David Hockey nasce a Bradford (U.K.) nel 1937. E’ considerato il più grande pittore inglese del ventesimo secolo. Omosessuale dichiarato.
Infanzia e adolescenza sono caratterizzate dall’inquieto inseguimento di un bisogno di espressione artistica della propria sensibilità e delle proprie percezioni, insomma di un fortissimo sentimento dell’esistenza. Questo lo porta, all’età di sedici anni, a frequentare la scuola d’arte della sua città ed in generale a dedicarsi con estrema passione alla lettura.
Nel 1959 si trasferisce a Londra per seguire i corsi del Royal College of Art. Qui si orienta piuttosto verso gli ambiti più stimolanti ed innovativi, che al momento sono rappresentati dalle versioni locali dell’espressionismo astratto. Ma dopo un inizio in questa direzione, trova sterile l’astrattismo e sottopone a revisione tutte le scelte fino ad allora adottate. Da quel momento lascia che la propria esistenza irrompa nella sua arte fino a divenirne il soggetto principale, nella convinzione che conoscenza della propria sessualità e ricerca stilistica si identifichino. L’esito di questo profondo travaglio intellettuale, in cui ha una parte importante l’influenza del suo compagno di corso R.B.Kitaj, trova nella figura la più autentica espressione della propria sensibilità artistica ed esistenziale.
A partire dai primissimi anni Sessanta, l’atmosfera artistica londinese e il successo delle sue partecipazioni ad alcune determinanti mostre collettive (soprattutto la Young Contemporaries Exhibition del gennaio 1961) lo impongono come uno dei protagonisti della Pop Art anglosassone.
Lo stesso 1961 del suo esordio pubblico è un anno estremamente denso ed importante. Visita New York, dove è colpito dalla libertà della società americana e vive il suo soggiorno come l’accesso di un provinciale ad un mondo sfolgorante. E’ sempre a New York che scopre la poesia di Whitman, Kavafis e che inizia a realizzare acqueforti. Al suo ritorno in Inghilterra il suo successo è immediato. Inizia a lavorare ad una serie di stampe che riflettono le sue esperienze americane, fino a paragonare la propria esperienza a quella dell’apprendista libertino di A Rake’s Progress il celebre racconto per immagini di William Hogarth. Nel dicembre dello stesso anno visita l’Italia; l’anno successivo è a Berlino.
Nel 1963 effettua un viaggio in Egitto e verso la fine dell’anno raggiunge Los Angeles, prova una così grande attrazione per lo stile di vita di questa città da decidere di risiedervi, lasciando che la sua atmosfera, il paesaggio del luogo, le suggestioni della sua vita quotidiana, divengano soggetto d’ispirazione per molte opere.
Quando nel 1968 rientra in Inghilterra il suo successo è già un fenomeno clamoroso, ha al suo attivo molte importanti esposizioni, cui nel 1970 si aggiunge la prima grande retrospettiva a Londra, alla Whitechapel Art Gallery.
Nel 1973 Hockney passa un periodo di tempo a Parigi, dove frequenta Aldo e Piero Crommelynck, che erano stati gli stampatori di Picasso, morto un anno prima e che, almeno dalla grande mostra alla Tate Gallery nel 1960, era uno dei suoi eroi. Frequentando la stamperia utilizzata da Picasso per la produzione grafica degli ultimi vent’anni, ne apprende le tecniche d’incisione e di stampa e realizza una serie di acqueforti a lui ispirate.
Nel 1974, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi gli dedica un’importante mostra.
Negli anni successivi, il suo interesse globale per le arti lo porta ad iniziare, oltre la pittura e l’incisione, un’importante attività di scenografo per il teatro, di prosa e musicale (già nel 1966 aveva realizzato le scene per Ubu Roi di Jarry al Royal Court Theatre a Londra, quindi, nel 1974, per il Glyndebourne Festival, è la volta del Rake’s Progress di Stravinsky e, nel 1978, del Flauto Magico di Mozart per il Metropolitan Opera House di New York).
All’inizio degli anni Ottanta presenta nuove opere che utilizzano fotografie Polaroid e che irrompono sulla scena artistica internazionale come le cose più originali ed importanti del momento.
Ad un certo punto, il carattere antimoderno della sua figuratività, già molto popolare, così come l’originalità del suo riferimento stilistico a Picasso e a Matisse, assumono una particolare attualità per il gusto artistico degli anni Ottanta e Hockey diventa un importante modello di riferimento per molti giovani artisti. Nell’ultimo decennio del secolo, con lo stampatore Ken Tyler, produce numerose acqueforti e litografie. Nel 1986 inizia ad esplorare nuovi percorsi creativi della stampa lavorando con fotocopie a colori.
Nel 1988 la maggiore retrospettiva della sua attività e presentata a Los Angeles, New York e Londra. (http://www.grafica.beniculturali.it)
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