Il rapporto tra psicoanalisi e omosessualità si perde nella notte dei tempi, soprattutto se pensiamo che solo nel 1973 il non essere eterosessuali è stato tolto dall’elenco delle malattie del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders e ancora oggi c’è chi sostiene improbabili terapie riparative che di fatto sono sedute psicoanalitiche di assai dubbia validità scientifica e (de)ontologica. Se volete riflettere sull’argomento ma soprattutto trascorrere una rilassante serata al cinema, potete vedere la dignitosa commedia di Paolo Genovese “Tutta colpa di Freud” che ha già incassato cinque milioni di euro. E non costa come una terapia quinquennale. Uno psicoanalista romano di mezz’età, Francesco Taramelli, interpretato da Marco Giallini si trova sul lettino – assai poco deontologicamente – le tre figlie e persino il fidanzato di una di loro, trent’anni più grande di lei. Il trio di ragazze grazioselle non potrebbe essere più disomogeneo.
C’è la lesbica risoluta (Anna Foglietta) che vive a New York ma torna nella Capitale dopo che la sua fidanzata è scappata per la paura causata da un’inattesa proposta di matrimonio sul metrò; c’è la bellina single (Vittoria Puccini) che gestisce una piccola libreria in centro, un po’ snob poiché fa finta di non sapere che cosa sia “Cinquanta sfumature di grigio”, titolo troppo commerciale per lei, e s’innamora di un ladruncolo sordomuto; c’è la lamentosa studentessa diciottenne (Laura Adriani) innamorata del piacente arredatore cinquantenne, un cougar al maschile che ha il volto di grande avvenenza di Alessandro Gassman e una moglie un po’ trascurata (Claudia Gerini), oggetto del desiderio proprio del dottor Taramelli. La migliore delle tre storielle scorrevoli e non volgari è proprio quella saffica che si tramuta ben presto in commedia degli equivoci con momenti anche esilaranti poiché la vulcanica Foglietta – molto brava, spigliata, di rara solarità – si mette a provarci con gli uomini ma lo fa come cambierebbe look per la serata e con conseguenze ridicole se non disastrose. Non preoccupatevi: non siamo in zona Povia o Nicolosi (uno degli inascoltabili teorici delle terapie riparative) quindi il tentativo di ‘conversione’ eterosessuale si risolve in una serie di buffi siparietti che ci consente di ammirare bellissimi esemplari italici quali il talentuoso Edoardo Leo, di folgorante perfezione estetica, oppure il magnifico Daniele Liotti, sempre più somigliante a Raoul Bova. Non aspettatevi chissà che, ma se avete bisogno di una serata scacciapensieri – la psicanalisi resta sullo sfondo e a momenti sembra quasi un pretesto per una ronde sentimentale anche simpatica – questa commedia ‘rosa shopping’ dalla confezione professionale può essere la scelta giusta.
Certo, la grazia intelligente di Woody Allen resta a New York dove è ambientato il bell’incipit lesbico e a volte il gioco amoroso si risolve in una sequela di gag più che tradursi in un vero impianto narrativo ben strutturato – ce n’è anche una gay davanti a un bel carabiniere quando Gassman e Giallini vengono scambiati per una coppia di omosessuali – ma “Tutta colpa di Freud” si lascia vedere e consente di apprezzare un’inedita Gerini malinconica e placidamente seduttiva che completa un bel cast, soprattutto femminile, affiatato e complice. Tutta colpa di Freud? No, merito di Anna ma non Freud, bensì Anna Foglietta, un’eccellente attrice da tenere d’occhio, al suo quinto ruolo lesbico (era la protagonista dell’irrisolto “Un amore imperfetto”).
Curiosità: la Foglietta ha dichiarato di amare alla follia New York perché suo marito, il bellissimo promotore finanziario Paolo Sopranzetti da cui ha avuto due figli, l’ha chiesta in sposa proprio nella Grande Mela. Ahimé, ragazze, sembra proprio che la Foglietta preferisca i maschi – e che maschi! – ma, sapete, Cupido non ha bisogno di analisi né freudiana, junghiana o adleriana e, per dirla con Michael Cunningham, il futuro (anche sentimentale) pullula di possibilità…