James Dean
Di Danilo Ruocco
James Dean si presenta
Io, James Byron Dean, sono nato l’8 febbraio 1931, a Marion, Indiana. I miei genitori, Winton Dean e Mildred Dean, già Mildred Wilson e io abbiamo vissuto nello stato dell’Indiana fino a quando ho compiuto sei anni. Il lavoro di papà col governo causò un cambiamento così papà, odontotecnico, fu trasferito in California. Lì abbiamo vissuto per quattro anni. Mamma si ammalò e uscì dalla mia vita quando avevo nove anni. Non ho mai capito la ragione della morte di mia madre, infatti mi perseguita nei miei pensieri. Ho sempre vissuta un’infanzia piena di talento. Ho studiato violino, suonato in concerti, ho ballato il tip-tap sul palcoscenico, ma quello che amo più di tutto è l’arte, plasmare e creare nuove cose con le mie mani. Tornai nell’Indiana per vivere con mio zio. Ho dimenticato il tip-tap e il violino, ma non l’arte. Credo che la mia vita sarà dedicata all’arte figurativa e a quella drammatica. […] Il mio hobby, o quello che faccio nel tempo libero, è la moto. Ne so parecchio di meccanica, e amo correre. Ho partecipato ad alcune gare e sono andato bene. Posseggo una piccola moto. […][1]
Così James Dean presentò se stesso in un tema scolastico del 1948. Essendo nato l’8 febbraio del 1931 aveva, quando scrisse tali righe, 17 anni. In esse – come in una profezia – è racchiuso tutto il destino del divo, morto il 30 settembre del 1955 all’età di soli 24 anni. “Per sempre giovane” è stato detto di lui.
Dalle parole di James Dean appena citate emergono dei particolari che hanno segnato la sua vita: la morte della madre adorata quando lui aveva solo nove anni e lei 29; il suo amore per l’arte e il desiderio di dedicarsi all’arte figurativa e a quella drammatica; il suo amore per la velocità che lo porterà a una morte prematura e tragica.
I genitori
Ma chi erano i suoi genitori? Due ragazzi che si sposarono perché avevano “commesso il guaio” e non certo perché si amavano. Lui, Winton Dean, aveva 22 anni; lei, Mildred Wilson, 19. Il loro matrimonio fu celebrato il 26 luglio 1930. Meno di sette mesi dopo nacque James Dean.
La madre lo amò immediatamente e riversò su di lui il bisogno d’amore che il marito non era in grado di soddisfare. Spesso Winton Dean non era in casa per lunghi periodi e madre e figlio trascorrevano le loro giornate giocando “al teatro”.
La madre di James Dean fu una presenza talmente totalizzante che il piccolo non aveva il tempo per farsi altri amici che non fossero sua madre.
Improvvisamente Mildred morì a causa di un cancro e James restò solo: suo padre – che neppure aveva partecipato alle esequie della moglie – lo spedì a Fairmount dagli zii materni che lo crebbero come un figlio nella loro fattoria.
Le foto
Esistono delle bellissime fotografie di Dennis Stock[2] che ritraggono James Dean in visita alla fattoria degli zii poco prima che egli diventasse una star internazionale. Per l’occasione il giovane indossa gli abiti di lavoro del contadino e “rivive” le sue giornate così come dovevano essere state prima della sua decisione di lasciare l’Indiana alla volta di New York.
Quelle di Stock sono foto struggenti ma anche, per allora – si era nel 1954 – “nuove” e inusuali: non era davvero facile, infatti, che un divo nascente si lasciasse fotografare nei posti nei quali era cresciuto, rendendo evidente che anche le star possono nascere e crescere in ambienti assolutamente anonimi.
C’è, in alcune foto, una quotidianità che non ci si aspetta da un “ribelle” quale fu James Dean. In altre – invece – il ribelle emerge, ed ecco, allora, James Dean che suona il bongo seduto tra le mucche o che si mette in posa accanto a un maiale. Tristissime per noi, ma “maledette” nelle intenzioni del ribelle, le foto nelle quali il giovane divo posa sdraiato all’interno di una bara.
Immagini, quelle di Stock, che mettono in rilievo la fragilità e – al contempo – l’aggressività selvaggia di un ragazzo che stava avviandosi verso una promettente carriera cinematografica, avendo appena finito di girare La valle dell’Eden[3], film che lo stava proiettando al centro dell’attenzione di critica e pubblico.
