Werner Schroeter, uno dei maggiori esponenti del nuovo cinema tedesco e pioniere del cinema gay è deceduto lunedì 12 aprile 2010 all’ospedale di Kassel dopo un’operazione per un tumore. Schroeter, nato nel 1945 a Georgenthal, in Turingia, aveva appena compiuto i 65 anni. Nel febbraio del 2010 aveva ricevuto il premio onorario Teddy alla Berlinale, dove nel 1980 vinse l’Orso d’Oro per “Palermo oder Wolfsburg” sulla vita di un immigrato italiano in Germania. Nel 1996 il festival di Locarno gli assegna il Pardo d’Onore, mentre nel 2008, con il regista gia’ malato, la Mostra di Venezia accoglie in concorso il suo ultimo film, ”Nuit de Chienz”, premiato con un Leone speciale per ”L’insieme dell’opera”.
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Poche e contraddittorie sono le notizie biografiche sull’irrequieto giovane Schroeter. Cresciuto a Bielefeld e a Heidelberg, dove consegue la maturità, si iscrive all’università di Mannheim per interrompere gli studi in psicologia solo dopo tre semestri; stesso di scorso vale per la Hochschule fur Film und Fernsehen (Scuola di cinema e televisione) di Monaco: pur avendo superato l’esame d’ammissione, la lascia quasi subito. Nel dicembre 1967 pare che porti al Festival del cinema sperimentale di Knokke un film in 8 mm; di sicuro lí conosce il futuro regista gay Rosa von Praunheim con il quale per un certo periodo vive e collabora (insieme firmano il mediometraggio Grotesk, Burlesk, Pittoresk, 1968). L’approccio al cinema del filmmaker appare dunque segnato dalla scena underground tedesca e dal gusto camp di cui sono testimonianza numerosi corti in 8 mm maniacalmente dedicati alla musica. A essi fanno subito seguito i due 16 mm Neurasia, “un film muto con musica>,’ e Argila (1969, con quattro personaggi in situazione d’amore e gelosia proiettati su doppio schermo, che a marzo riscuotono grande successo al festival sperimentale Hamburger Filmschau. Con il suo primo lungometraggio, il collage in nove parti Eika Katappa , vince il premioJoseph von Sternberg al Festival di Mannheim. I successivi film, spesso realizzati duante lunghi soggiorni all’estero (in particolare in Italia), tra cui il notevole Der Tod der Maria Malibran, continuano a essere in 16 mm e sono tutti prodotti dalla ZDF, il secondo canale della televisione tedesca. Il successo internazionale di Nel regno di Napoli (vincitore dei Festival di Taormina e di Chicago) e di Palermo oder Wolfsburg (Orso d’oro alla Berlinale), porta a una piú regolare distribuzione cinematografica le sue opere che, dopo questo
Straordinario talento underground, Werner Schroeter incanta tutta la sua generazione tanto da indurre il giovane Wim Wenders, che da lui mutua il problema del nesso immagine-musica, a scrivere: “i film di Werner Schroeter sono come ci si augura che siano i fiim con Marylin Monroe; come in realtà ci si augura che sia ogni cosa, soprattutto al cinema” (
ll culmine del cinema di Schroeter, sinora insuperato, è rappresentato dal cosiddetto ‘dittico italiano’, dove la ricerca avanguardistica si eleva, grazie ad una maggiore compattezza formale e ad una struttura narrativa più tradizionale e lineare, a indagine d’un sistema sociale collettivo, per giungere cosí a un discorso di piú ampio respiro, non solo più, quindi, metalinguistico. Nel regno di Napoli, con cui debutta nel ruolo d’una rícca lesbica l’attrice napoletana Ida Di Benetto, è un controverso affresco corale che si focalizza sulle vicende di due famiglie proletarie dal dopoguerra agli anni settanta, tra miseria e disoccupazione: esaltato dalla critica straniera, è giudicato, invece, con severità da quella italiana che rimprovera all’autore – senza però intenderne le ragioni artistiche – sia l’immagine mitica della città, troppo legata a stereotipi kitsch, sia l’auto compiacimento estetizzante per la trasgressione e la violenza che attraversano il film. In Palenno oder Wolfsburg – storia d’un immigrato siciliano che recupera la dignità attraverso un omicidio – la descrizione dell’ambiente palermitano è viceversa molto sobria, quasi documentaria, mentre l’enfasi stilistica, gli ‘eccessi’ del mélo si manifestano nella parte in Germania in un crescendo operistico che simboleggia ed evidenzia la reificazione del popolo tedesco, offuscato dal benessere economico e da un serpeggiante, sotterraneo rezzismo. (Giovanni Spagnoletti, Dizionario dei registi del cinema mondiale, Einaudi)
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