Giorgio De chirico

Giorgio De chirico
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  • Data di nascita 01/01/1970
  • Data di morte 20/11/1978
  • Luogo di nascita Grecia/Volos
  • Luogo di morte Roma

Giorgio De chirico

Giorgio de Chirico è stato un pittore e scrittore italiano, principale esponente della corrente artistica della pittura metafisica. Omosessuale secondo l’interpretazione di alcune sue opere e scritti.

Giorgio de Chirico nasce a Volos, in Grecia, il 10 luglio 1888 da benestanti genitori italiani: il padre Evaristo de Chirico, ingegnere palermitano delle ferrovie, fu tra i principali realizzatori della prima rete ferroviaria in Bulgaria ed in Grecia; la madre Gemma Cervetto era una ricca donna genovese. Nel 1891 ad Atene nasce il fratello Andrea Alberto, che assumerà dal 1914 lo pseudonimo di Alberto Savinio per la sua attività di musicista, letterato e pittore. Giorgio si iscrisse al Politecnico di Atene per intraprendere lo studio della pittura, studio che continuerà all’Accademia di belle arti di Firenze ed infine dal 1906 all’Accademia delle belle arti di Monaco di Baviera. In questo periodo conobbe la pittura di Arnold Böcklin e dei simbolisti tedeschi. Nell’estate del 1909 si trasferì a Milano dove rimase sei mesi, all’inizio del 1910, si recò a Firenze dove dipinse la sua prima piazza metafisica, l’Enigma di un pomeriggio d’autunno, nato dopo una visione che ebbe in Piazza Santa Croce. Nel 1911 de Chirico raggiunge il fratello Alberto a Parigi dove conosce i principali artisti dell’epoca, comincia quindi a dipingere quadri con uno stile più sicuro. Subisce l’influenza di Gauguin da cui prendono forma le prime rappresentazioni delle piazze d’Italia.
Tra il 1912 e il 1913 la sua fama si propaga, anche se ancora non ottiene un adeguato successo economico. In questo periodo comincia a dipingere i suoi primi manichini. Negli anni parigini, Giorgio dipinge alcune delle opere pittoriche fondamentali per il ventesimo secolo. Allo scoppio della prima guerra mondiale i fratelli de Chirico si arruolano volontari e vengono inviati a Ferrara. Dopo un primo periodo di disorientamento dovuto al cambiamento di città, Giorgio rinnova la propria pittura, non dipinge più grandi piazze assolate ma nature morte con simboli geometrici, biscotti e pani.
Negli anni cinquanta la sua pittura è caratterizzata da autoritratti in costume di tipo barocco e dalle vedute di Venezia.
Muore a Roma il 20 novembre del 1978 al termine di una lunga malattia. Pochi mesi prima, il suo novantesimo compleanno era stato celebrato in Campidoglio.
Il suo sepolcro si trova in una cappella della chiesa di San Francesco a Ripa. (Wikipedia)

“… Mentre corteggiava maldestramente il fascismo dava voce a paure e ossessioni confessando le sue fantasie di omosessuale represso in frammenti letterari che uscivano a Parigi in piccole edizioni surrealiste e poi, purgati, in Italia. Fascista non era mai stato, per eleganza, per cultura, per stile: ne aborriva la retorica e la mancanza di ironia e diffidava del binomio arte e politica. Si era iscritto al partito nel 1933, appena tornato pieno di debiti dalla Francia, per poter lavorare. Il suo studio di Parigi era frequentato da antifascisti ai quali dava lavoro. Incurante della politica, nel 1927 dichiarò a un giornalista di preferire la Francia all’Italia e di sentirsi «quasi francese», cosa che gli valse parecchi anatemi in Italia, oltre all’esclusione dalla Biennale di Venezia. Un equivoco nacque in quegli anni attorno ai quadri con ambigue lotte di gladiatori sotto lo sguardo severo di tristi fantasmi. Abituato a non curarsi dei critici, purché parlassero bene di lui, non batté ciglio quando Waldemar George, un reazionario ossessionato da Spengler e dal declino dell’Occidente, interpretò quei dipinti come una restaurazione da Basso Impero di fronte alla crisi dell’arte europea, dando implicitamente ragione a Breton che lo aveva accusato di piaggeria verso i miti della virilità fascista e della romanità. Invece erano derisioni di questi miti ed esternazioni di un’omofilia che non aveva il coraggio di manifestare altrimenti. …” (PAOLO BALDACCI, Corriere della Sera, 9/4/2010)

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