Attrice e cantante tedesca, Marlene Dietrich (Marie Magdalene “Marlene” Dietrich) è stata una delle più grandi dive del cinema di tutti i tempi, inconfondibile per la sua ambigua bellezza, la sensualità della sua voce ed il talento nella recitazione. Ernest Hemingway, suo caro amico, disse di lei: “Già con la sua sola voce potrebbe spezzarti il cuore. Ma ha anche un corpo stupendo e il volto di una bellezza senza tempo”. E, in effetti, la sua voce, che pure non era dotata di una vasta scala di toni, ha contribuito non poco a creare il suo personaggio, già dall’uscita del suo primo film sonoro:’L’angelo azzurro’ (1930), che l’ha imposta improvvisamente al pubblico internazionale. Dobbiamo aggiungere che aveva un’eccezionale forza di volontà, una grande capacità di adattarsi ai cambiamenti nei gusti del pubblico e soprattutto sapeva ridere di se stessa.
Sebbene non si sia mai pubblicamente dichiarata lesbica e non abbia mai parlato di diritti degli omosessuali, Marlene Dietrich ha avuto, insieme alla Garbo, una grande influenza sul mondo lesbico e gay, anche a causa dell’ambiguità sessuale dei suoi personaggi, capaci di attrarre sia uomini che donne con il loro sex appeal androgino. In Marocco (1930) per la prima volta nella storia del cinema, il suo personaggio bacia un’altra donna; in molti suoi film la vediamo spesso indossare abiti maschili, uniformi militari e anche biancheria intima da uomo.
Anche fuori dallo schermo la Dietrich era fedele al suo personaggio, con un suo stile di vita non convenzionale. Di fronte alle tante voci sulla sua promiscuità sessuale e sulla sua bisessualità, non fece nulla per scrollarsi di dosso questa fama e anzi l’alimentò volutamente, come quando durante una cena, dopo aver sorpreso i suoi commensali con un lungo resoconto sui suoi flirt avuti in Europa, concludeva sorridendo: ”E questo solo per citare gli uomini.”.
Bisessuale o no, in una società ancora fortemente maschilista, la Dietrich ha rappresentato sia sullo schermo, che nella vita privata, l’esempio di una donna non più schiava degli uomini e delle convenzioni sociali, che vestiva come voleva, agiva come voleva e amava chi voleva.
I PRIMI ANNI
Marie Magdalene Dietrich von Losch era nata a Schöneberg (Berlino) il 27 dicembre 1901, figlia minore di Louis Erich Otto Dietrich (1868-1909) un tenente della polizia prussiana e di Wilhelmina Elisabeth Josefine Felsing (1876-1945) figlia di un noto orologiaio berlinese. La Dietrich, che da piccola era soprannominata Leni, insieme alla sorella maggiore Ottilie Elisabeth, com’era d’uso a quei tempi nella buona borghesia tedesca, ricevette una severa educazione e ancora prima di frequentare la scuola, aveva già imparato dalla madre a leggere, scrivere e cucire. Inoltre seguiva lezioni private di inglese e francese e poiché aveva propensione per la musica, studiava anche pianoforte e violino. Già da piccola Leni aveva un carattere piuttosto selvaggio ed era perciò considerata il’maschiaccio’ di famiglia.
Alla morte del padre, nel 1908, per complicazioni seguite alla sifilide (egli aveva frequenti relazioni extra-coniugali), la famiglia si ritrovò in serie difficoltà economiche.
Nell’agosto 1914 la madre si risposò con un militare di carriera di origini nobili, Eduard von Losch (1875-1916), spesso impegnato in manovre militari. Marlene dirà in seguito di non avere in pratica mai avuto un padre.
Durante la prima guerra mondiale, madre e figlie si trasferirono per ragioni di sicurezza a Dessau.
Nel luglio del 1916 anche Eduard von Losch muore in seguito ad una grave ferita di guerra. In quel periodo Marie Magdalene, che già a scuola si faceva chiamare Marlene, era iscritta in un liceo di Dessau e iniziava ad avere i suoi primi innamoramenti. A causa della guerra però, visse parte della sua giovinezza in un mondo di sole donne, essendo quasi tutti gli uomini validi al fronte.
Sul finire della guerra madre e figlie tornarono a Berlino, dove le ragazze continuarono gli studi. In una famosa foto di quel periodo vediamo Marlene che in una rappresentazione scolastica suona il violino in abiti maschili (con i pantaloni da equitazione della madre). Dopo il diploma Marlene continua gli studi per diventare violinista e sua madre per questo decide di mandarla a studiare a Weimar all’Accademia Musicale.
Contrariamente alle aspettative della severa madre, Marlene poté assaporare a Weimar il gusto dell’indipendenza dalla famiglia, grazie ai suoi nuovi amici, molti dei quali artisti, con i quali frequentava i numerosi eventi culturali che la cittadina offriva. Oltre alle lezioni in Accademia, Marlene seguiva anche lezioni private con il celebre concertista Dr. Robert Reitz col quale, sembra, lei perse a 16 anni la verginità su di uno scomodo divano.
Nell’autunno del 1921 Marlene tornò a Berlino. L’inflazione aveva eroso il patrimonio di famiglia, ma lei poté comunque continuare a studiare musica. Non essendo però stata ammessa all’Accademia musicale, studiava violino privatamente (anche otto ore al giorno). Iniziò anche a guadagnarsi da vivere e fu l’unica donna musicista ad essere ammessa nell’orchestra degli Studi Cinematografici UFA. Una grave tendinite alla mano destra mise però fine alla sua carriera di violinista. Dopo un periodo di forzata inattività Marlene, con grande disappunto di sua madre prese la decisione di fare l’attrice. Per non compromettere il nome di famiglia ora si faceva chiamare Marlene Dietrich riprendendo il cognome del padre.
Fece cosi un’audizione alla Scuola drammatica del grande attore e regista Max Reinhardt, allora Direttore del Deutsches Theater, ma a causa della sua inesperienza fu ammessa solo due anni più tardi. Marlene non si perse d’animo e dal 1922 si diede da fare alternando la recitazione in piccole parti drammatiche (tra l’altro nel’Vaso di pandora’ di Wedekind,’La bisbetica domata’ e ‘Sogno di una notte di mezza estate’ di Shakespeare ecc.), a ruoli molto meno impegnati come corista e ballerina di fila in compagnie di riviste musicali.
Il suo debutto cinematografico avvenne nel 1923 con una piccola parte nel film “So sind die Männer”(The Little Napoleon) di Georg Jacoby, seguito da un ruolo più consistente in ‘Tragödie der Liebe’ (Tragedia d’amore) di Joe May, dove la vediamo piuttosto formosa, quindi in ‘Der Mensch Am Wege’(1923) di William Dieterle e ‘Der Sprung Ins Leben’(1924) di Johannes Guter; qui è già più snella, ed è contesa da due uomini, una situazione ricorrente in molti suoi film. Sul set di ‘Tragödie der Liebe’conosce Rudolf Sieber (1897-1976), direttore del casting e assistente alla regia, che con la sua eleganza conquistò Marlene a prima vista. I due si sposarono nel 1924. Nello stesso anno nacque la loro unica figlia, Maria Elisabeth, conosciuta poi da attrice come Maria Riva. I consigli del marito furono molto utili a Marlene agli inizi della sua carriera cinematografica. Anche se la Dietrich non divorziò mai da Rudolf Sieber, il loro matrimonio durò pochi anni. Secondo la figlia Maria, i suoi genitori già dalla sua nascita erano solo amici. I due rimasero sempre in buoni rapporti e Sieber fu collaboratore della moglie ancora per molti anni.