A proposito di fotografia, forse non è inutile ricordare come James Dean stesso amasse scattare foto, tanto che arrivò a chiedere a Roy Schatt[4] lezioni di fotografia. Mentre James Dean imparava a fotografare, Roy Schatt fotografava il suo allievo: alcuni di quegli scatti sono diventati immagini famosissime, non ultime quelle di James Dean con la macchina fotografica in mano e quelle della serie denominata del “Maglione Strappato”.
Prima del cinema
Prima di approdare al cinema, James Dean si era fatto notare a New York come attore di teatro e di teatro per la televisione. Per la sua interpretazione del giovane arabo omosessuale nell’Immoralista di Gide, accanto a Geraldine Page (1924 – 1987), vinse anche dei premi prestigiosi per attori giovani.
Nel settembre del 1995 Paul Alexander[5] rivela che tra il giovane James Dean e la famosa diva Geraldine Page – di sette anni più anziana di lui e, all’epoca, già sposata – ci fu una “tenera amicizia”. Per lei James Dean fece anche dei disegni – alcuni dei quali erotici – che la diva conservò. In uno dei disegni compare un cameriere che regge su un vassoio la testa mozzata di Marlon Brando.
I miti-modelli di James Dean
James Dean aveva per Marlon Brando e per Montgomery Clift una vera e propria venerazione. Ammirazione che sfociava in continue richieste rivolte ai due divi di poterli incontrare.
«È un giovinastro ma ha un sacco di talento», Elia Kazan disse a Clift […] quando questi chiese i pettegolezzi di teatro sull’importuno Dean. «Dicono che gli piaccia montare le auto e le moto da corsa, le cameriere… e i camerieri. Dicono che sei il suo idolo»[6].
La nota bisessualità di Dean convinse Montgomery Clift che fosse preferibile non accordare un incontro privato al giovane attore: tanta accortezza era dovuta al timore che la sua stessa omosessualità venisse scoperta o resa di dominio pubblico.
Neppure Marlon Brando vedeva di buon occhio l’insistenza di Dean nel chiedere un incontro. Allo scrittore Truman Capote che gli chiedeva notizie del giovane divo scomparso da poco, Brando disse:
«No, Dean non era mio amico, mai stato. […] Lo conoscevo appena. Ma lui aveva una idée fixe nei miei riguardi. Tutto quel che facevo, lo faceva lui anche. E cercava continuamente di avvicinarmi. Mi tempestava di telefonate. […] Lo ascoltavo parlare alla segreteria telefonica e chiedere di me, lasciare messaggi. Ma io non prendevo mai la comunicazione, e non l’ho mai richiamato. […] quando finalmente incontrai James Dean […] fu a una festa. Un party, dove lui si agitava freneticamente, facendo atti da matto. Così gli parlai. Lo trassi in disparte e gli domandai: “Ma non ti rendi conto che sei malato? che hai bisogno di cure?” […] Lui stette ad ascoltarmi. Sapeva di essere malato. Gli diedi il nome di uno psicanalista. Lui ci andò.[7]
Il disegno di Dean per Geraldine Page della testa mozzata di Marlon Brando su un vassoio retto da un cameriere, quindi, potrebbe essere una sottile forma di rivalsa sia per i rifiuti ricevuti dal divo, sia per il fatto che Brando aveva compreso la fragilità psicologica di Dean e gli aveva consigliato apertamente di rivolgersi a uno specialista per riceverne delle cure.
Anna Maria Pierangeli
Quella con Geraldine Page di cui si è detto fu una delle due relazioni eterosessuali che coinvolsero affettivamente il giovane divo. L’altra fu per l’attrice italiana Anna Maria Pierangeli, nota negli USA come Pier Angeli. Pare che il loro legame fosse ostacolato dalla madre della Pierangeli che non riteneva il giovane James Dean degno della propria figlia. Fatto sta che – quasi all’improvviso – la Pierangeli sposò il cantante Vic Damone. Il loro matrimonio si rivelò disastroso anche perché l’unico uomo che la Pierangeli abbia davvero amato fu proprio James Dean. Dopo il divorzio con Damone, la Pierangeli si risposò, ma ormai la sua vita aveva preso una brutta piega, tanto che ella vi pose volontariamente fine l’11 settembre del 1971.
L’omosessualità di Dean
Furono molte, invece, le relazioni omosessuali di James Dean, alcune anche durature. Una delle più importanti – anche per la carriera dell’esordiente Dean – fu quella con Roger Brackett (che lavorava per l’agenzia pubblicitaria Foote) che gli trovò i primi ingaggi d’attore.
