Re di Prussia dal 1740. Ebbe un’infanzia difficile per i conflitti con il padre, Federico Guglielmo I, che lo voleva educare secondo i rigidi canoni del luteranesimo. Il giovane principe era invece versato per la letteratura e per la musica e amava circondarsi di intellettuali, soprattutto illuministi francesi. Assunto il potere, Federico II governò secondo le linee indicate dal padre; attraverso una serie di abili e fortunate iniziative militari conquistò la Slesia, possedimento asburgico (1742-1745), e dopo essersi difeso contro il convergente attacco austro-russo (1756-1762) partecipò alla prima spartizione della Polonia (1772). Le sue vittorie erano dovute a un uso molto moderno dell’esercito, impiegato in attacchi rapidi e penetranti. In politica interna Federico II, pur non intaccando il predominio della nobiltà nelle campagne, attuò una serie di riforme amministrative che portarono al consolidamento dello stato. Favorì lo sviluppo delle manifatture e si impose all’opinione pubblica internazionale del tempo come il principale esponente dell’assolutismo illuminato. Alla sua morte la Prussia era divenuta una delle principali potenze economiche e militari d’Europa.
————————
Da http://cortedelgaiosapere.forumcommunity.net/?t=50574266:
Tratto da: Mémoires pour servir à la vie de M. de Voltaire écrits par lui même / Memorie per servire alla Vita del signor Voltaire, scritte da lui medesimo (1759-60)
(p. 8)
Il re suo figlio [Federico II], che amava i begli uomini, e non i grandi uomini, ne aveva messi a scortare la regina sua moglie in qualità di aiduchi .
(pp. 10-11)
Il principe aveva una specie d’innamorata [3], figlia d’un maestro di scuola della città di Brandeburgo e abitante a Potsdam. Suonava, assai male, il clavicembalo, e il principe l’accompagnava col flauto.
Credette d’essere innamorato di lei, ma si sbagliava; la sua vocazione non era per il gentil sesso.
Tuttavia, avendo mostrato di amarla, il padre fece fare a questa signora il giro della piazza di Potsdam, guidata dal boia, che la frustava sotto gli occhi del figlio.
Dopo avergli offerto questo spettacolo, lo fece internare nella cittadella di Küstrin, situata nel mezzo di una palude.
Là fu rinchiuso per sei mesi, senza domestici, in una specie di prigione; dopo sei mesi gli si diede per servitore un soldato.
Questo soldato, giovane, bello, ben fatto, e che suonava il flauto, servì in più di un modo a divertire il prigioniero.
Dopodiché, tante belle qualità han fatto la sua fortuna. L’ho visto al tempo stesso cameriere e primo ministro, con tutta l’insolenza che queste due cariche possono ispirare.
Il principe era da qualche settimana nel suo castello di Küstrin, quando un vecchio ufficiale, seguito da quattro granatieri, entrò nella sua camera, sciogliendosi in lacrime.
Federico non dubitò del fatto che venissero a tagliargli la testa. Ma l’ufficiale, sempre piangendo, lo fece prendere dai quattro granatieri che lo misero alla finestra, e gli tennero la testa, mentre tagliavano quella del suo amico von Katte su un patibolo costruito proprio sotto la sua inferriata. Egli tese la mano a Katte, e svenne.
Il padre era presente a questo spettacolo, come lo era stato a quello della ragazza frustata.
(pp. 31-32)
[6]: faceva venire due o tre favoriti, giovani ufficiali del suo reggimento, o paggi, o aiduchi, o giovani cadetti.
Si beveva del caffè.
Colui a cui gettava il fazzoletto restava da solo con lui per un mezzo quarto d’ora.
Le cose non arrivavano fino alle estreme conseguenze dato che il principe, ancora vivo suo padre, era stato trattato malamente
Non poteva recitare il ruolo principale: doveva accontentarsi di quelli secondari.
Finiti questi divertimenti da scolaretto, arrivava il momento degli affari di Stato.
(pp. 32-33)
Si cenava in una saletta il cui ornamento più singolare era un quadro di cui lui stesso aveva dato il disegno a Pesne
[7], suo pittore di corte, uno dei nostri migliori coloristi. Era una bella scena priapica[8].
Vi ci si vedevano giovani che abbracciavano donne, ninfe sotto a satiri, amorini che giocavano al gioco degli Encolpi e dei Gitoni, alcuni spettatori che andavano in visibilio vedendo questi combattimenti, tortorelle che si baciavano, caproni che montavano capre e montoni che montavano pecore.
(…)
Nel suo palazzo non entrava mai né donna né prete. In una parola, Federico viveva senza Corte, senza Consiglio e senza culto.
(pp. 34-35)
Questo governo singolare, questi costumi ancora più strani, questo contrasto di stoicismo ed epicureismo, di severità nella disciplina militare e di mollezza all’interno del palazzo reale, di paggi con cui divertirsi nel suo gabinetto e di soldati da far passare trentasei volte sotto le vergate sotto le finestre del monarca che li guardava, di discorsi di morale e di una licenza sfrenata, tutto questo componeva un quadro bizzarro che poche persone conoscevano allora, e che poi è trapelato in tutta Europa.
(…)
Vuoi per economia, vuoi per politica, non accordava il minimo favore ai suoi ex favoriti, e soprattutto a coloro che avevano rischiato la vita per lui quando era solo principe ereditario.
