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CRITICA
“È il film che meglio riassume e condensa la doppia identità artistica di Almodovar, quel suo percorso raffinato e stilisticamente maturo impresso dalla metà della sua ormai lunga filmografia e quel gusto camp trasgressivo del racconto e della sua rappresentazione, che accendeva le sue prime opere, sgangherate, irriverenti ma anche appassionate (e qui il ritorno di Banderas chiude il cerchio). È dunque il film che esalta il talento di questo ex ragazzo sfrontato e gay della Spagna postfranchista, ma anche quello che ne mostra il limite di non saper superare l’incanto per l’eccesso, che qui si consuma in una storia parallela troppo lunga e troppo invadente, a cominciare dall’ennesima trovata kitsch del tigrato, simpatica, ma interminabile…” (Il Gazzettino)
“…Una storia a dir poco «fantastica» che tuttavia appassiona lo spettatore, o meglio lo colpisce fortemente nelle prime sequenze in cui i tre personaggi centrali del film – il medico, la governante e la ragazza – compaiono sullo schermo in un modo che possiamo definire originale. Anzi, è proprio questa originalità stilistica a dare alla storia una tensione drammatica iniziale, che troverà nelle sequenze finali una sorta di conclusione positiva, non tanto per il ritorno del ragazzo-ragazza al suo punto di partenza, quanto perché il conflitto esistenziale si chiarisce attraverso quella che possiamo definire la ‘semplicità’ di un racconto che solo apparentemente è complesso. Purtroppo è questa complessità apparente a non essere espressa come si dovrebbe: sembra infatti piuttosto confusa e dilatata. Il fatto è che la storia contiene fin troppi elementi narrativi, quando sarebbe bastato un racconto lineare per mettere a fuoco il discorso di fondo, che tocca contemporaneamente il rapporto fra i sessi e le tensioni erotiche, la crisi dell’identità individuale e la trasformazione progressiva delle persone, l’amore carnale e quello sentimentale. Tuttavia, se si lascia da parte una critica puramente formale, si può dire che La pelle che abito è una delle più coinvolgenti dell’ultimo Almodóvar.” (G. Rondolino, La Stampa)
appena iniziato mi sono quasi spaventata: la ragazza segregata, la vecchietta, il medico fintogenio ma veropazzo… subito ho pensato a bandaged.. fortunatamente si sviluppa in modo diverso e Almodovar, pur senza folli passioni sue solite, ma freddo e controllato come la pelle di cui si parla, non delude mai!
la rivelazione, quasi alla fine del film, è un tocco di genio.
e chissà, al di la del dramma, forse vera riuscirà finalmente ad uscire con la commessa 🙂
voto 10 e lo merita tutto
Classico Almodovar. Sono andata a vedere il film un po’ scettica e sono uscita dalla visione entusiasta. Un genio. Sembra che Banderas reciti solo se diretto da lui, Marisa Paredes sempre eccezionale.Titoli d’inizio con l’elica del DNA con i colori rainbow. Mito.
Non ho riconosciuto Almodovar in questo film
Per la prima ora circa, quansi non riuscivo a riconoscere Almodovar, ma nella seconda parte del film sono riuscito a ritrovarlo. Abbastanza atipico ma comunque godibile, morboso al punto giusto e silenziosamente doloroso. La paziente attesa per il giusto momento è stata forse la cosa che più mi è piaciuta. Bel cast che ha saputo dare giusto spessore ai personaggi e musiche assolutamente adeguate. Unica pecca il finale troppo affrettato. Una storia così meritava un finale più corposo e meglio sviluppato. Comunque da vedere, lo consiglio.
Non ci siamo. Manca l’umorismo graffiante dell’Almodòvar della prima ora, ma anche la sensibilità delle opere più recenti. L’interessante costruzione del personaggio principale, assetato di una lenta e crudele vendetta, viene vanificata da un finale banale e sbrigativo. Sconsigliato.
Come al solito di fronte alle opere di Almodòvar ci si ritrova un po’ come la protagonista, rinchiusi in una specie di cella, bellissima e confortevole, da cui però non si può uscire: stessi temi, stessi attori, stresso montaggio, stesso decor, stesse musiche… una specie di incesto, peraltro indirettamente suggerito anche dall’uso dei protagonisti per i personaggi della storia. Superato questo senso di costrizione ci si può abbandonare al film e gustarlo: d’altronde pur essendo sempre uguale a se stesso, Almodòvar rimane un grandissimo incantatore, unico e ineguagliabile. Chapeau!
Film fortissimo, originale degno di Pedro. L’ho trovato intenso e scioccante, imprevedibile e surreale. Ottimo lavoro, non il suo migliore ma sempre grande realizzazione. Ci sono un paio di punti che andavano sviluppati meglio ma nel complesso mi è piaciuto tanto.
Un Almodovar spiazzante per chi ama i suoi melò-drammi.Ma sempre all’altezza della sua originalità.Un film sull’identità che passa attraverso un noir con richiami al grande cinema di Frankestein o di Hitchcock .Nulla da eccepire sulla grande fotografia e splendide musiche.
Potrei dire molte altre cose, mi limito a ricordare la bellezza e la perfezione(fino al limite della freddezza accademica) delle inquadrature, delle musiche, della scenografia, x nn parlare degli attori (Paredes cm sempre divina!) e un Banderas ancora fighissimo! Andate a vederlo
Dopo la delusione degli Abbracci spezzati, e alcune recensioni uscite durante il festival di Cannes,sn andato a vedre qst film cn un pò di pregiudizio!!!Invece m sn ricreduto, certo nn è un capolavoro, ma è pur sempre un film di Almodovar e dunque, x me, al di sopra di tante cose ke si possono trovare in giro!Leggendo la trama sembra un film di Cronenberg, e invece è un autentico “ultimo Almodovar” al 100%.