Maria Riva, che diventerà attrice televisiva, ha scritto e detto molto su sua madre, descrivendola come egocentrica, schizofrenica e incapace di provare sentimenti umani, oltre ad essere negli ultimi tempi un’alcolizzata. Quando la Dietrich partirà nel 1930 per Hollywood, Maria la raggiunse nel 1931 e in seguito la seguì nei suoi spostamenti a Parigi e in Austria fin quando, alla fine degli anni ’30 non venne mandata a studiare in un collegio svizzero. Quando nel 1948 nacque Peter, figlio di Maria Riva, la Dietrich fu definita ‘la più affascinante nonna del mondo’.
Dopo una pausa dovuta alla nascita della figlia, la Dietrich riprese il suo lavoro nel cinema e sul palcoscenico. Nel 1926, era di nuovo sullo schermo con ‘Der Juxbaron’(1926) di Willi Wolff, uno dei suoi primi ruoli da co-protagonista, quindi ‘Manon Lescaut’(1926) di Arthur Robison e due film diretti da Alexander Korda, col quale avrebbe lavorato ancora dieci anni più tardi: ‘Eine Dubarry Von Heute’(1927) e ‘Madame Wuenscht Keine Kinder’. Sempre nel 1927 era a Vienna per le riprese di ‘Café Elektric’ (1927) di Gustav Ucicky , in cui ebbe un ruolo da protagonista al fianco del viennese Willi Forst, un idolo delle donne, con cui ebbe una relazione. In ‘Prinzessin Olala’(1928) la Dietrich è una seduttrice che tradisce l’amore di un uomo anziano, altro tema ricorrente nei suoi film successivi. Nel 1929 in ‘Gefahren Der Brautzeit’ di Fred Sauer la Dietrich ha già ritoccato la propria immagine adeguandosi alle esigenze di una diva del cinema.
Pur essendo apparsa in ben 17 film muti, i ruoli offerti a Marlene negli anni venti erano per lo più mediocri: signorine civette ed eleganti con una predisposizione per il demi-monde, che cercavano di fare buoni matrimoni con uomini belli e ricchi, oppure che venivano tragicamente uccise, espiando cosi i loro peccati. Nella Berlino e nella Vienna degli anni ’20 Marlene Dietrich era più conosciuta come cantante di cabaret in popolari riviste musicali (come “Broadway” di Willi Forst e di “Es liegt in der luft” di Marcellus Schiffer ). Nei cabaret dove lei lavorava non era insolito che si ritrovassero e recitassero uomini travestiti da donne e donne vestite come uomini. Lei già allora era nota per il suo spirito tagliente, la sua sensualità, ed il suo abbigliamento (spesso indossava cappello a cilindro, cravatta e vestito con le code fatto dal sarto di suo marito).
Nel 1929 arrivò la sua prima interpretazione cinematografica da protagonista in Enigma (Die Frau, nach der man sich sehnt, 1929) di Curtis Bernhardt. In La nave degli uomini perduti (Das Schiff der verlorenen Menschen, 1929) un colossal UFA, la Dietrich interpreta un’aviatrice salvata da una nave piena di uomini.
Nell’ottobre del 1929 la Dietrich viene notata da Josef von Sternberg (1894–1969), regista ebreo austriaco attivo a Hollywood, che la invitò ad un provino per il suo nuovo film ‘L’angelo azzurro’(1930), primo lungometraggio tedesco sonoro, girato negli studi della UFA a Babelberg (Berlino). Contro il parere dei produttori von Sternberg insistette per dare a lei la parte.
L’ANGELO AZZURRO (‘The Blue Angel’,1930, 90 min., Germania, Josef von Sternberg)
In questo film tratto da un romanzo di Heinrich Mann, la Dietrich interpreta il celebre ruolo di Lola Frohlich, una cantante di cabaret senza scrupoli, il cui fascino porta alla rovina un anziano professore interpretato da Emil Jannings. L’attore svizzero Jannings (premio oscar nel 27), era allora molto famoso, ma Marlene Dietrich gli rubò la scena, attirando su di se tutta l’attenzione del pubblico. Indimenticabile la scena in cui la Dietrich canta canzone “Ich bin von Kopf bis Fuß auf Liebe eingestellt” (Da capo a piedi sono orientata all’amore) a cavalcioni di una sedia, vestita in frac, cappello a cilindro e calze a rete.
Il film fu girato contemporaneamente in tedesco e in inglese. Quando Josef von Sternberg ne inviò alla Paramount, una versione ancora non definitiva, ottenne per la Dietrich il contratto per il film successivo “Marocco”. La prima berlinese de ‘L’angelo azzurro’, l’1 aprile del 1930, fu un grande successo, ma l’attrice era già in partenza sul transatlantico che la porterà a Hollywood. Lasciava in Germania la figlia, che tornò a prendere l’anno successivo.
La Paramount, in quel periodo era alla ricerca di un’attrice da contrapporre alla divina Greta Garbo, star della concorrente MGM, perciò preparò per la Dietrich una pubblicità senza precedenti.
L’angelo azzurro’(1930) e il film successivo Marocco (1930) uscirono a New York quasi contemporaneamente, e nel giro di poche settimane la Dietrich era diventata una stella. La Paramount firmò un contratto più a lungo termine, in cui l’attrice riuscì ad inserire la clausola di poter scegliere il regista dei suoi film.
Marlene Dietrich e von Sternberg diventarono una delle più fortunate coppie regista-attore della storia del cinema. I due furono anche amanti (nel 1932 la Dietrich verrà denunciata dalla moglie di Sternberg per ‘alienazione di affetto’ e diffamazione). Lavorarono assieme in sette film: L’angelo azzurro (1930), Marocco (1930), Disonorata (1931), Shanghai Express (1932), Venere bionda (1932), L’imperatrice Caterina (1934) e Capriccio spagnolo (1935), film considerati universalmente dei classici, sebbene non sempre siano stati premiati al botteghino.
E’ opinione comune che vada a von Sternberg il merito di aver creato ed imposto sulla scena internazionale il personaggio della diva Marlene Dietrich, grazie alla sua indiscussa padronanza degli elementi cinematografici e con l’aiuto di collaboratori di eccezione come il sarto Travis Banton ed il fotografo e operatore Lee Garmes. Von Sternberg riusciva nei sui film a fare apparire la Dietrich splendida, mascherandone le piccole imperfezioni con tutta una serie di accorgimenti. Mise a punto un sistema d’illuminazione molto complesso, creando aureole di luce sulle punte dei capelli, scavando le sue guance con le ombre, ingrandendole gli occhi col trucco. Il tutto associato a stupendi costumi e all’interno di scenografie fantasiose che richiamavano il manierismo barocco e l’espressionismo.
