Fryderyk Franciszek Chopin, il cui nome è noto anche nella variante francesizzata Frédéric François Chopin, è stato un compositore e pianista polacco. Fu uno dei grandi maestri della musica romantica ed è talvolta ricordato come il poeta del pianoforte.
Bambino prodigio, Chopin crebbe a Varsavia, dove ebbe modo di completare la sua formazione musicale. A seguito della repressione russa della Rivolta di Novembre (1830), si trasferì in Francia nel contesto della cosiddetta Grande Emigrazione. Per dieci anni, dal 1837 al 1847, fu legato sentimentalmente alla scrittrice francese George Sand. Era di salute cagionevole, e ciò lo portò alla morte nel 1849, all’età di 39 anni.
Gran parte delle composizioni di Chopin vennero scritte per pianoforte solista; le uniche significative eccezioni sono i due concerti per pianoforte. Le sue opere sono spesso impegnative dal punto di vista tecnico, ma mantengono sempre le giuste sfumature e una profondità espressiva. Egli inventò la forma musicale nota come ballata strumentale e addusse innovazioni ragguardevoli alla sonata per pianoforte, alla mazurca, al valzer, al notturno, alla polonaise, allo studio, all’improvviso, allo scherzo e al preludio… (Wikipedia)
————————-
“… Ora una cosa è chiara: Chopin canta, in modo assai malinconico, l’ Assenza d’amore” ; e una tale “assenza” la si può percepire a 21 anni o a 27 o a 35. Certo gli aspetti eterosessuali della vita di Chopin furono molto tormentati: e chissà quale alleanza psicologica si determinò coi suoi circa nove anni di convivenza con George Sand, nota per la sua bisessualità. La vera “assenza” amorosa sta in ciò di cui di Chopin pochissimo si parla: la sua omosessualità che traspare dal suo fitto epistolario. Lo stesso Piero Rattalino nel suo interessante libro “Chopin racconta Chopin” (Edito da Laterza nel 2009) fa dei “glissandi” in sordina sull’argomento. E’ certo che Chopin, da buon patriota polacco, prima ancora che da buon cattolico polacco, viveva la sua omosessualità in modo sofferto e celato. Ma ecco cosa Chopin scrive: “Mi piace ammirare le donne da una certa distanza, gli uomini più delle donne e nell’immediata vicinanza, evitando quindi l’intimità.” E al suo grande amore d’infanzia e di gioventù, e cioè al suo Tytus Woyciechowski: “Ti bacio di cuore, proprio sulle labbra.” (Lettera del 12/09/1829). Lo stesso Piero Rattalino a pagina 17 del suo libro citato non può fare a meno di notare: “Non i miei terrori notturni devono essere suscitati dal pensiero di mia madre, ma i giorni felici della mia infanzia, e di quando mi innamorai -non trovo una diversa parola che renda altrettanto bene il mio sentimento- quando a prima vista mi innamorai di Titus. (…) Il mio prediletto era Titus, studente di agronomia che praticava anche la musica, componeva qualcosina e suonava con me a quattro mani. Quando arrivammo a Vienna fu lui che, col il suo spirito pratico da gentiluomo di campagna, trovò un buon alloggiamento dopo pochi giorni passati in vari alberghi (dispendiosi). Le mie faccende sarebbero forse andate a Vienna diversamente -in meglio!- se Titus fosse restato con me. Ma dopo poco più di una settimana lui tornò in Polonia, ed io mi sentii solo come un cane.” In un altro suo delicato “glissando” letterario, Piero Rattalino, sempre nel suo libro citato, a pagina 160 ci espone il punto di vista di Tytus: “Il mio incontro con Fryderik fu dovuto al caso. Dovendo io frequentare le scuole superiori a Varsavia, mio padre -noi abitavamo in campagna- mi mise a pensione in casa Chopin. Fra i tanti ragazzi che vi trovai, non ebbi la minima esitazione nel riconoscere in Fryderyk -e l’attrazione fu reciproca- il cosiddetto amico del cuore.” In una lettera inviatami da Varsavia e datata 9 settembre 1828, Fryderyk “Mi diceva anche -e mi vennero le lacrime agli occhi per la commozione e la gioia- di avermi dedicato le Variazioni op. 2. ‘Lo esigeva il cuore, l’amicizia ne dava l’autorizzazione, non prendertela a male.’ Non prendertela a male, diceva. Si scusava per avermi dedicato il suo primo capolavoro!” (Piero Rattalino, libro citato, pagina 161). Di che “variazioni” si tratta? Sono le “Variazioni in si bemolle maggiore” per pianoforte e orchestra sul celeberrimo tema del duetto di Mozart “Là ci darem la mano” dall’opera “Don Giovanni”. Queste “Variazioni” risalgono all’estate 1827, eseguite a Vienna nell’agosto 1829, pubblicate come op. 2 nel 1830 sempre a Vienna. Ed ecco cosa Piero Rattalino fa aggiungere a Titus nel libro citato a pagina 161: “Ma le Variazioni! Di una difficoltà terrificante, e così ingegnose come composizione. Fu quello il momento in cui capii veramente che Fryderyk avrebbe fatto parlar di sé il mondo intero.”” (Giuseppe di Salvo, http://giuseppedisalvo.blog.tiscali.it)
Condividi