Saffo in greco Sapf?, Sapphó (Ereso, 640 a.C. circa – Leucade, 570 a.C. circa) è stata una poetessa greca antica vissuta tra il VII e il VI secolo a.C., di famiglia aristocratica, nacque a Mitilene, nell’isola di Lesbo, attorno al 640 a.C. (secondo il lessico bizantino Suda, nel quale si parla di due Saffo, nei lexica 107 e 108) o al 626-623 a.C. (secondo la testimonianza e gli studi di San Girolamo, il quale pone il punto di maggior successo della poetessa, ??µ?, all’epoca della 45ª Olimpiade, 596-593 a.C., e tale punto era solitamente individuato con il culmine della vita e della produzione letteraria, e cioè mediamente intorno ai trenta anni di età) ma trascorse la maggior parte della propria vita a Mitilene, la città più importante dell’isola.
Non si conoscono né la data della sua morte (anche se da un suo componimento si può desumere che abbia raggiunto la tarda età), né le circostanze in cui avvenne. Dato leggendario, ripreso dagli antichi commediografi, è che si sia gettata da un faro sull’isola di Lefkada, vicino alla spiaggia di Porto Katsiki, per l’amore non corrisposto verso il giovane battelliere Faone, che è invece in realtà personaggio mitologico. Tale versione è ripresa anche da Ovidio, Heroides, XV; e da Giacomo Leopardi (Ultimo canto di Saffo).
Saffo era originaria di Mitilene, città dell’isola di Lesbo nell’Egeo; le notizie riguardo alla sua vita ci sono state tramandate grazie al Marmor Parium, al lessico Suda, all’antologista Stobeo, a vari riferimenti di autori latini (come Cicerone e Ovidio), e alla tradizione dei grammatici. Di famiglia aristocratica, per motivi politici da bambina[senza fonte] seguì la famiglia in esilio in Sicilia, probabilmente a Siracusa o ad Akragas, per una decina d’anni, a causa delle lotte politiche tra i vari tiranni che vi erano allora a Lesbo (ricordiamo tra i tanti Mirsilo, Pittaco e Melancro) ma poi ritornò a Mitilene dove curò l’educazione di gruppi di giovani fanciulle, incentrata sui valori che la società aristocratica richiedeva a una donna: l’amore, la delicatezza, la grazia, la capacità di sedurre, il canto, l’eleganza raffinata dell’atteggiamento. Nel quadro dell’eros omosessuale dell’epoca, diverso da quello delle epoche successive e dettato da un preciso contesto culturale, scrisse liriche che alludono a rapporti di tipo omosessuale con le sue giovani studenti (dedicò a una di loro la poesia “A me pare uguale agli dei”). Non è affermabile né respingibile con sicurezza che i rapporti cui la poetessa allude fossero reali e non semplicemente autoschediastici, interpretazioni autoricavate dal contesto.
Ebbe tre fratelli, Larico, coppiere nel pritaneo di Mitilene, Erigio, di cui si conosce solo il nome, e Carasso, un mercante, che, durante una missione in Egitto, pare, dalle poesie di Saffo, si fosse innamorato di una cortigiana, Dorica, rovinando economicamente la sua famiglia. In alcuni versi Saffo prega affinché sia garantito un ritorno sicuro al fratello per poter essere riammesso in famiglia e lancia una maledizione alla giovane donna. Secondo leggende legate ad alcuni versi del poeta lirico Alceo, ancora una volta per autoschediasmo questi fu ritenuto il suo amante; ma gli stessi poeti antichi smentirono questa ipotesi, ritenendo che i versi in questione erano da interpretare come un’idealizzazione non autobiografica. Da riconoscere è però che Alceo conobbe la poetessa, prima che questa fuggisse a causa delle guerre dei tiranni, e la ritrae, in uno dei suoi componimenti, come una donna bella e piena di grazia, dal fascino raffinato, dolce e sublime, sfatando così le leggende che aleggiavano intorno alla sua non avvenenza fisica, tanto da portarla a togliersi la vita per amore, non corrisposto, nei confronti del giovane Faone.
La Suda dice che Saffo sposò un certo Cercila di Andros, nota probabilmente falsa e tratta dai commediografi, dal marito ebbe comunque una figlia di nome Cleide a cui dedicò alcuni splendidi e teneri versi.
Alcuni versi proverebbero che la poetessa raggiunse un’età avanzata ma il dato non giunge a sicurezza poiché era usanza comune tra i poeti lirici di utilizzare la prima persona in modo convenzionale.
Gli antichi furono concordi nell’ammirare la sua maestria. Solone, suo contemporaneo, dopo aver ascoltato in vecchiaia un carme della poetessa, disse che a quel punto desiderava due sole cose: impararlo a memoria e morire. Strabone, a distanza di secoli, la definì :”un essere meraviglioso”.
Il poeta Anacreonte, vissuto una generazione dopo Saffo (metà del VI secolo a.C.), accreditò la tesi che la poetessa nutrisse per le fanciulle che educava alla musica, alla danza e alla poesia un amore omosessuale: tale pratica non è incredibile né immorale peraltro in un contesto storico e sociale in cui vigevano una stretta separazione dei sessi e la visione della donna quasi unicamente come fattrice di figli e signora del governo domestico; inoltre, per gli antichi Greci l’erotismo – che si teneva strettamente lontano dalla pedofilia tutelando i bambini d’ambo i sessi che non avessero compiuto una certa età e da figure estranee – si faceva canale di trasmissione di formazione culturale e morale nel contesto di un gruppo ristretto, dedicato all’istruzione e alla educazione delle giovani, qual era il tiaso femminile. Inoltre, non necessariamente la donna Saffo doveva essere ‘innamorata’ delle destinatarie delle liriche della poetessa Saffo che avevano quale ‘io lirico’ il personaggio Saffo: esse potevano essere la riproposizione a fini educativi di una gamma di situazioni affettive, sentimentali, relazionali, erotiche.
Nel corso dei secoli scrittori e uomini di cultura, cui sfuggiva come peraltro in gran parte oggi la diversa natura dell’amore omosessuale nella cultura greca antica rispetto alle epoche successive, con il fine di non snaturare la grandezza poetica di Saffo con ipotesi scandalose ai loro occhi, intesero piuttosto che tale amore fosse solo affetto puro esasperato fino all’iperbole (figura retorica) per fini poetici. Alla luce di un’evoluzione delle conoscenze in proposito, si indicano tali amori omosessuali vissuti nel contesto formativo come normale percorso educativo che le adolescenti intraprendevano quando facevano parte del tiaso (ricordiamo i nomi di alcune allieve di Saffo: Archianassa, Arignota, Attis, Dica, Eirana, Girinno, Megara, Tenesippa e Mica). Il tiaso di Lesbo aveva come maestra proprio Saffo e alla luce di una formazione culturale completa (artistica, musicale e sociale) in Grecia era contemplata di norma anche l’iniziazione all’amore e al rapporto sessuale mediante il rapporto omosessuale. Il ruolo di Saffo in proposito, quale evinto (con possibile autoschediasmo) dalle sue liriche, frainteso ed estrapolato dal contesto storico-culturale, ha dato origine ai termini “lesbico” e “saffico”, che designano l’omosessualità femminile. (Wikipedia)
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