Le prove erano lunghissime, ma la Dietrich sopportava tutto con la sua leggendaria ferrea disciplina e anzi spesso lei consapevolmente contribuiva ad ottenere questi effetti, controllando sempre che la sua interpretazione fosse perfetta, tramite uno specchio semovente.
Sternberg decideva come lei doveva truccarsi e pettinarsi, la mise a dieta e la convinse anche a levarsi dei molari per rendere il viso più affilato. La Dietrich lasciò che Sternberg la modellasse e tra l’attrice ed il regista si creò uno stretto e ambiguo rapporto. Sternerg, scrisse nelle sue memorie: “Io sono Marlene – Marlene è me”. E a volte in effetti, sembrava quasi che i due ruoli si scambiassero.
Sarebbe comunque inesatto affermare che la Diva Dietrich fosse stata creata dal nulla dal regista. Nel 1930 l’immagine pubblica della Dietrich era già formata grazie ai lungi anni della gavetta Berlinese. Con Sternberg il suo personaggio subì piuttosto un’evoluzione: da sfrontata cantante di cabaret a diva.
Nei film di Sternberg, non importa quale fosse la trama, la Dietrich aveva quasi sempre il ruolo di una donna con un passato e quindi esperta della vita, fatale, trasgressiva, con una forte e ambigua sensualità utile a farle raggiungere ciò che vuole, che entra in mondi in cui è inizialmente straniera, luoghi esotici, soprattutto per il pubblico americano, come la Germania di ‘Venere bionda’, l’Austria di ‘Disonorata’, la Corte dello Zar ne’‘l’Imperatrice Caterina’, la Spagna di ‘Capriccio Spagnolo’, la Cina di ‘Shanghai Express’ ed il deserto di ‘Marocco’.
Chi non apprezza il lavoro di Von Sternberg può trovare i ruoli della Dietrich troppo pretenziosi, con lei sempre al centro della scena fino alla nausea, la sua posa misteriosa troppo studiata, il trucco troppo artificiale, ogni suo gesto e parola troppo studiati. A questo proposito il famoso produttore di MGM David Selznick nel 1931 osservò “i film di Sternberg trattano di false persone in situazioni completamente false. Egli ha costretto il pubblico a ingoiare cose che la loro intelligenza normalmente respinge, con una serie di trucchi brillanti “. Noi spettatori meno esigenti potremmo controbattere che è proprio questo che ci piace nel cinema…
L’eccesso decorativo dei film di von Sternberg è stato da più parti associato ad un’ironia e sensibilità estetica tipicamente omosessuale e Camp, Sternberg stesso è stato identificato come uno degli ultimi dandies decadenti alla Oscar Wilde.
La Dietrich nei film di von Sternberg è stata quasi sempre doppiata in italiano dalla grande doppiatrice Tina Lattanzi (pseudonimo di Annunziata Costantini 1897–1997), che, con la sua particolare intonazione della voce, riusciva ad accentuare ulteriormente la ‘favolosità’ della diva.
MAROCCO (‘Morocco’, 1930, 92 min, USA, Josef von Sternberg). La Dietrich fece il suo debutto americano con Marocco nella parte di una cantante di cabaret che si innamora di un soldato semplice della Legione Straniera (Gary Cooper) e nel celebre finale lo segue di corsa nel deserto, togliendosi le scarpe coi tacchi (quando i personaggi della Dietrich si innamorano, non possono esserci ostacoli alla loro passione), preferendolo ad un gentiluomo ricco ma più anziano.
Di Marocco restò famosa la scena in cui la Dietrich, vestita da uomo con cappello a cilindro e smoking, dopo aver cantato una canzone, prende un fiore dal capo di una donna del pubblico e ringraziandola la bacia sulle labbra: il primo bacio lesbico della storia del cinema. Vito Russo nel suo “Lo schermo velato” ci mette però in guardia sul fatto che questa scena aveva il solo scopo di eccitare le fantasie del pubblico eterosessuale maschile. Russo ha certamente ragione, ma ciò non toglie che tale scena abbia colpito la fantasia di tutti, dandoci un’immagine della Dietrich che non si discostava poi molto da quella privata. Ad un certo punto in Marocco, anche Gary Cooper si mette in testa un cappello a cilindro, ma cosi è solo ridicolo, come quasi tutti gli uomini nei film di Sternberg. Essi ci appaiono quasi desessualizzati, meno forti e virili del personaggio interpretato dalla Dietrich.
Marocco valse alla Dietrich l’unica sua nomination all’Oscar come migliore attrice.
DISONORATA (‘Dishonored’, 1931, 91 min, USA, Josef von Sternberg).
In questa versione romanzata della famosa spia Mata Hari, la Dietrich interpreta il ruolo di una prostituta viennese che durante la prima guerra mondiale accetta di servire la patria diventando una spia. Poi però, dopo aver fatto catturare un ufficiale russo, se ne innamora e lo lascia fuggire, venendo per questo condannata a morte. Nella scena finale la Dietrich affronta l’esecuzione vestita con i suoi vecchi abiti da prostituta e dopo essersi passata il rossetto e aggiustate le calze, asciuga le lacrime al commosso comandante del plotone usando la benda che dovrebbe ricoprirle gli occhi. Nel film la Dietrich ha l’occasione di sfoggiare una serie di improbabili vestiti tra cui un vistoso abito in pelle da dominatrice. La spia ha uno stupendo gatto nero col quale ha in comune bellezza e carattere.
SHANGHAI EXPRESS (1932, 80 min., USA, Josef von Sternberg)
In una Cina sconvolta dalla guerra civile, nella lussuosa prima classe del treno Pechino-Shanghai, prendono posto vari viaggiatori tra cui due prostitute d’alto bordo, Hui Fei (Anna May Wong) e Shanghai Lily (Marlene Dietrich). Un ufficiale inglese Donald Harvey (Clive Brook) riconosce in Lily la donna che aveva tanto amato anni prima. Quando lui le chiede se si è sposata, lei risponde con la famosa battuta:’un solo uomo non sarebbe bastato a farmi diventare Shanghai Lily’. I ribelli assalgono il treno e Shanghai Lily salva la vita del suo ex amante concedendo i suoi favori al capo dei rivoltosi, Chang. In seguito Hui Fei, anche lei una spia, uccide Chang, permettendo a Harvey e Lily di coronare il loro amore.
A un certo punto Shanghai Lily indossa il berretto militare del suo amato come segno del suo potere. Il rapporto tra le due prostitute è piuttosto ambiguo ed è legittimo chiedersi se esse non abbiano tra di loro un legame sentimentale. Pare poi che anche fuori dal set la Dietrich abbia subito il fascino della bella attrice asiatica.
Shanghai Express, fu il maggior successo americano della coppia Dietrich-von Sternberg.
In VENERE BIONDA (‘Blonde Venus, 1932, 97 min.,Josef von Sternberg) la Dietrich, qui veramente splendida, è una cantante che incontra un chimico americano in viaggio in Germania. Si innamorano, si sposano e lei lo segue in America. Quando però lui si ammala, contagiato dalle radiazioni alle quali si era esposto, lei torna a lavorare nei night club per potergli pagare le cure, destando così le attenzioni di un ricco playboy, Cary Grant al suo primo ruolo da protagonista. Anche qui la Dietrich ha modo di girare alcune scene cult, come quella del bagno nuda nel laghetto di montagna, o quelle del night quando canta vestita con uno smoking bianco (‘ I Could not Be Annoyed’), o vestita da gorilla ( ‘Hot Voodoo’).
