Giulia Latorre

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Giulia Latorre

Giulia, 22 anni, è la figlia del Marò Massimiliano Latorre, uno dei fucilieri di Marina ostaggio in India, di cui la cronaca si è ampiamente occupata. Giulia ha dimostrato un particolare coraggio venendo allo scoperto, con l’obiettivo chiaro di sostenere pubblicamente le unioni gay. Ha scritto una lettera sulla pagina di Facebook Omofobiastop dichiarando la propria omosessualità: “Ho deciso di fare questo passo non per pubblicità, ma per dar forza a quelle persone che hanno paura di mostrarsi per timore delle polemiche, degli insulti e delle conseguenze di un coming out. La vita è una e ve ne dovete fregare del parere della gente, soprattutto di quelle schiave della loro ignoranza! Cosa avremmo di diverso noi omosessuali?, perché le coppie gay, lesbiche non possono adottare un bambino? A mio avviso ci sarebbe più amore nelle coppie gay che crescono un bambino, che in una coppia etero. Sono una persona abbastanza forte e determinata, ho superato tantissimi ostacoli da quando ero piccola, sto combattendo da anni una battaglia con la mia famiglia per avere giustizia per mio padre”. Purtroppo la stampa ed i media conservatori le sono saltati addosso con insulti e offese.


da Corriere.it:

«Improbabile che fosse una di quelle, un padre militare avrebbe corretto le perversioni e i disordini sessuali della figlia». La pagina Facebook «No ai matrimoni gay in Italia» ha commentato così la presunta smentita del coming out di Giulia Latorre, 22enne figlia del marò italiano sotto processo in India. Di fronte a una reazione di questo tipo non sorprende il balletto di negazioni e controsmentite che la riguarda (ricapitoliamo: Giulia aveva scritto ieri al portale «Omofobia Stop» domandando «Cosa avremmo di diverso noi omosessuali? Siamo tutti esseri umani, abbiamo sentimenti, abbiamo un cuore, abbiamo la voglia e il diritto di essere felici!». Salvo poi dire che stava parlando in generale e in un secondo momento correggere ancora, specificando di non aver smentito niente. A serata, infine ha confermato il coming out sulla sua pagina Facebook).

Il tira e molla può sembrare una leggerezza, e sicuramente ventidue anni sono pochi per sopportare il peso dell’attenzione mediatica su un aspetto tanto personale di sé. Brava Giulia che ci è riuscita. Quello che è successo però conferma proprio quanto aveva scritto nella sua lettera, e cioè la necessità di «dare forza a quelle persone che hanno paura di mostrarsi per timore delle polemiche, degli insulti e delle conseguenze di un coming out». In un mondo in cui tutti avessero gli stessi diritti e non ci fossero discriminazioni, l’orientamento sessuale di una persona non avrebbe di per sé maggior significato di essere mancini: sarebbe una caratteristica personale come un’altra. E ognuno potrebbe scegliere liberamente se farne argomento di discussione oppure no. Ma essere gay o lesbiche, oggi, esattamente come succedeva solo fino a 50 anni fa in molte zone d’Italia con l’essere mancini, viene visto da alcuni come un sintomo di «disordine» e «perversione». Con un aggravante non da poco: essere gay o lesbica ancora oggi in Italia esclude da alcuni diritti fondamentali, come quello di vedere la propria famiglia riconosciuta dallo Stato. Se il solo fatto di non nascondere questo aspetto di sé espone a commenti come quello riportato qua sopra (o, nei casi peggiori a insulti e purtroppo aggressioni) significa che abbiamo urgente bisogno di più coming out e, soprattutto, più diritti.

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