Vivaddio, finalmente un bel film! Non perdetevi per nessuna ragione terrena o soprannaturale Dio esiste e vive a Bruxelles del visionario regista belga Jaco Van Dormael, magnifica ri-Creazione cinematografica all’insegna della fantasia e della creatività più sfrenata. Dio? Sì, esiste, ma non è come ve lo immaginate: è un povero Cristo sadico e pigro interpretato da un perfetto Benoît Poelvoorde che, appunto, vive nella capitale del Plat Pays, simile a quella odierna, svuotata dal coprifuoco. Sta tutto il giorno in vestaglia nella sua casa senza porte né finestre, e si diverte a inventare regole crudeli sul suo Pc Onnipotente per rendere la vita degli umani insopportabile.
La sua famiglia? Per nulla tradizionale: la moglie è una casalinga obesa, remissiva e sottomessa al marito Despota Assoluto (una straordinaria Jolande Moreau), il figlio JC (David Murgia) – Sì, Gesù Cristo ma si legge come ‘Je sais’, ‘Io so’ – “ha perso la bussola e si è fatto inchiodare come una civetta” – parole di Papà che la figlia Ea (Pili Groyne) non sopporta più, facendogli un dispetto che sconvolgerà l’intera umanità: invia un sms a tutti i viventi con la data della propria morte.
Ecco dunque un nuovo amico senza casa con cui è necessario trovare altri sei Apostoli, ma non in Galilea, bensì tra l’umanità borderline composta da drop out più o meno emarginati, fra cui una donna senza un braccio, un maniaco sessuale e un bimbo transgender che vuole andare a scuola vestito da donna, Willy (Romain Gelin), causando lo sconcerto in casa e tra i compagni (strepitosa la scena in cui solca la frotta di studenti, deciso, alla Oscar Wilde, ma in ralenti).
“Sapevo di un ragazzo malato di leucemia che voleva vestirsi da donna ma poi è stato costretto a cambiare scuola” ci spiega il regista Jaco. Una storia simile si trova anche nel suo primo cortometraggio, Maedeli la brèche (Maedeli la breccia) in cui la protagonista, innamorata di un ragazzo, voleva diventare un maschio: “L’ispirazione è nata dalla mia migliore amica di quando avevo sei anni e vivevo in Germania. La trovavo molto seducente: voleva diventare un ragazzo e indossava mutande da uomo”.
Rispetto a tanto cinema asfittico e plebeo (anche di casa nostra), il Nuovissimo Testamento belga – questo il titolo originale – è una gioia per gli occhi, la mente e il cuore, una reinterpretazione del Creato da un punto di vista fanciullesco, un inno a scoprire la propria ‘musica interiore’ – la colonna sonora è curata dalla compositrice e attrice An Miel Mia Pierlé e non più dal fratello gemello di Jaco, mancato di cancro a poco più di 50 anni – per cercare di comprendere il turbinoso caos dell’esistenza con quella passione per le infinite vite possibili che ricorda i fatati romanzi combinatori di Georges Perec (La vita, istruzioni per l’uso in primis, un capolavoro). E a ogni inquadratura c’è un’idea folgorante, magica, in cui fa capolino una fauna indistintamente umana e animale (giraffe, galline, cammelli), quasi a riprova che la vera Arca di Noè da salvare è quella composta da depressi rappresentanti di un’umanità intristita e sola.
E il concetto di diversità sessuale è visto come una delle tante varianti, né più né meno dell’eterosessualità statisticamente dominante, degna di rispetto assoluto: e se pensiamo che Catherine Deneuve s’innamora di un gorillone e ci va a letto, persino la zoofilia diventa normalità nel surreale mondo magrittiano e ipercreativo di Jaco.
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