IL CANTICO DEI CANTICI (The Song of Songs, 1933, 90 min,USA, Rouben Mamoulian)
Nel 1933 Sternberg si rifiutò di dirigerla in questo film, suggerendole il regista Rouben Mamoulian, che riprese lo stile di von Sternberg, svilendolo però a feuilletton. La Dietrich interpreta una bellissima contadina tedesca dell’ottocento, che sposa un ricco e rozzo conte pur essendo innamorata di un affascinante ma povero scultore, che l’ha scolpita nuda,.
Nel 1933 il contratto con la Paramount stava scadendo e la Dietrich pensava di non rinnovarlo e di tornare per un po’ in Germania. Ma l’avvento del Nazismo cambiò le cose. Lei invece di tornare a Berlino, rinnovò il contratto con la condizione che Sternberg continuasse ad essere il suo regista e decise di fare un viaggio in Francia (Parigi e Cap d’Antibes) e in Austria.
L’anno dopo torna a recitare per von Sternberg in
L’IMPERATRICE CATERINA (The Scarlet Empress, 1934, 104 min, Josef von Sternberg)
In questa originalissima e visivamente affascinante biografia romanzata di Caterina di Russia, la Dietrich interpreta il ruolo della giovane e innocente principessa tedesca, Sofia, data in sposa all’erede al trono degli zar, malato di mente. Caterina reagisce all’ambiente ostile, trasformandosi in una cinica donna di Stato, fa strangolare il marito e sale al trono col nome di Caterina II zarina di tutte le Russie. Nelle scene in cui Caterina è ancora una bambina, il ruolo è interpretato da sua figlia Maria, al suo debutto sullo schermo. Il film fu purtroppo un disastro finanziario.
Il settimo e ultimo film del sodalizio Dietrich/von Sternberg fu
CAPRICCIO SPAGNOLO (The Devil Is a Woman, 1935, 76 min USA, Josef von Sternberg)
In questo sontuoso dramma romantico ambientato in un villaggio spagnolo del diciannovesimo secolo, la Dietrich è una venditrice di sigari che fa perdutamente innamorare di se due uomini, che per lei si sfidano a duello: il giovane e virile Antonio e il suo vecchio schiavo/amante Pasqualito (dall’inquietante somiglianza con von Sternberg). A sorpresa lei sceglierà il perdente. Anche questo film fu un flop al box office.
Durante le riprese di Capriccio spagnolo il rapporto con Sternberg era molto teso. I due dopo sei anni e sette film insieme, si separarono. La rottura definitiva avvenne soprattutto per volontà di lui, che stressato, dopo il film decise di andarsene in vacanza per un po’ in giro per il mondo.
Anche la carriera di Marlene sembrò a quel punto finita. Nella vita privata era rimasta sola, il marito Rudi Sieber era restato in Europa (a Parigi dove dal 1932 viveva con la sua nuova compagna Tamara Matul ) e la figlia Maria, che fino ad allora era stata sempre con lei, seguita da istitutori privati, ora non era più una bambina e viveva sempre più spesso in collegio in Europa.
In quegli anni Marlene ebbe altri amanti oltre Sternberg, ma la storia che forse più incise negativamente sul loro legame fu quella con lo scrittore Erich Maria Remarque, l’autore di ‘Niente di nuovo sul fronte occidentale’ incontrato a Venezia. La loro relazione durò tre anni, anche se il loro fu un rapporto per li più a distanza (lei era prevalentemente in America, lui viveva sul lago Maggiore). Sembra che quando Remarque una notte le confessò di essere impotente, lei abbia commentato soddisfatta: “Ah, che meraviglia”.
DOPO VON STERNBERG
I film girati da Sternberg sono universalmente riconosciuti come il punto più alto della carriera della Dietrich. Ma anche se il suo stipendio nella prima metà degli anni ’30 era enorme (nel 1934 la Dietrich arrivò a guadagnare 350.000 dollari l’anno, una cifra allora astronomica), ormai la sua immagine come diva non era più in linea con le aspettative del pubblico. La Paramount decise cosi non solo di separare la sua stella dal regista, ma cercò anche di modificare la sua immagine, facendole abbandonare i ruoli melodrammatici.
Marlene Dietrich ampliò cosi la gamma dei suoi personaggi cimentandosi nella commedia brillante, rendendo più umana la sua immagine senza rinunciare alla sua sensualità dirompente.
Fu il regista berlinese Ernst Lubitsch, allora a capo della produzione Paramount, a capire le nuove potenzialità dell’attrice, prima come produttore di ‘Desiderio’, che per altri impegni dovette far girare a Frank Borzage e poi come regista di ‘Angelo’. Lubitsch riportò Marlene sulla terra senza più mascheramenti esotici e pose statuarie e la inserì tra le signore dei suoi salotti buoni, aggiungendo al suo potere di seduzione un fine umorismo.
DESIDERIO (Desire, 1936, 95 min, USA, Frank Borzage)
Commedia romantica in cui la Dietrich fa la parte di una ladra di gioielli, che con il suo fascino riesce a raggirare un ingenuo ingegnere automobilistico ( Gary Cooper, che ritrova dopo “Marocco”), con il quale finirà per convolare a nozze.
ANGELO (Angel, 1937, 91 min, USA, Ernst Lubitsch)
In questa raffinata commedia la Dietrich è l’annoiata moglie di un nobile inglese, che delusa dalla vita coniugale accetta la corte di uno sconosciuto incontrato casualmente a Parigi. Alla fine però decide di restare con il marito.
In altri film di quel periodo la Dietrich tornava a ruoli a lei più abituali.
In IL GIARDINO DI ALLAH (The Garden of Allah, 1936, 80 min, USA, Richard Boleslawski)
Marlene e Charles Boyer trovano il vero amore dopo 79 minuti di preliminari. Ambientato nel deserto algerino ricreato in Arizona, dove la protagonista, una cantante, si reca per ritrovare se stessa. Qui incontra un monaco trappista fuggito dal suo monastero, se ne innamora e lo sposa, ma la nostalgia del passato è per lui troppo forte.
LA CONTESSA ALESSANDRA (Knight Without Armour, 1937, 108 min, GB, di Jacques Feyder). Produzione sontuosa e atmosfera romantica in cui la Dietrich torna bellissima e sensuale come ai tempi di von Sternberg, nel ruolo di una nobile russa travolta dagli eventi della Rivoluzione del 1917, che si innamora di un giornalista inglese infiltrato tra i bolscevichi.
Il film ‘I LOVE A SOLDIER’(1936) di Henry Hathaway rifacimento del film muto “Hotel Imperial’ non fu mai terminato per i continui litigi tra l’attrice e il regista.
Il 30 maggio 1937, nel mezzo delle riprese di ‘Angelo’, un articolo a tutta pagina su di un giornale di cinema affermava che Marlene Dietrich, insieme a Joan Crawford, Greta Garbo e Bette Davis, era giudicata dai proprietari di cinema americani “veleno per il botteghino”.
