Articolo su https://www.elle.com/it/magazine/a25776794/lgbtq-diritti-gay/
Se Frank Kameny fosse ancora vivo ci spiegherebbe perché non dovremmo usare il termine LGBTQ
Innanzitutto perché è un fallimento nella lotta contro i diritti gay
DI FRANCESCA ZOTTOLA
Diritti gay: perché il parlare di LGBTQ è sbagliato
Il termine LGBTQ è un insuccesso. Se questo articolo finisse qui si alzerebbe un polverone. Giustamente. Ma questo articolo non finisce qui e le ragioni storiche a questa affermazione non ce le siamo inventate di sana pianta in un inizio di gennaio qualsiasi ma arrivano niente di meno che da Frank Kameny. Sì, esatto quel Frank Kameny, ovvero il più grande attivista per i diritti dei gay del secolo scorso nonché padre del movimento per i diritti degli omosessuali. A lui si deve la prima petizione alla Corte Suprema contro le discriminazioni nei confronti degli omosessuali, le prime manifestazioni e battaglie politiche che lo hanno visto, per primo, arrivare al Congresso e molto altro ancora. Come spiegato lungamente in un’inchiesta realizzata da theatlantic.com, in vita sua però Frank Kameny non ha mai parlato di diritti LGBTQ, non ha mai usato il termine LGBT, e non ha mai spinto affinché venisse usato, in nessuna delle sue varianti, e questo non è certo un fatto assimilabile a concomitanze storiche (la sigla è stata infatti introdotta ufficialmente negli Anni 90, ndr), né tanto meno a una discriminazione nella discriminazione. Il termine LGBTQ, semplicemente per Frank Kameny era da considerare un insuccesso. Ma niente polveroni, la ragione è nobilissima.
Nato nel maggio del 1925, Frank Kameny è morto nel 2011. Seppur gran parte della sua lotta per il movimento si sia sviluppata in tempi (linguisticamente) non sospetti ha avuto modo e tempo sufficiente per far pace con il termine LGBT. Già dalla fine degli Anni 80, infatti, la comunità gay sentì il bisogno di enfatizzare le diversità delle culture basate sull’identità di genere. Ed è proprio su questo punto che si fonda la “nostra” teoria. Il termine LGBTQ è un insuccesso quando si parla di discriminazioni nei confronti degli omosessuali, e la ragione sta proprio nel sentire il bisogno di dover specificare laddove l’essere umano è, e deve poter essere per diritto diverso solo perché unico.
“Gay is good!” professava Kameny nelle sue tante battaglie, un’affermazione orgogliosa che sottintendeva il fatto che gli omosessuali, in quanto persone, eticamente e giuridicamente erano esattamente come gli eterosessuali. Dove buono non qualificava l’omosessualità ma bensì gay, lesbiche, bisessuali e transgender alias le anime per cui lottare. Dove diritti, valori e libertà non erano appannaggio di una categoria ma di tutti. Persone. Appunto. Gay. Per capirsi, non per dividersi. Se c’è stato un tempo storico in cui le minoranze sessuali hanno sentito il bisogno di affermazione del singolo quel tempo è finito. Oggi, dove la discriminazione è all’ordine del giorno, dove le denominazioni etniche o religiose vengono utilizzate sempre più con accezione razzista quel tempo storico è finito. E un movimento inclusivo come quello LGBTQIA potrebbe aver voglia di riscoprire l’essenza onnicomprensiva del pensiero di Frank Kameny. Persone. Punto.
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