«Il mio interesse principale per Jimmy fu come attore» disse Brackett dopo la morte di Dean. «Il suo talento era così evidente. Secondariamente, io lo amavo, e lui amava me». […] Che la relazione fosse sessuale è oltre ogni dubbio […] E che fosse vantaggioso per Jimmy non si discute, poiché nel giro di settimane ebbe una serie di lavori e fu presentato a persone che lo potevano aiutare.[8]
Pare che Dean – lo si è visto – non facesse mistero a proposito della sua omosessualità, ma coloro che erano a capo dell’industria cinematografica presero tutte le precauzioni perché la notizia non giungesse alle orecchie dei e delle fan. Tutto fu taciuto e messo a tacere, prima e dopo la tragica morte del giovane divo. E, a proposito di tale ultima notte, pare che Dean fosse «stato a una festa gay a Malibu durante la quale aveva avuto un violento scontro verbale con un ex amante, che gli rinfacciava di corteggiare le donne a scopo esclusivamente pubblicitario»[9] rivela Kenneth Anger, il quale, poco prima, era sceso in dettagli a proposito delle preferenze di Dean per il sesso sadomasochistico[10].
Il provino sbarazzino
A proposito di provini sostenuti dal giovane esordiente, ce n’è uno singolare diretto da Elia Kazan per La valle dell’Eden: in esso si vedono due giovani di belle speranze che scherzano tra loro. Uno è Dean, l’altro è Paul Newman che a un certo punto si sentì chiedere da James Dean di baciarlo. Newman restò perplesso e non lo baciò. Forse, quel bacio mancato gli costò la parte… Il film portò James Dean alla celebrità. Seguirono Gioventù bruciata[11] e Il gigante[12].
La strada dell’auto-distruzione
Durante la lavorazione del Gigante, James Dean continuò a dare dimostrazioni della propria irrequietezza psichica.
Anche se Jimmy non fosse morto, molto probabilmente
E di tali “follie” Dean dava segnali allarmanti che, forse, nessuno volle prendere sul serio. Il fatto, ad esempio, che, sul set, James Dean orinasse in pubblico fu, probabilmente, visto come una provocazione da ribelle. Quel gesto tanto esibizionista, forse, era, invece, una richiesta d’aiuto (muta quanto plateale).
Ad ogni modo, nessuno avrebbe potuto rispondere a tempo a quella richiesta, perché il divo rimase coinvolto in un pauroso (quanto banale) incidente automobilistico. Nonostante – come si è detto – egli fosse un amante del rischio e della velocità, l’incidente che gli fu fatale non fu causato da una sua imprudenza spericolata. Lui ne fu solo la vittima.
Pochi giorni prima di morire, aveva girato uno spot pubblicitario nel quale invitava i giovani americani a moderare la velocità delle loro auto.
© Danilo Ruocco, 16 ottobre 2005.
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[1] James Dean, Studio del mio caso, in Donald Spoto, Rebel. Vita e leggenda di James Dean, Milano, Edimar, 1996, pp. 44-45.
[2] Dennis Stock, James Dean. Per sempre giovane, Roma, Contrasto Due, 2005.
[3] La valle dell’Eden (East of Eden) di Elia Kazan dall’omonimo romanzo di John Steinbeck, Warner Bros. 1955.
[4] Roy Schatt, James Dean. Ritratto, Milano, Gammalibri, 1983.
[5] Paul Alexander, James Dean. Tornano alla luce i disegni scandalosi, in «Gente», n. 39, 29 settembre 2005.
[6] Donald Spoto, Rebel. Vita e leggenda di James Dean, op. cit., p. 122.
[7] Truman Capote, Il Duca nel suo dominio. Intervista a Marlon Brando, s.l., Mondadori, 2004, pp. 46-47. A proposito della «idée fixe» di Dean nei confronti di Brando, c’è un’interessante testimonianza di Roy Schatt che ricorda: «A volte sembrava ossessionato da Brando. Si metteva senza alcuna apparente ragione a citare frasi da A Streetcar Named Desire
[8] Donald Spoto, Rebel. Vita e leggenda di James Dean, op. cit., pp. 79-80.
[9] Kenneth Anger, Hollywood Babilonia II, Milano, Adelphi, 1986, p. 143.
[10] «[…] smaniava per gli scudisci, gli stivaletti, le scene di schiavitù e le cinghie di cuoio». (Ibidem, p. 135).
[11] Gioventù bruciata (Rebel without a Cause) di Nicholas Ray, Warner Bros. 1955.
[12] Il gigante (Giant) di George Stevens dal romanzo di Edna Ferber, Warner Bros. 1956.
[13] Kenneth Anger, Hollywood Babilonia II, p. 146
da http://www.divismo.it/
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