Sembrano mummie senza tempo, presenze stregonesche che si aggirano nei boschi come in AntiChrist, lividi zombie della cosmesi post-chirurgica: sono invece i clienti della clinica trentina Belle Vie specializzata in ricostruzioni plastiche nella blanda commedia surreale Il volto di un’altra di quel cinemonello scatenato che è Pappi Corsicato, finalmente sul grande schermo cinque anni dopo l’eccentrico Il seme della discordia. Dalle solarità partenopee e inevitabilmente neomelodiche tipiche del suo mondo si passa all’austerità alpina ai piedi delle Dolomiti in Sud Tirolo per una satira bonaria sul mondo superficiale e inconsistente dell’ossessione estetica: Laura Chiatti è la conduttrice Bella – di nome e di fatto – di uno show tv d’ampio seguito sulla chirurgia plastica in cui il marito René (Alessandro Preziosi) opera in diretta le pazienti. Lei, un tempo amatissima dal pubblico, viene licenziata perché “il suo volto ha stancato”. Un incidente automobilistico causato da un gabinetto che piomba giù da un viadotto rischia di sfigurare Bella irrimediabilmente ma rivela un espediente truffaldino per ingannare l’assicurazione e rilanciare il suo personaggio in televisione.
Meno ricco di invenzioni visive rispetto ai precedenti lavori del regista napoletano, è un’esile burla vagamente bunueliana e ferreriana sulla spettacolarizzazione della cronaca, la pochezza morale di certa tv da audience massificata, l’invadenza dei media. Resta impresso il volto molto contemporaneo, non raffinato ma espressivo, dell’avvenente Laura Chiatti e quel piglio sornione e charmant di Preziosi; ma il volto nuovo ha i tratti abruzzesi del bel Lino Guanciale che interpreta Tru Tru, addetto all’impianto fognario della clinica con velleità canore che causa involontariamente l’incidente e soccorre Bella per poi ricattarla. È un peccato che la suora matronale con la mania per le “purghettes”, la fedele Iaia Forte, sia poco più di una caricatura in una sceneggiatura (pur scritta a sei mani: Corsicato, Rametta e Romoli) troppo diluita e semplificata.
«Il film nasce da una giocosa riflessione sul contemporaneo – spiega Pappi – ed è un’occasione per raccontare una storia con un linguaggio diverso, mescolando vari generi che vanno dalla commedia romantica americana al cinema di costume italiano. Così come per le scene e i costumi, mi sono ispirato al mondo della moda e al cinema giapponese. Tra glamour e funny horror».
Corsicato vuole anche ricordarci quanto la chirurgia estetica sia seguita e praticata da molti uomini, anche gay – nel rifatto parterre della clinica appare qualche cliente visibilmente effemminato – per cui la dipendenza da lifting è diventata una vera e propria ossessione. Ma arrivare due anni dopo il darkissimo La pelle che abito di Almodóvar (nessun plagio: pare che siano stati girati praticamente in contemporanea), che aveva sviscerato il tema in chiave tecno-horror, gli conferisce unevitabilmente una patina di déjà vu.
Idee svalvolate: un asteroide che si chiama Tony e minaccia di schiantarsi sulla Terra; due proprietari paranoici di un negozio di animali impagliati; un diluvio di escrementi che travolge gli ospiti della clinica. Sprintosa la colonna sonora tra pop e jodel, ma non basta.
Il film è dedicato al bravo scenografo Andrea Crisanti, deceduto l’anno scorso.
Si può vedere.
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