Ferdinando Botta

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Ferdinando Botta

da Il Secolo XIX del 9 agosto 2012:

«Me parte in vagùn a stazion». Il commiato, per Ferdinando Botta, classe 1917, erano queste parole. Le ripeteva ogni volta, prima di alzarsi dai tavolini del bar Luigi di piazza Baracca a Sestri Ponente, poi scomparire per i caruggi che portavano al mare. Questa volta non ha avuto il tempo di dirlo. Botta, uno dei figli più famosi e controversi dell’intera delegazione, coloritore e ballerino, omosessuale dichiarato dagli inizi degli anni Trenta, che per ribadire un concetto così indecifrabile per il tempo iniziò a vestirsi da donna tutti i giorni della sua vita, si è spento nella sua casa di Sestri Ponente. E ha deciso di farlo in silenzio, rispettando per l’unica volta la sua riservatezza, respinta e contrastata nel volersi mostrare per quello che era.

Alto, biondo con i capelli lunghissimi, raccolti sulla nuca a muccio. Gli occhi azzurri, sempre sorridenti. Era nato da una famiglia benestante della delegazione nel 1917. Aveva seguito le orme del padre nel dirigere il colorificio di famiglia, in comproprietà con i Compagnoni. «Ma lui amava ballare – racconta Anna Longo, ballerina sestrese – e come chiudeva il negozio correva ad esibirsi nelle compagnie teatrali che portavano i loro spettacoli nella periferia della città».

La sua passione sin da ragazzino. E c’è un aneddoto che racconta Ferdinando Botta da giovane. «Suo papà si era accorto della particolarità del figlio – racconta Attilio Canneva, storico sestrese ex impiegato di Bagnara – diceva che era troppo aggraziato e provava sempre i vestiti della mamma». Così il padre, uomo di fine Ottocento, gran lavoratore, decise di correggerlo. «Lo portò in un casino, dietro Sottoripa. Nando ci raccontava che fu fatto salire in una camera con quattro lucciole». Quando il genitore tornò a prenderlo la matrona non volle nulla: «Non c’è niente da fare» disse, e mentre l’anziano fu preso da un coccolone, «Ferdinando rideva da matti e salutava le signorine con la manina».

Ecco chi era Botta. «Un uomo straordinario, sempre sorridente e pronto alla battuta, ma anche riservato, nonostante sapesse che tutto il paese sparlava di lui. Sul lavoro era intransigente, un genio dei colori. Un artista». Per Botta, questo, veniva prima di tutto. Sempre. Si alzava ogni mattina alle sei. Raggiungeva il negozio di via Menotti, poi si dava da fare tutto il giorno. «La sua azienda venne scelta per la ristrutturazione della Stazione marittima – racconta Manlio Festa, pensionato del porto – Fu un successo».

Ma era di sera che la sensibilità di Botta, la sua vitalità, potevano essere liberate. Se non ballava, si chiudeva nel retrobottega e iniziava a mischiare colori e miscele per i pittori di Sestri. «Non capivo perché mio padre andasse a comprare i colori per la tela in un negozio di vernici – racconta Lucia, figlia del pittore Pietro Pagano – ma si fidava soltanto di lui».

E della sua straordinaria presenza scenica si accorse anche Giorgio Strehler. Erano i primi anni Cinquanta, «Botta, a Sestri, non viveva un grande momento – racconta Canneva – e così si era spostato in centro, a Sottoripa. Passava le serate là, come in esilio». Il regista lo volle – allora – giovane biondo e statuario come “ballerina” nel cast dell’”Albergo dei Poveri”, opera d’esordio al teatro Piccolo di Milano. «Si faceva chiamare Hermes Benny – spiega Canneva – ma era così riservato e si arrabbiava così tanto quando la gente non gli credeva, che non fece mai vedere nemmeno una foto».

E forse, a Sestri intera, è andata bene così. Perché il resto della sua storia, delle sue mille vite, ha riempito la delegazione di una leggenda dopo l’altra. Come quella dei nanetti, quando mise in fuga un gruppetto di turisti siciliani che lo prendevano in giro per gli abiti da signora. Lui li rincorse urlando di essere Biancaneve. Oppure quella del “BP”, il trasporto veloce Boccadasse – Pegli. «Chiedeva se la verdura dovesse pagare il biglietto – sorride Canneva – poi con un gioco di parole sui finocchi riusciva sempre a viaggiare gratis».

Leggende, come quelle che accompagneranno i racconti di Ferdinando Botta in questa Sestri che cambia, e che cerca nel passato qualcosa per riuscirsi a riconoscere. Botta se ne è andato a 95 anni. Se avesse potuto salutare gli amici, avrebbe detto che c’era un vagone ad aspettarlo in stazione.

Alessandro Ponte

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