(p. 45)
[Lettera di Federico II a Voltaire]:
“Come potrei mai causare la disgrazia di un uomo che stimo, che amo, e che mi sacrifica la sua patria, e tutto ciò che l’umanità ha di più caro?
Io vi rispetto come mio maestro di eloquenza.
Vi amo come un amico virtuoso. Quale schiavitù, quale sciagura, quale rivolgimento dovete temere in un Paese in cui vi si stima tanto quanto nella vostra patria, e presso un amico che ha un cuore riconoscente?
Ho rispettato l’amicizia che vi legava a Madame du Châtelet [9]ma, dopo di lei, io ero uno dei vostri più vecchi amici. Io vi prometto che voi sarete felice qui fin tanto che io sarò vivo”.
Ecco una lettera quale ben pochi re scriverebbero. Fu l’ultimo bicchiere che mi ubriacò.
Di persona i complimenti furono ancora maggiori di quelli per iscritto.
Egli era abituato a dimostrazioni singolari di tenerezza con favoriti più giovani di me, e dimenticando per un momento che non avevo più la loro età, e che non avevo la mano bella, me la prese per baciarla.
Io gli baciai la sua, e fui suo quasi come schiavo.
(p. 68)
Federico, nel giro d’un mese, in uno stesso giorno ottiene vicino a Breslavia una vittoria più brillante e più difficile sull’esercito d’Austria, riconquista Breslavia, fa quindicimila prigionieri, il resto della Slesia ritorna in suo potere: Gustavo Adolfo stesso non aveva compiuto imprese così grandi.
Fu giocoforza allora perdonargli i suoi versi, i suoi scherzi, le sue piccole malignità, e perfino i suoi peccati contro il sesso femminile.
Tutti i difetti dell’uomo sparirono davanti alla gloria dell’eroe.
A “Le Delizie”, 6 novembre 1759
(pp. 77-78)
Il duca di Choiseul.[10] non si limitò a questo: è uomo di molto spirito, scrive versi, ha amici che ne scrivono, e ripagò il re di Prussia della stessa moneta, inviandomi un’ode contro Federico tanto mordace, tanto terribile, quanto quella di Federico contro di noi.
Eccone alcuni estratti:
(…)
Sii censore meno selvaggio,
e sopporta l’innocente scherzo
della natura e degli amori.
Puoi condannare la tenerezza,
tu che non ne hai conosciuto l’ebbrezza
che fra le braccia dei tuoi tamburini?
Federico II e Friedrich von Katte (Berlino, 28 febbraio 1704 – Küstrin, 6 novembre 1730)
Von Katte era un giovane di buona famiglia e di strana ma affascinante personalità che, non appena arrivò alla corte del Re di Prussia, essendo tre o quattro anni più grande di Federico, esercitò su di lui una forte attrazione.
I due stavano sempre insieme, e finalmente, arrabbiati dalla durezza del regale genitore, organizzarono una fuga in Inghilterra. Ma furono arrestati [1] e Katte, accusato di tradimento contro il trono [2], fu condannato a morte. C’è il dubbio, fortemente suggerito dalle circostanze, che questa sentenza sia stata pronunciata non tanto per motivi politici, quanto per ripicca contro l’affetto che c’era tra lui ed il principe ereditario.
Von Katte fu trasferito a Küstrin, dov’era il principe, per eseguirvi la sentenza, con le istruzioni che quest’ultimo avrebbe dovuto assistere all’esecuzione. Carlyle, nella sua Vita di Federico II, volume 2, pag. 489, così scrive:
A Katte era stato ordinato di indossare un abito bruno, esattamente eguale a quello del Principe, il quale è già stato condotto in basso, in una sala, per fargli vedere Katte mentre passa di lì (l’ordine reale era di fargli vedere Katte mentre veniva giustiziato, ma lo fecero passare come una disposizione ormai decaduta), e Katte sa che lo vedrà” [Besserer, il cappellano della guarnigione, citato da Carlyle, descrivendo la scena mentre si avvicinavano al castello, dice: «Qui, dopo un lungo e bramoso sguardo tutt’intorno, finalmente vide il suo amato Gionata ad una finestra del castello, e da lui si congedò con l’espressione più gentile e più tenera, parlando in francese, senza alcuna emozione che ne tradisse il dolore].
«Pardonnez moi, mon cher Katte», gridò Federico.
«La mort est douce pour un si aimable prince», rispose Katte, e continuò a camminare, girando dietro l’angolo della fortezza, almeno così sembra, e non poté vedere Federico, il quale svenne senza poter dare un’occhiata a Katte prima che morisse [3].
Il dolore e la disperazione di Federico furono enormi. Poi, il suo regale genitore gli trovò una moglie nella Principessa Elisabetta di Brunswick [4], che lui obbedientemente sposò, ma per la quale non mostrò mai molto interesse. I loro incontri, nel tempo, divennero sempre più rari fin quando non divennero meramente formali.
Più tardi, e dopo la sua ascesa al trono, la maggior parte del tempo libero dagli impegni la trascorse nel suo ritiro di Sans-Souci, lontano dalla società femminile (un fatto che provocò il sarcasmo di Voltaire [5]), ed in compagnia dei suoi amici filosofi e militari, a molti dei quali era particolarmente attaccato.
Condividi