Giovanni Testori è stato uno scrittore, drammaturgo, storico dell’arte e critico letterario italiano. Omosessuale dichiarato.
Nato da una famiglia di fervente fede cattolica, Testori esprime nei suoi studi e in tutte le sue opere un forte legame con la religione. I suoi amori ossimorici per il Manzoni de I Promessi Sposi e per il Caravaggio, artisti che hanno espresso in maniera dicotomica il loro sentire cristiano, cela e palesa al tempo stesso una religiosità vissuta con tensione tragica, fatta di dubbi, di bestemmie e di pentimenti.
Frequentò il Liceo San Carlo a Milano e si laureò in Lettere all’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 1946 dedicando la sua tesi all’estetica del surrealismo.
Sin da giovanissimo collaborò con alcune riviste dei Gruppi Universitari Fascisti, scrivendo articoli di critica d’arte contemporanea. Ma è all’inizio degli anni ’50, avendo alle spalle un maestro della statura di Roberto Longhi, che intraprese con successo un’infaticabile attività di critica d’arte, pubblicando varie riviste e organizzando mostre. I suoi studi si concentrarono soprattutto sulla pittura lombarda, dal realismo cinquecentesco al manierismo settecentesco. L’interesse dominante per l’arte antica e moderna non gli proibì di avvicinarsi a pittori a lui contemporanei quali Guttuso, Cassinari, Morlotti, dei quali seguiva con amicizia i lavori ed i progressi. Per sintetizzare l’opera di Testori in questo campo, si può far riferimento a quanto racconta Pietro C. Marani nella introduzione alla sua raccolta di saggi testoriani intitolata La realtà della Pittura (Longanesi); richiesto di indicare una traccia in base alla quale ordinare la sua sterminata bibliografia come critico d’arte, lo scrittore stese una mezza paginetta con i titoli delle seguenti 14 sezioni:
Studi valsesiani
Martino Spanzotti a Ivrea
Il gran teatro montano (saggi su G. Ferrari)
Scritti sul Romanino
Il carro della peste (studi sul ‘600 lombardo)
L’aquilegia del Tanzio
La notte di Casbeno (saggi su Francesco Cairo)
Corona per il Galgario
Le verità del Ceruti
I «crumiri» del Guala
Il dialetto di Simoni
L’ultimo Courbet
Varliniana
L’orafo dolce e disperato (saggi su E. Morlotti)
La prosa utilizzata nei saggi è fortemente evocativa: si fondono in essa il rigore interpretativo del critico e la capacità dello scrittore di offrire una lettura suggestiva, ricca di neologismi, della poetica degli artisti che egli maggiormente amava.
Nel 1954 venne pubblicata da Einaudi la sua prima opera narrativa: Il Dio di Roserio. A questa seguiranno poi le opere del ciclo I segreti di Milano, costituito da Il ponte della Ghisolfa e La Gilda del Mac Mahon, La Maria Brasca, L’Arialda e Il Fabbricone, nel quale Testori tratteggia le vicende umane della periferia milanese di quegli anni. Successivamente il romanzo Il Dio di Roserio è stato ridotto dallo stesso autore e inserito ne Il ponte della Ghisolfa. Due anni dopo la sua morte è stato ritrovato un ulteriore scritto sul tema dei Segreti: Nebbia al Giambellino.Sin dal suo esordio come scrittore la produzione di Testori vuole rappresentare la realtà di Milano e del suo hinterland, ritraendo personaggi e ambienti di una società fortemente caratterizzata in senso geografico.
La principale opera teatrale del Testori è L’Arialda, del 1960, che suscita grande scandalo per la sua presunta oscenità, perché venato di tematiche omosessuali. Proprio lo scandalo contribuirà a far conoscere l’opera di Testori al grande pubblico. Il 15 novembre, per protestare contro la censura e contro il divieto di rappresentazione dell’opera, il regista Luchino Visconti e gli attori Rina Morelli, Paolo Stoppa e Umberto Orsini si rivolgono al Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi che si rifiuta di riceverli. Nel 1961, con la regia di Visconti, L’Arialda viene alla fine messa in scena, ed è la prima grande interpretazione di Umberto Orsini. Oltre agli attori citati, sono nel cast anche Pupella Maggio e Lucilia Morlacchi. Un elemento importante di tutta la scrittura testoriana è l’utilizzo di un linguaggio originale creato dalla fusione del dialetto lombardo con elementi estratti dalla lingua francese ed inglese. Importanti in questo senso sono le tre opere teatrali racchiuse sotto il titolo di Trilogia degli Scarrozzanti, e cioè L’Ambleto (1972), Macbetto (1974) ed Edipus. Particolarmente in questi tre testi lo scrittore sviluppa la propria sperimentazione linguistica, creando un linguaggio dal quale riemergono elementi arcaici e ricordi degli originali shakespeariani, con un forte espressionismo linguistico. Dopo questi tre testi (con la composizione di una nuova trilogia: Conversazione con la morte (1978), Interrogatorio a Maria (1979) e Factum est (1981) ) si realizza appieno la conversione cattolica di Testori, che coincide con il suo avvicinamento al gruppo di Comunione e Liberazione da cui diceva di sentirsi accolto “nonostante la condizione di omosessuale”. Il suggello di questa conversione sarà dato dalla sua collaborazione assidua al settimanale del gruppo, Il Sabato, lungo gli anni Ottanta.
Testori collaborò molto con Franco Branciaroli, per il quale scrisse anche delle piece teatrali: fra queste, In exitu, monologo di un tossicodipendente omosessuale che si prostituiva a Milano. Tale testo suscitò molto scalpore per le oscenità raccontate (viene rievocata anche una fellatio compiuta dal marchettaro in un cesso della Stazione Centrale).
Dal 1977 collabora con il Corriere della Sera succedendo a Pier Paolo Pasolini, prima come commentatore e successivamente in qualità di responsabile della pagina artistica.
Si ammala di tumore nel 1990, e ne muore nel 1993.
Nel 2005 la Città di Varallo intitola alla sua memoria la piazza antistante il complesso monumentale del Sacro Monte luogo prediletto dei suoi studi. (Wikipedia)
Effettua il login o registrati
Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.
Condividi