Graphic novel, che passione. Tra i giovani, ma non solo, i fumetti di un tempo ora chiamati pomposamente così, con orgoglio d’autore in quanto raccontano trame strutturate, sono l’ultima moda al cinema, anche queer: ricordiamo infatti che “La vita di Adèle” è tratto da una graphic novel di successo scritta e disegnata da Julie Maroh, mentre in Italia è uscito per Espress Edizioni l’appassionato “Negli occhi il cinema, nelle mani l’amore” di Giovanni Minerba (aggiungerei ‘e di Ottavio Mai’, sempre con noi) con vitali illustrazioni di Mattia Surroz. Su questa scia, ma di un altro genere, si colloca il fanta-storico “300 – L’Alba di un Impero” di Noam Murro, séguito dell’omologo film di Jack Snyder in cui alla battaglia delle Termopili e all’epico sacrificio di Leonida si sostituisce quella navale e meno nota di Capo Artemisio del 480 avanti Cristo, sempre fra greci e persiani.
Anche qui l’estetica è digital, come Thor insegna, e si strizza l’occhio al pubblico gay con muscoli guizzanti e look fetish da peplum all’ellenica: imparate subito il nome dell’australiano Sullivan Stapleton, bisteccone degli antipodi, Temistocle beefcake, ex modello apparso in Animal Kingdom e dalla carriera perlopiù televisiva. Torna il brasiliano Rodrigo Santoro nel ruolo drag-pierced di Serse, mentre Lena Headey incarna la Regina Gorgo e la Bertolucciana Eva Green è un’acrobatica Artemisia Prima, guerriera di Alicarnasso che strinse alleanza con l’esercito di Serse. “Si tratta di una comandante dell’armata persiana, combatte come un uomo, è una donna molto forte” ha dichiarato Eva Green, a proposito del suo personaggio, a The Hollywood Reporter.
Alla presentazione del film al Comic-Con di San Diego, è stato spiegato come l’avanzatissima tecnologia digitale abbia permesso di creare lo stile visuale del film (è stato girato negli studi Nu Boyana di Sofia), attraverso Green Screens giustapposti a scenografie tridimensionali, come villaggi greci o navi da guerra. L’ammiraglia persiana, in realtà, è stata creata in tre differenti sezioni, assemblate poi in postproduzione.
“Abbiamo provato diverse location – hanno spiegato i produttori Nunnari e Goldmann a Movieplayer.it – ma per quello che volevamo realizzare ci siamo resi conto che solo in Bulgaria c’era tutto quello che serviva. Siamo partiti dallo stesso piano di produzione usato per “300”, ma qui il film è più grande, ci sono più personaggi, e soprattutto abbiamo l’acqua. Volevamo narrare una grande storia – continuano Nunnari e Goldmann – e come per “300”, comunque, abbiamo deciso di non affidarci a nomi troppo grossi. Anche lo stesso Sullivan Stapleton, che non sembrava affatto una scelta ovvia, considerati i suoi precedenti ruoli, si è trasformato nel perfetto politico e guerriero. Non potevamo pensare a nessun altro oltre a lui, e il fatto che si sia calato così bene nel ruolo ci dà ragione.
Quello di “300” era un target molto difficile. Ormai è diventato un brand, ma il suo scopo era quello di essere diverso dal classico film d’azione, principalmente rivoluzionando il concetto di combattimento al cinema. È riuscito a discostarsi da quello che già c’era, ed è uscito nel momento giusto”.
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