“Angelo” non ottiene successo di pubblico e in seguito altri progetti non andarono in porto. Per oltre due anni lei non comparirà in nessun film. La Paramount decise di sciogliere contratto con lei. La sua carriera a Hollywood sembrava nuovamente essere finita.
La Dietrich allora delusa decise di passare una lunga vacanza in Francia, con l’attore Douglas Fairbanks Jr. Iniziò cosi a trascorrere periodi sempre più lunghi in Europa, soprattutto a Parigi e in Costa Azzurra. Doveva però sempre tornare in America, perché nel 1937 aveva fatto domanda per ottenere la cittadinanza americana e un requisito per il suo ottenimento era che la sua residenza principale fosse negli Stati Uniti. La cittadinanza USA le venne poi concessa nel giugno del 1939.
In Francia la Dietrich conduceva una brillante vita mondana. Inoltre poté ricongiungersi con la sua famiglia allargata: sua figlia Maria ora tredicenne e il marito Rudi con la sua compagna. Al gruppo occasionalmente si aggiungeva l’amante di turno della Dietrich (Erich Maria Remarque, l’ereditiera americana Jo Carstairs, Joseph P. Kennedy e via dicendo).
Nel 1938 la Dietrich firmò un contratto a Parigi per un film che però non si è mai fatto, poi era naufragato un nuovo progetto con Sternberg a Londra per via dei pericoli della guerra. Nel luglio del 1938, mentre era in Francia, ricevette una chiamata dal famoso produttore cinematografico Joe Pasternak (ebreo ungherese, che aveva lavorato in Germania e poi era emigrato a Hollywood), che le offriva un contratto alla Universal Studio. Il 22 agosto 1939, una settimana dopo che la Germania aveva invaso la Polonia, Marlene Dietrich fece ritorno a New York.
Joe Pasternak avviò per Marlene Dietrich tre progetti, i film Partita d’azzardo’, ‘La taverna dei sette peccati’, e ‘L’ammaliatrice’, che contribuirono a rilanciarla creando per lei un pubblico più vasto. La Dietrich accettò una parte a fianco di James Stewart in ‘Partita d’azzardo’ per meno di 50.000 dollari, il venti per cento di quello che aveva guadagnato appena due anni prima, ma ancora una volta tornava al successo, adattandosi ai gusti del pubblico in un genere per lei completamente nuovo.
Il compositore Friedrich Hollaender, che già aveva scritto le canzoni de ‘L’angelo azzurro’, compose per lei nuovi successi come “The Boys in the Back Room” in Partita d’azzardo’ e “I’ve Been in Love Before” e “The Man’s in the Navy” in ‘La taverna dei sette peccati’.
PARTITA D’AZZARDO (Destry Rides Again, 1939, 90 min, George Marshall)
Commedia comica western, in cui Marlene veste i panni dell’irascibile Frency, una cantante di saloon, che si innamora del timido e goffo vice-sceriffo Destry (James Stewart). Nel suo locale è lei che impugna la pistola, il sacro simbolo fallico dei film western, mentre gli uomini si nascondono. Il film è ambientato in una cittadina dove spadroneggiano un baro e la sua banda, ma dovranno fare i conti con Destry e Frency che guideranno la popolazione alla riscossa. La scena clou del film è una furibonda scazzottata tra Frency ed una donna gelosa di lei.
LA TAVERNA DEI SETTE PECCATI (Seven Sinners, 1940, 87 min, USA, Tay Garnett)
Un’altra commedia in cui la Dietrich interpreta la parte di Bijou Blanche, la bollente cantante di un cabaret sull’isola di Boni-Kamba, dove è arrivata dopo essere stata espulsa per condotta scandalosa da tutte le isole vicine. Qui si innamora di lei un rispettabile ufficiale di marina, un giovanissimo John Wayne. Ponendosi al centro di un’epica zuffa tra marinai, Marlene ci delizia con una delle più epiche scazzottate della storia del cinema. Ancora una volta canta indossando abiti maschili: un’uniforme da marinaio, identica a quella che indossa John Wayne, con la quale pare voglia dire al suo pubblico di giovani marinai: io sono uno di voi ragazzi.
L’AMMALIATRICE (The Flame of New Orleans, 1941, 78 min, USA, René Clair)
La Dietrich qui interpreta il ruolo di un’avventuriera dal torbido passato, che a New Orleans si spaccia per una contessa e irretisce un ricco vecchio convincendolo a chiederla in moglie. Ma alla vigilia delle nozze lei si innamora del giovane capitano di un battello e fugge con lui sul Mississippi.
I film successivi sino al 1942 non furono tutti altrettanto fortunati.
FULMINATI (Manpower, 1941, 100 min, USA, Raoul Walsh)
Un altro ruolo di donna dal torbido passato, che crea tensione tra due operai compagni di lavoro in una centrale elettrica: lei ne sposa uno e poi si innamora dell’altro.
LA SIGNORA ACCONSENTE (The Lady Is Willing,1942, 93 min, USA, Mitchell Leisen)
Piacevole commedia in cui la Dietrich interpreta una diva di Broadway che vuole adottare un bambino e per raggiungere il suo scopo ne sposa il pediatra.
I CACCIATORI DELL’ORO (The Spoilers, 1942, 87 min, USA, Ray Enright)
In Alaska all’inizio del ‘900, la Dietrich va in aiuto dell’amato John Wayne, minacciato dal malvagio addetto minerario del governo. I due trovano l’amore e l’oro.
LA FEBBRE DELL’ORO NERO (Pittsburgh, 1942, 90 min, USA, Lewis Seiler)
La Dietrich e John Wayne si ritrovano ancora assieme nelle miniere in Pennsylvania. Meno valido del precedente ma con lo stesso spirito allegro.
IL NAZISMO E GLI ANNI DELLA GUERRA
Con la popolarità ottenuta in America e l’ascesa del nazismo, la Dietrich non mise più piede per molti anni in Germania, nonostante le ripetute offerte del governo nazista, provenienti da Goebbels, ministro della Propaganda e da Hitler stesso, per spingerla a ritornare ed a diventare la Diva del regime. Non erano mancate anche velate minacce (a Berlino restava ancora la madre). Lei non solo rifiutò, ma chiese nel ’37, la cittadinanza americana, rinunciando cosi di fatto alla sua nazionalità di origine. Per istinto non favorevole al nazismo, la Dietrich si formò una coscienza politica una volta emigrata a Hollywood, quando si trovò inserita in un ambiente in cui molti suoi amici erano intellettuali fuggiti dalla Germania Nazista perché perseguitati per le loro idee politiche o perché di origine ebrea o perché omosessuali.
Quando l’America entrò nella seconda Guerra mondiale, Marlene Dietrich si impegnò in prima persona. Dal 1942 al 1943 girò gli Stati Uniti raccogliendo più fondi di qualsiasi altra star. Poi partecipò a programmi radiofonici di propaganda ( come il MUZAC Project – musica per rendere la propaganda nazista meno efficace – dell’OSS, l’antenato della CIA). Erano i tempi di Lili Marleen, la tristissima canzone cantata dai soldati di entrambi gli schieramenti, che diverrà il suo cavallo di battaglia. Quindi lei stessa chiede di essere inviata in tournèe sul fronte europeo a seguito delle truppe americane. Inizialmente andò in Nord Africa e in l’Italia. Era tra i soldati americani durante la battaglia di Monte Cassino. Un secondo tour, tra il settembre 1944 e luglio 1945 la portò in Inghilterra, Francia e Belgio.
