Un film lungo 12 anni. America, Texas. Dal 2002 al 2013, dai 6 ai 18 anni di Mason, da Bush a Obama, dalla crisi economica alla possibile ripresa.
“Boyhood” è un film di fiction che si affida, che lascia fare al tempo, che è pronto a cogliere i frutti – così come matureranno – della vita di un adolescente americano come tanti. L’infanzia segnata dalla separazione dal padre, il trasferimento con madre e sorella, la nuova scuola, la fine delle medie, il nuovo padre alcolista, di nuovo un trasferimento, di nuovo altri amici, la prima ragazza, i traumi di una seconda separazione, gli sbandamenti tra fumo e birre, le liti con la madre, il recupero del padre perduto, la musica, l’hobby della fotografia, di nuovo un’altra casa, di nuovo un altro compagno della madre, il diploma, la fine del primo amore, l’università. Ad accompagnare Mason interpretato da Ellar Coltrane, il padre Ethan Hawke, la madre Patricia Arquette e la sorella Lorelei Linklater.
Scritto tutto rigorosamente ad inizio riprese, ma poi adattato in corsa, il regista texano Richard Linklater (“Before Sunrise”, “Before Sunset”, “Before Midnight”) sfida di nuovo le unità aristoteliche, dimostrando che la perfezione del verosimile si può raggiungere anche cavalcando il tempo, lasciando che sia il compromesso tra lui (il tempo) e l’autore a costruire l’opera. Il risultato è sorprendente e assoluto, restituisce “quasi” con totale sincerità la vita e la normalità dei suoi eventi, tragici o gioiosi che siano. Tre ore di film e si rimane stregati nel veder scorrere ciò che già sappiamo, ma che non smette mai di stupirci. La nostra piccola, sorprendente vita.