Dissacrante, graffiante, grottesco, ironico… Dal Festival di Venezia, il “Belluscone” di Franco Maresco esce con un fondamentale riconoscimento (premio della Giuria Orizzonti) e il suo carico di aggettivi. Tutti condivisibili, tutti confutabili. Il fatto principale è che si esce dalla visione di “Belluscone” piegati in due dall’angoscia e dalla commozione. Per un film salvato dall’amicizia, per un autore risucchiato dai buchi neri della sua terra, per la profondità abissale di quegli stessi buchi neri, per un pezzo d’Italia che tutti noi vogliamo solo di dimenticare.
Franco Maresco cerca di raccogliere i pezzi della vera storia della nascita del potere berlusconiano. Secondo la sua (ma comune a molti) tesi, il tutto inizia con un patto Berlusconi-Bontate negli anni Ottanta. Il disegno è quello di creare un nuovo polo sociale-politico in Italia, alternativo ai vecchi poteri italiani, di destra e di sinistra. E di implementare sul territorio un sistema economico in grado di scavalcare morale e regole dello Stato italiano. Berlusconi, che sta per dare vita alla sua Italia parallela con Milano 2, convince Bontate che la chiave della trasformazione è nelle tv commerciali. E risulta talmente convincente che Bontate gli molla 20 miliardi di lire. Questo patto scellerato – vuole raccontare Maresco – ha fatto della Sicilia più oscura e profonda, il brodo di coltura del fanatismo berlusconiano. Dalla Kalsa a Ballarò, i neomelodici del livello di Raffaello e Vittorio Ricciardi cantano le gesta di Berlusconi facendo impazzire le ragazzine, salutano dai palchi dei rioni e delle tv locali gli “ospiti dello Stato” (i mafiosi incarcerati) e sputano sulle divise dei carabinieri.
Maresco va alla ricerca del marcio nella pancia della sua Sicilia, cerca di farsi beffe dell’ignoranza e della bestialità, ma finisce per venirne risucchiato. Raccolte centinaia di ore di materiale alla ricerca delle ragioni, di un filo logico, di una ricostruzione di cause ed effetti, perde l’obbiettivo, si lascia travolgere dal vènto avverso, abdica all’oscurità dello specchio in cui egli stesso è riflesso. Del resto, sembra che anche Dio si sia messo di traverso. Dimostrazione ne sia che, all’apice della verità – Marcello Dell’Utri che dichiara: l’inizio va ricercato nella morte di Enrico Mattei – l’audio si scassa, il registratore si blocca, Dell’Utri stanco di aspettare se ne va. Fine della verità, fine della redenzione. Maresco perde – comprensibilmente – la testa e scompare, inghiottito dalle fiamme del suo personale inferno.
Per amore, raccoglie le spoglie di tanto lavoro Tatti Sanguineti, che cerca di rimettere insieme i pezzi, alla ricerca dell’amico perduto. Il risultato è una sorta di docu-film puzzle, in cui non tutti i pezzi combaciano. Ma non importa, quello che c’è da vedere, lo vediamo. Quello che c’è da sapere è tutto lì. Non è un caso che fino all’ultimo zelanti forzitalioti cerchino di bloccarne l’uscita.
“Belluscone” è tutt’altro che un lavoro perfetto. Ma è il film umanamente più straziante che l’Italia abbia partorito negli ultimi decenni. Incide una ferita profonda nel nostro ventre che solo Franco Maresco, tornando tra noi e continuando a lavorare, potrà guarire.
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