Nel 1947 per il suo impegno durante la guerra ricevette la Medal of Freedom, la massima onorificenza civile americana, mai prima d’allora assegnata ad una donna.
Nel. 1950 le venne anche conferita la Légion d’honneur dal governo francese.
A spingerla a tale impegno forse non fu estraneo anche il legame affettivo con l’attore francese Jean Gabin. (e si è anche parlato di un flirt con il generale americano George Patton). Legame che aveva destato qualche sospetto da parte del FBI, a cui erano arrivate voci di amicizie della Dietrich con personaggi sospettati di comunismo.
Jean Gabin durante l’occupazione tedesca della Francia, si era trasferito ad Hollywood, dove iniziò a frequentare la Dietrich – già conosciuta a Parigi. Egli aveva moglie e figli e tre anni meno di lei. A Hollywood però non restò per molto: si arruolò nelle Forze libere francesi e tornò in Europa. Anche Marlene, poco tempo dopo, varcò l’oceano per dare spettacoli sui vari fronti della guerra. Si incontrarono sul fronte belga nell’inverno del 1944. Si ritroveranno alla fine della guerra a Parigi. Nel 1946 Gabin la convinse a lavorare con lui nello sfortunato mélo di Martin Roumagnac “Turbine d’amore”, mentre i due rifiutarono “Les portes de la nuit” che Carné e Prévert avevano scritto per loro. Si rividero ancora in seguito, ma Gabin non lasciò mai la moglie e Marlene se ne tornò in America.
Dal 1944 la Dietrich aveva ripreso la sua attività cinematografica con alcuni film non proprio indimenticabili.
Kismet (1944, 100 min, USA, William Dieterle)
Fiaba ispirata alle ‘Mille e una notte’ in cui la Dietrich è la figlia di un califfo mentre Ronald Colman è un principe “re dei mendicanti”. Famosa è la scena in cui lei balla per il Gran Visir completamente pitturata d’oro.
“La Nave della Morte”( Follow the Boys, 1944,122 min, USA, A. Edward Sutherland) Tributo delle star dell’Universal per tenere alto il morale dei combattenti americani, con un piccolo cammeo della Dietrich, segata in due durante un numero di magia di Orson Welles, qui un ex ballerino riformato al servizio di leva che ha allestito uno spettacolo per i soldati.
“TURBINE D’AMORE” (Martin Roumagnac 1946, 105 min, Georges Lacombe) .
La Dietrich è qui una prostituta redenta che finisce assassinata per mano di Jean Gabin che la ritiene a torto infedele.
Nel settembre 1945 la Dietrich torna dopo tredici anni a Berlino e finalmente può riabbracciare la madre, due mesi prima della sua morte.
Nel dopo-guerra, l’attività sullo schermo della Dietrich rallenta, nonostante alcune sue importanti interpretazioni da protagonista in film girati da grandi registi come Billy Wilder, Fritz Lang, Alfred Hitchcock e Orson Welles.
AMORE DI ZINGARA (Golden Earrings, 1947, 95 min, Mitchell Leisen)
In questa commedia la Dietrich è eccezionale nella parte di una zingara che si innamora di un ufficiale del controspionaggio britannico e lo nasconde dai nazisti che gli danno la caccia travestendolo da zingaro.
SCANDALO INTERNAZIONALE (A Foreign Affair, 1947, 95 min, Billy Wilder). In uno dei suoi migliori film del dopoguerra, la Dietrich è una cantante di cabaret, che durante il nazismo era stata l’amante di un alto gerarca. Nella Berlino distrutta e occupata, lei ha una relazione con un aitante sottufficiale americano (John Lund) mettendosi cosi in competizione con una senatrice americana.
In JIGSAW (1949) di Fletcher Markle la Dietrich ha solo un cammeo come cliente di Night club.
Paura in palcoscenico (Stage Fright, 1950, 110 min, GB, Alfred Hitchcock)
Thriller con finale a sorpresa, con la Dietrich nella parte di una cinica femme fatale, cantante di music-hall, il cui amante (Richard Todd) è sospettato di averle ucciso il marito. Egli viene aiutato da un’ingenua amica tutta acqua e sapone (Jane Wyman), che lo nasconde e si impegna nelle indagini per poterlo scagionare.
Il viaggio indimenticabile (No Highway in the Sky, 1951, 98 min, GB, Henry Koster)
Con James Stewart nella parte di uno svampito professore che scopre che un certo modello di aerei
rischia di precipitare dopo un preciso numero di ore di volo, ma nessuno gli crede. La Dietrich è un passeggero a bordo di uno di quegli aerei.
Rancho Notorious (1952, 89 min, USA, Fritz Lang) un western atipico di Fritz Lang in cui
Marlene è una cantante di saloon che gestisce con pugno deciso il Chuck-a-Luck, un Ranch frequentato da cowboys e banditi. Nella sua vita arriva Mel Ferrer, un contadino che vuole vendicarsi di ha assassinato la sua fidanzata durante una rapina. La diva si scontrò con il regista Lang sul modo in cui veniva fotografata, ma il risultato fu comunque uno dei migliori.
Dopo ‘Rancho Notorius’ la Dietrich non fece film per oltre quattro anni, a causa di una serie di progetti falliti. Invece portò in tour negli Stati Uniti un suo spettacolo con monologhi e canzoni dal suo repertorio.
Nel 1956, tra un’esibizione dal vivo e l’altra, la Dietrich trovò il tempo per due film mediocri.
MONTECARLO (The Montecarlo story,1956, 114 min, Italia, Samuel A. Taylor) una coproduzione italo-americana (con Vittorio De Sica, attore e regista occulto), in cui una matura avventuriera e un nobile squattrinato si innamorano nel casinò di Montecarlo e poi ognuno torna per la sua strada.
IL GIRO DEL MONDO IN OTTANTA GIORNI (Around the World in Eighty Days, 1956, 175 min, USA, Michael Anderson) film d’evasione in cui la Dietrich è una delle 43 star cammeo, nella parte della la proprietaria del saloon in cui si esibisce Frank Sinatra. A cinquant’anni lei mostra ancora le sue famose gambe.
Nel 1957 si cimenta in un giallo, tratto da Agatha Christie.
TESTIMONE D’ACCUSA (Witness for the Prosecution, 1957, 144 min, USA, Billy Wilder)
Una delle sue migliori interpretazioni del dopo-guerra. La Dietrich interpreta un’ex cantante di cabaret, moglie di un accusato di omicidio (Tyron Power). Pur di salvarlo lei arriva ad accusarsi ingiustamente di averlo tradito e di avere tramato per la sua condanna. La Dietrich vi ha un sorprendente doppio ruolo.
