Nato in un sobborgo, trascorre l’infanzia ai margini del mondo del mondo del cinema, recitando, tra l’altro, la parte del principe Chagling in “Il sogno di una notte di mezza estate” di Max Reinhardt (1935). In tutta la sua opera rivestono particolare rilevanza il fascino di Hollywood, l’immaginario della cultura popolare e l’iconografia del potere. Il suo libro Hollywood Babilonia (1959; in Italia 1960 e 1986) è una raccolta di scandali hollywoodiani che rasenta l’estasi mitopoietica. Impegnato da sempre nella conservazione dei vecchi “movie palaces” e curatore di mostre degli abiti di Rodolfo Valentino, nei suoi film rifiuta radicalmente quelle che sono le norme etiche e il formalismo del cinema commerciale americano.
“Fireworks” è l’apice d’una serie di lavori giovanili che si rifiuta da piú di cinquant’anni di presentare al pubblico, ammesso che le pellicole ancora esistano. Il film è un’ardita descrizione del sogno d’un omosessuale masochista e, quando il regista diciannovenne inizia a girarlo sostenendo il ruolo del protagonista, sfida apertamente ogni censura, creando un autentico scandalo. Le iperboli del suo simbolismo – un totem africano e un bengala come rappresentazioni falliche, l’abete natalizio come tiara papale e il cuore che diventa un contatore elettrico – richiamano i segni esteriori del trance-film psicodrammatico coltivato da Maya Deren e da altri precursori di Anger nel genere dell’autoanalisi onirica. Abbandona vari progetti, dei quali sopravvive l’unico frammento “Puce Moment”, e si trasferisce a Parigi, dove la sua creatività sembra tuttavia perseguitata da identico destino: anche i progetti di “La lune des lapins”, “Le jeune homme et la mort” (dal balletto di Cocteau), “Les chants de Maldoror” (adattamento dei poemi di Lautreamont) e “L’histoire d’0” (dal romanzo di Pauline Réage) sono infatti destinati a fallire, fatta eccezione per uno solo: “Rabbit’s Moon” terminato nel 1972. Riesce in compenso a realizzare l’elegante “Eaux d’artifice” (girato a Villa d’Este di Tivoli): una fuga visiva sincronizzata sulla musica di Vivaldi dove una figura avvolta in un vestito barocco si muove attraverso i giochi d’acqua fino a trasformarsi anch’essa in fontana. Il film è girato in bianco e nero, virato poi in blu e il ventaglio della donna è dipinto a mano su ciascuna copia. Rientra negli Stati Uniti per realizzare il suo lavoro di maggiore durata: “Inauguration of the Pleasure Dome”, che appare nelle sale in diverse versioni: con la Messa glagolitica di Leos Janacek come colonna sonora nel 1954; proiettato su tre schermi all’Esposizione universale di Bruxelles del 1958; come «Lord Shiva’s Dream» nella versione del 1966 intitolata “Sacred Mushroom” (viene incorporato anche “Puce Moment” con la sovrapposizione dei tre schermi utilizzati nel 1958); con la colonna sonora della Electric Light Orchestra nel 1979. Il film, che pone le basi e sviluppa il genere della «psicomachia epica» che domina il cinema d’avanguardia americano alla metà degli anni sessanta, è una sorta di rituale che intende richiamarsi direttamente agli scritti di Aleister Crowley, il poeta occultista che assurge per Anger a vero eroe dello spirito.
Dopo i risultati spettacolari e originali ottenuti con “Inauguration of the Pleasure Dome”, torna in Europa e per altri dieci anni non porta a compimento nessuno dei suoi progetti. Rientrato in America, realizza “Scorpio Rising”, di certo la sua opera piú famosa e autorevole, forse il lavoro piú apprezzato dell’avanguardia americana. In tredici episodi, a metà strada tra la fiction e il documentario, il film descrive il raduno d’una banda di motociclisti alla vigilia d’una corsa in cui uno di loro muore. Appare chiaro, quindi, che si tratta ancora una volta di quella forma di rito sacrificale che tanta parte ha nella sua poetica. Il film è attraversato in egual maniera dall’attrazione feticistica per le motociclette come simbolo di potenza sessuale e omoerotica per i corpi e le tute in pelle dei personaggi maschili che le cavalcano. Questa volta, per la colonna sonora, sceglie attentamente tredici canzoni, ciascuna legata ironicamente a uno degli episodi (girati e montati dallo stesso Anger). L’espediente usato esercita un’enorme influenza sul cinema americano, a partire da Mean Streets di Scorsese, fino a divenire una pratica standard del film hollywoodiano. Tutta Mtv nasce da Scorpio Rising e dal pionieristico lavoro d’un esponente dell’avanguardia come Bruce Conner.
A iniziare da “Scorpio Rising” Anger appone ad alcuni suoi lavori il marchio Puck Productions, con un logo che cita una frase dell’irriverente folletto shakespeariano: « Quanto sciocchi sono questi mortali! » Lo spirito satirico di Puck, affiancato a un pletorico estetismo, è uno degli elementi dialettici che ritroviamo nel suo cinema. Rielaborando i capisaldi delle teorie di Crowley, Anger considera l’apparecchiatura cinematografica come una macchina «magica» capace di smascherare la follia che si cela sotto la violenza e la sessualità umana. Nell’intento di reiterare il successo di Scorpio Rising, inizia a elaborare un altro film a episodi sulle auto fuori serie. Dell’unico episodio realizzato per promuovere il film sopravvive un solo frammento, “Kustom Kar Kommandoes”, che ritrae un giovanotto intento a lucidare la propria fuori serie accompagnato dalle note della canzone Dream Lover. Non va in porto, purtroppo, un altro progetto, una complessa opera fortemente ritualizzata che avrebbe dovuto intitolarsi “Lucifer Rising”. Dopo aver subito il furto di gran parte della pellicola già girata, realizza “Invocation of My Demon Brother”, in cui intende adattare al mezzo cinematografico uno dei riti di Crowley per invocare le forze primordiali. Riesce a completare “Lucifer Rising” soltanto nel 1980 – con scene girate nei templi dell’Antico Egitto e in un sito megalitico della Germania -, inno alle divinità celesti e terrene della forza e della luce. Il suo ultimo film “The Man We Want to Hang” è dedicato ai lavori grafici di Crowley.
P. Adams Sitney
(dal “Dizionario dei registi” Einuadi)
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