanno consentito di mettere la giusta distanza. Anche se il mio non sarà mai un punto di vista oggettivo. Marcella l’ho incontrata in un momento particolare della mia vita, quello della transizione di genere. E’ stata un’amica e un punto di riferimento. E questo film è stato anche il mio modo di elaborare il lutto. La sua vita è stata eccezionale, anche prima di quella di attivista del Movimento transessuale. Negli anni Sessanta lavora al Piper e conosce Fellini, che le affida prima un piccolo ruolo nel “Satyricon”, poi il personaggio del principe in “Amarcord”. Poi Di Folco intraprende da lì una brillante carriera nell’epoca d’oro della nostra cinematografia. E finisce a lavorare con Rossellini, Petri e Risi. La svolta cruciale data al 1980. Marcello va a Casablanca, torna Marcella e inseguendo l’amore si trasferisce a Bologna. Ed è nell’incontro con questa città che si compie il suo destino e la sua vita prende una direzione pubblica. Nel nome dei diritti, o meglio del diritto che tutti hanno all’amore. Che la porta prima a fondare il Mit, il Movimento italiano transessuali e poi a diventare consigliere comunale, primo trans a rivestire una carica pubblica”.
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