L’INFERNALE QUINLAND (Touch of Evil, 1958, 108 min, USA, Orson Welles)
Orson Welles regista e protagonista, interpreta il poliziotto corrotto Harry Quinlen di una città di confine messicana. La Dietrich appare in una piccola, ma significativa parte, come Tanya una zingara indovina, che una volta era stata una fiamma del poliziotto. In scena curiosa vediamo Janet Leigh sequestrata da una gang di giovani malviventi, vestiti con giubbotti di pelle nera, tra i quali c’è anche una ragazza, che si comporta esattamente come una lesbica butch. La famosa battuta finale del film è della Dietrich: ‘Era uno sporco poliziotto, ma, a suo modo, era anche un grand’uomo’.
Dopo L’infernale Quinlan la Dietrich scompare nuovamente dagli schermi per altri tre anni, nei quali è impegnata in tournèe in Europa con un proprio spettacolo.
VINCITORI E VINTI (Judgment at Nuremberg, 1961, 190 min, USA, Stanley Kramer)
In questo dramma sul processo di Norimberga la Dietrich ha un piccolo ruolo come vedova di un alto gerarca nazista, che sostiene la tesi dell’innocenza del popolo tedesco nei confronti dell’olocausto e spiega a Spencer Tracy, giudice nel noto processo, il significato delle parole della canzone Lili Marleen.
Nel 1964 la Dietrich apparve in un cammeo nella mediocre commedia
INSIEME A PARIGI (Paris – When It Sizzles, 1964, 110 min, Richard Quine)
una storia d’amore tra uno scrittore (William Holden) e la sua segretaria (Audrey Hepburn).
Questa sarà la sua ultima apparizione per oltre un decennio.
Il RITORNO ALLA MUSICA
Dai primi anni 1950 fino alla metà degli anni 1970, richiesta sempre meno dai produttori cinematografici, la Dietrich su consiglio di amici come commediografo Noel Coward, inizia ad affiancare alla carriera cinematografica degli spettacoli dal vivo, in cui cantava le canzoni dei suoi film ed intratteneva il pubblico con dei monologhi, , esibendosi in grandi teatri nelle principali città di tutto il mondo. Buona parte del merito del successo di questi spettacoli va a Burt Bacharach, che con i suoi arrangiamenti musicali, era riuscito a mascherare la gamma vocale limitata della Dietrich.
Nel dicembre del 1953 il The Sahara Hotel di Las Vegas le offrì 30.000 dollari a settimana per tre settimane di show, la cifra più alta sino ad allora mai pagata a Las Vegas. Le fece quindi un contratto pluriennale. Nel 1954 lei si esibì al Cafè de Paris a Londra e poi a Parigi, Rio de Janeiro e cosi via. Diventò una delle donne di spettacolo più pagate al mondo. Nel 1960 fece una lunga tournèe in Europa, soprattutto in Germania. Nel 1964 e nel 1965 la Dietrich si esibì al Festival di Edimburgo, con Bacharach come direttore. Nel 1967 e 1968 cantava in un nuovo spettacolo di successo dal vivo a Broadway, vincendo un Tony Award speciale per la sua performance.
Parallelamente continuava anche una fortunata attività discografica. Durante gli anni 1960, la Dietrich registrò diversi album per lo più con Burt Bacharach e aggiunse al suo repertorio nuovi brani come alcune canzoni di Bob Dylan e la famosa canzone pacifista “Where have all the flowers gone” di Pete Seeger .
Durante un tour in Europa, cantò a Berlino nel 1960. In quell’occasione oltre all’affetto della maggioranza dei berlinesi, non mancarono anche dei contestatori che l’accusarono di avere tradito la patria durante l’ultima guerra. La Dietrich non farà più ritorno a Berlino. Come dichiarò da anziana, lei non si era mai affezionata a nessun posto particolare e considerava casa sua il posto dove si trovava a lavorare (anche se mostrò nei fatti di preferire la Francia).
Con il passare degli anni la Dietrich faceva sempre più fatica a mantenere davanti al pubblico la sua immagine di donna bellissima e doveva ricorrere all’ausilio di luci di scena, tecniche di lifting e improbabili costumi, disegnati per lei da Jean Louis per camuffare la sua età.
Come disse la figlia Maria: ’mia madre era una tedesca prussiana e come tale possedeva un esagerato senso della disciplina e del dovere. Nessuno avrebbe resistito così a lungo sulla scena, come lei fece, fino ad un’ età nella quale le donne, in genere, preferiscono mettersi da parte. Lei si sentì, fino alla fine, impegnata a tenere viva l’ immagine di Marlene Dietrich, fatta di bellezza straordinaria e mistero, creata da Josef von Sternberg, il regista che l’ aveva lanciata, ma che poi aveva ripudiato la sua creazione. Marlene dedicò la sua vita a questa missione’.
GLI ULTIMI ANNI
Ad ostacolare la diva in questa sua missione, intervenne con tempo il peggiorare del suo stato di salute. Nel 1957 una prima caduta con rottura del femore, durante le prove di spettacolo a Washington, la costrinse ad interrompere i suoi spettacoli (ma qualcuno invece parlò di una caduta nel bagno mentre era ubriaca). Si poi è anche parlato di un cancro cervicale sopravvenuto nel 1965. Lei non si curava adeguatamente, eccedeva nel fumo e nell’alcool ed era sempre stata ossessionata da alcune fobie (come la paura verso i microbi).
Nel 1975 fece il suo ultimo tour in Belgio, Olanda, Inghilterra, Canada, USA e Australia.
Il 29 Settembre 1975, in un secondo incidente si ruppe una gamba durante uno spettacolo a Sydney in Australia. La causa delle frequenti cadute e fratture che hanno funestato la vita della diva nei suoi ultimi anni, sembra sia stata un’osteoporosi all’anca sopravvenuta con la menopausa. Proprio lei che aveva “le gambe più sexy del mondo”, assicurate ai Lloyd’s di Londra.
Non volendo apparire in pubblico in cattive condizioni, la Dietrich resterà in gran parte inattiva sino agli inizi degli anni ’80.
Nel 1978 la Dietrich fu convinta ad uscire dal suo isolamento (forse per bisogno di denaro) per interpretare una piccola parte in
Gigolò (Schöner Gigolo, armer Gigolo, 1979, 105 min, Germania O., David Hemmings)
La sua ultima apparizione sullo schermo, in cui canta la canzone che dà il titolo al film.
Con protagonista il suo opposto androgino David Bowie. In una deprimente parodia dei suoi vecchi personaggi, lei qui è la tenutaria di un bordello maschile, con Bowie nella parte di uno dei suoi ‘ragazzi’.
Nel 1982 la Dietrich accettò, dietro un compenso di 223.000 dollari, di partecipare ad un film documentario sulla sua carriera.
Marlene (1984, 96 min, Germania O., documentario, Maximilian Schell)
Ma al regista (premio Oscar nel 1962 come miglior attore protagonista in ‘Vincitori e vinti’) era stato consentito solo di registrare la sua voce (“Mi hanno già fotografata a morte!”). Lei ormai malata e su di una sedia a rotelle non volle essere filmata e apparve solo attraverso spezzoni dei suoi film. Il film ricevette una nomination all’Oscar come miglior documentario nel 1984.
Negli ultimi anni la Dietrich rimase ancora attiva come scrittrice. A breve distanza fra il 1979 e il 1987, furono pubblicate tre sue autobiografie, Marlene Dietrich’s ABC (1962) , Marlene D (1984), e Marlene (1987).
