La prima notte di nozze del dottor John Watson? Sdraiato in un treno a fianco di Sherlock Holmes vestito da donna mentre la neo-mogliettina viene catapultata, poco cavallerescamente, giù dal mezzo in corsa. Il ballo al ricevimento nel castello pullulante di teste coronate e diplomazia d’alto rango? Avvinghiato all’adorato Holmes, nell’indifferenza generale. È davvero molto queer il nuovo cinecapitolo sul detective cult Sherlock Holmes, nuovamente diretto dall’ex marito di Madonna, Guy Ritchie, col sottotitolo “Gioco di Ombre”. Il regista inglese ha in realtà snaturato lo spirito dei fortunati romanzi nati dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle, facendo dissolvere l’atmosfera di mistery e intrigo che circondava i gialli del grande eroe dell’Inghilterra positivista e vittoriana, preferendo un cinema action da popcorn-movie piuttosto fracassone, con inseguimenti funambolici, sparatorie e scazzottate al ralenti, in cui imperano gli effetti speciali, obiettivamente ben utilizzati.
Come in tutti i film di Guy Ritchie, viene evidenziato un certo cameratismo tra maschi, sornione e concentrazionario, in cui le donne sono spesso marginalizzate: qui addirittura la sposa di Watson sparisce dopo mezz’ora di film per ricomparire nel finale e come spalla viene preferita una mascolina Noomi Rapace (l’hacker bisex Lisbeth Salander della trilogia “Millennium”) nei panni gitani della zingara Sim, in cui si trova assai a suo agio, forse anche perché suo padre, quello vero, aveva origini Rom. È poco più di un’apparizione, all’inizio del film, il cameo della graziosa Rachel McAdams (‘Midnight in Paris’), utilizzata come corriere di pacco-bomba e destinata a triste fine quasi istantanea.
In “Sherlock Holmes – Gioco di Ombre” tornano gli attori del primo episodio, un ipercinetico Robert Downey Jr. nei panni trasformisti di un Sherlock Holmes più eccentrico che mai, e un divertito Jude Law in quelli del sodale dr. Watson. Il cattivo di turno è il mefistofelico Professor Moriarty (Jared Harris), più interessato al bieco commercio di armi da guerra che a illuminati studi di astrofisica, e forse responsabile dell’apparente suicidio del Principe d’Austria.
Nuovo ingresso, ideale per innalzare la temperatura queer dell’intreccio, il fratello gay di Sherlock Holmes, “l’altro Holmes” Mycroft (Stephen Fry di “Wilde”, vistosamente ingrassato) che non lesina in battute snob e in una scena appare completamente nudo a casa propria ironizzando sull’eleganza britannica.
Divertimento ludico assicurato – ma 129 minuti sono un po’ troppi – due scene madri ben realizzate (la fuga sul treno e il match prefinale nel castello) e un’adrenalina diffusa che trasmette energia, ma solo agli appassionati del genere.
Esordio col botto al botteghino italiano: quasi tre milioni e mezzo di euro nel weekend.
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