Guardare un film di Jim Jarmusch aiuta a coltivare speranze. “Paterson” è un film di difficile visione, quasi impossibile da consigliare, che richiede preparazione. E’ uno di quei film che se sai prima di cosa si tratta e cosa ti aspetta, è meglio. Perché noi spettatori non siamo abituati ad essere attenti, presenti, svegli, colloquianti con l’arte. Al cinema siamo abituati a sederci e a lasciarci trasportare, quasi inconsci. E’ anche il suo bello. Ma in questo caso, Jarmusch ci capovolge la poltrona e ci obbliga a stare in sala “in ginocchio”, per evitare di addormentarci. Ma a giovedì, ci addormentiamo lo stesso e non fa niente, tanto venerdì è uguale.
Va bene, di cosa sto parlando? Di un film costruito come una poesia, dall’ipotetico titolo di “Paterson”, scritto da un ipotetico poeta William Carlos William (mi pare, in realtà le poesie sono di Ron Padgett) abitante di Paterson, New Jersey.
La vita di Paterson – nome della cittadina e anche del protagonista, l’uno sono lo specchio dell’altro – è scandita dalla monotona quotidianità di una vita di provincia. Una vita piccola e felice, scandita da poche cose essenziali: l’amore per una donna, le uscite serali con il cane, il lavoro da autista di mezzo pubblico, la passione per la poesia. Questi i quattro pilastri su cui si costruiscono le sette giornate della settimana di Paterson, abitante a Paterson, New Jersey.
I versi di Paterson sgorgano semplici dalla sua osservazione minimalista della realtà: una scatola di fiammiferi, una goccia di pioggia, un’emozione improvvisa. Basta, questo è quanto. Questo è il fondamentale, sembra recitare Jarmusch, questa è la vita. Se siamo capaci di osservarla quietamente e trovarne la poesia nelle piccole cose è fatta, si può raggiungere una sorta di felice appagante quiete.
Per seguire le immagini in versi di “Paterson” però, bisogna essere desti, oppure la ritmica data dalla ripetizione dei gesti e delle immagini induce al coma. Io ho dormito, come tutti in sala. Ma da quando ho visto il film, sento radicarsi ogni giorno di più la sua bellezza, la limpidezza del verso. Come un film che non finisce, continua a fiorire lentamente, cresce.
Per questo “Paterson” è unico, imperdibile, magico. Non appassionante, non trascinante. Ma che bello vedere cose diverse, provare altre suggestioni.
Uscire dalla sala con la speranza che ci sia vita, oltre il già conosciuto e respirare con leggerezza in una serata piovosa.
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