Marlene Dietrich trascorse l’ultimo decennio della sua vita in quasi totale isolamento nel suo appartamento di Parigi di Avenue Montaigne, dove concesse solo alla sua assistente di stare con lei. Per la maggior parte dei suoi anni finali la malattia la costrinse immobilizzata al letto.
La Dietrich morì 6 Maggio 1992. Aveva 90 anni. La causa ufficiale della sua morte è un ictus cerebrale che la colpì nel sonno.
Su sua richiesta, fu sepolta accanto alla tomba di sua madre, nel cimitero di Friedenau a Berlino e non lontano dalla casa, scomparsa, dove era nata. I numerosi cimeli che lei aveva accumulato durante la sua lunga carriera, sono stati venduti nel 1993 dalla figlia Maria alla Municipalità di Berlino e sono ora in parte visibili al Filmmuseum Berlin.
Alcuni anni dopo la sua segretaria e dama di compagnia Norma Bousquet, l’unica persona che l’abbia vista ogni giorno, negli ultimi quindici anni, fornì una versione diversa sulla morte dell’attrice: la Dietrich si sarebbe uccisa ingoiando un flacone di sonniferi per non finire in una casa di cura, dove il nipote Peter Riva voleva rinchiuderla, dopo che lei aveva avuto un’emorragia cerebrale.
PICCOLO CATALOGO DEI SUOI PRESUNTI.AMANTI
La Dietrich sulla sua vita privata ha detto cose contrastanti e forse a volte ha detto qualche bugia o è stata vittima di amnesie. E’ nota la sua frase ad una giornalista: “In Europa, non importa se sei un uomo o una donna, facciamo l’amore con chiunque troviamo attraente”.
Ma ha anche detto:“Ne ho lette tante sul mio conto, e le sciocchezze, devo dire, erano tantissime. La verità è che con gli uomini sono stata amica, compagna, sorella, madre, consigliera, consolatrice, complice: pochissime volte amante. Ed è per questo che gli uomini che ho amato (e mi hanno amata) mi sono grati: i nostri sono stati grandissimi amori dello spirito… Quanto alle donne, ho avuto amicizie bellissime, gratificanti sul piano affettivo ed umano non meno di quelle maschili. Io dico che le amicizie, quelle vere, non hanno sesso”.
Se si da retta alla stampa scandalistica, a Hollywood tutti andavano a letto con tutti e Marlene non faceva eccezione. Volendo fare un elenco degli amanti che le sono stati attribuiti dai pettegoli di professione, come ad esempio Kenneth Anger che definisce la Dietrich “una festosa bisessuale con un sano appetito per l’amore”, o riviste come Confidential che pubblicava articoli con titoli del tipo “Marlene Dietrich ci dà dentro con le lesbiche a Parigi”, si risparmierebbe tempo e spazio dicendo che sembra lei sia stata con quasi tutti i co-protagonisti maschi, e femmine, dei suoi film. Tra le relazioni con donne almeno una sembra essere sicura, quella con la scrittrice e sceneggiatrice cubano-americana Mercedes de Acosta conosciuta nel 1932, molto attiva sessualmente e reduce da una relazione con Greta Garbo.
L’interesse di Marlene per le ragazze sembra essere stato precoce, se è vero che da ragazzina scriveva lettere d’amore ad una certa contessina Christine Gersdorf e come altre sue coetanee, si infatuò dell’attrice del cinema muto Henny Porten, le inviava regali e arrivò ad aspettarla davanti alla sua casa per farle serenate con il violino.
Quando nei primi anni della sua carriera nella Berlino della Repubblica di Weimar, Marlene creava il suo personaggio sessualmente ambiguo, cantando in locali popolari dove era fiorente la vita gay, divenne amica della cantante Claire Waldorf, allora famosa cantante comica, lesbica dichiarata, che usava esibirsi in abiti maschili.
Un’altra sua amica era la celebre cantante di cabaret Margo Lion, con la quale lavorò nell’estate del 1928 nella rivista musicale “Es liegt in der luft” (“E’ nell’aria”) di Marcellus Schiffer, marito della Lion. Marlene e Margot cantavano insieme la canzone “Wenn die Beste Freundin”(La canzone della mia migliore amica), che diventò un successo. Questa canzone aveva un testo con chiare allusioni lesbiche, inoltre le due cantanti avevano indosso delle violette, simbolo dell’amore saffico (in seguito però la Dietrich smentì di essere stata a conoscenza di questo significato).
Più tardi a Hollywood si parlò di suoi legami affettivi con le attrici Claudette Colbert, Lili Damita (moglie di Errol Flynn) e Dolores del Rio, Barbara Stanwyck, con la scrittrice Salka Viertel (altra ex della Garbo), la miliardaria americana Marion “Joe” Carstairs, la scrittrice francese Colette e la cantante Edith Piaf (conosciuta nel 1947, più giovane di lei di 14 anni, alla quale poi fece anche da testimone al suo matrimonio).
Gli amanti maschi che le sono stati attribuiti avevano tutti una forte personalità, anche se non sempre rigidamente eterosessuali. Ne citiamo tra i tanti solo alcuni più noti.
Il regista Josef von Sternberg, in sospetto di omosessualità, che a causa sua divorzierà dalla prima moglie. Gary Cooper, al tempo in cui i due girarono insieme Marocco e Desiderio (Marlene lo soprannominò “il mulo del Montana” per le sue doti, sebbene anch’egli fosse piuttosto gay).
John Wayne, allora alle prime armi, suo partner in ‘La taverna dei sette peccati, ‘I cacciatori d’oro’ e ‘La febbre dell’oro nero’. lo scrittore Ernest Hemingway (ma i due hanno sempre smentito).
Joe Kennedy, padre del futuro presidente degli Stati Uniti, conosciuto in Francia nel 1938 (ma si parla anche di ben tre maschi della famiglia Kennedy). Gli attori francesi Gérard Philipe e Jean Gabin, quest’ultimo forse uno dei pochi suoi veri grandi amori. Lo scrittore Erich Maria Remarque. E poi Billy Wilder, Orson Welles, Burt Lancaster, Frank Sinatra, Ronald Regan, Yul Bynner, Maurice Chavalier, Douglas Fairbanks, Jr., Kirk Douglas, Michael Wilding suo partner in “Paura in palcoscenico”, lo scultore svizzero Alberto Giacometti, il suo arrangiatore Burt Bacharach (più giovane di lei di trent’anni), il drammaturgo britannico Noel Coward (gay dichiarato), il celebre fotografo Cecil Beaton (gay dichiarato).
Secondo la figlia Maria Riva, Marlene Dietrich pur atteggiandosi a divoratrice di uomini, in realtà era infastidita dal sesso. Lei avrebbe usato il sesso come una sorta di arma con gli uomini, per controllarli, manipolarli ed ottenere da loro quello che voleva. Questo potrebbe spiegare perché tra i suoi presunti amanti figurino diversi uomini in odore di omosessualità. Molti degli uomini con i quali i giornali le attribuirono dei flirt erano in realtà solo amici. Forse Maria sotto intendeva, ma non ha voluto dirlo, che a Marlene non piaceva il sesso con gli uomini perché in cuor suo preferiva le donne. (R.M.)
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