“Toy story”, “Monsters and co”, “Wall-e”, “Up” ed ora anche “Inside out”. Non c’è storia, Peter Docter – regista e sceneggiatore – è il genio dell’animazione Pixar-Disney, ovvero del mondo, almeno per questo secolo. Ognuno di questi titoli ha cambiato la nostra percezione dell’animazione in sala, ognuno ci ha regalato emozioni incontenibili, meraviglia, gratitudine. Ma con “Inside out”, se possibile, Docter va ancora più in là, nello spazio infinito e oltre. E’ un film spartiacque, non abbiamo dubbi. Dopo di lui nulla sarà più come prima.
Oh, immagino abbiate capito che, per la sottoscritta, “Inside out” è il film – diciamo – del mese, se non dell’anno. Eppure possiamo dire che, a livello di trama, di concreto non succede praticamente nulla.
La piccola Riley si trasferisce assieme alla sua famiglia dal nevoso Minnesota alla caotica San Francisco. All’apparenza, niente di che. Ma dentro la bambina, a un passo dalla pubertà (11 anni), si scatena un inferno di emozioni. Ed è quello che ci racconta il grande Docter, con l’aiuto nascosto di un piccolo esercito di psicologi della Berkeley. Personalità, subconscio, immaginazione, memoria a lungo e breve termine, ma soprattutto la formazione delle emozioni (le vere protagoniste della trama) e il loro interagire all’interno di Riley. Gli autori ne hanno scelte cinque: Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura, Disgusto. Ognuna ha un colore, ognuna ha una funzione precisa, nel bene e nel male. Ma a dover risolvere poi le crisi vere di Riley sono soprattutto Gioia e Tristezza che troveranno il modo di allearsi per aiutare la piccola a superare alcune difficili prove.
La scoperta dell’acqua calda è sempre la più interessante. Lasciamo stare la realizzazione grafico-tecnica dei disegni; siamo sempre al top del genere, anche se la Pixar ha fatto di meglio. La genialità è nel rivolgimento del punto di osservazione, ovviamente, nel rivoltare la macchina (la famosa, cara mdp) dal fuori al dentro e scoprire che “c’è tutto un mondo…”.
Ci aspettiamo dunque “Inside out 2” (la pubertà), “Inside out 3” (l’adolescenza) e ovviamente tutta una serie di filiazioni nella fiction non animata riguardanti il mondo interiore di noi poveri adulti. E non vediamo l’ora di vederli tutti.
Ma ci pensate che da oggi i bambini (quelli ovviamente fortunati, che possono andare al cinema. Ce ne sono ancora milioni che non hanno accesso a nulla), ci pensate dicevo che da oggi un bambino potrà dire: sento Rabbia che mi esplode, stanotte ho dormito con Tristezza, forse posso chiedere aiuto a Gioia?
Miseria, mi sembra una bomba, davvero. Uhauuuu, il cinema!