Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli è stato un poeta, scrittore e aforista italiano.
Umberto Saba nacque il 9 marzo 1883 a Trieste – allora parte dell’Impero austro-ungarico – da madre ebrea, Felicita Rachele Cohen e da Ugo Edoardo Poli, di nobile famiglia veneziana e agente di commercio. Edoardo si era convertito alla religione ebraica in occasione del matrimonio, avvenuto nel 1882. Tuttavia, quando nacque Umberto, Felicita era già stata abbandonata dal marito, un giovane «gaio e leggero», insofferente dei legami familiari.
In Italia Umberto fu vittima della persecuzione razziale per via della sua origine ebraica, cercò rifugio prima a Parigi, poi a Roma sotto la protezione di Giuseppe Ungaretti ed infine a Firenze, ospite di Montale…
Sullo sfondo di una Trieste fine secolo, il romanzo Ernesto è rievocazione e descrizione di inquietudini e ambigue curiosità adolescenziali con una forte componente autobiografica. Il protagonista, Ernesto, è un ragazzo che vive con la madre (sotto la vigile tutela della zia); studia il violino, legge molto e ha qualche idea vagamente socialista. Fa anche il praticante presso un venditore all’ingrosso di farina. (Wikipedia)
“Saba stesso era consapevole del fatto che la sua poesia era segnata da una serie di elementi ‘isolanti’: la sua origine ‘periferica’, il fatto di essere ebreo e, aggiungerei, la sua omosessualità. Seppe trasformare in forza una tripla «minoranza»: essere di cultura ebraica, d’una città appartata, Trieste, ed essere omosessuale. Parliamo di lui con Mario Lavagetto… «Direi che Saba è un poeta tendenzialmente sincero. Ma nel Canzoniere c’è una cosa che non viene mai detta in modo esplicito: l’omosessualità. Sarà il tema centrale del romanzo Ernesto, che uscirà postumo».
Perché Saba non lo pubblicò? Solo per l’argomento scabroso o anche, come egli affermò, per le difficoltà linguistiche legate all’uso del dialetto triestino?
«Penso soprattutto per la prima ragione. L’esperienza omosessuale lì viene detta in modo molto diretto, per così dire ‘in prima persona’. L’Italia di quegli anni era dominata da un clima omofobo in cui difficilmente a Saba sarebbe stata perdonata una confessione come quella. Quando riceve la laurea honoris causa all’Università di Roma scrive a un amico che, al posto del discorso ufficiale, avrebbe voluto leggere, in quell’illustre consesso accademico, alcune pagine di Ernesto, costringendo i presenti a sentire tutto. Sarebbe stato, per lui, un modo, evidentemente impossibile, di realizzare il proprio bisogno di ‘mettersi in libertà’». (Roberto Carnero, L’Unità 24/8/2007)
Condividi