David Bowie (pronunciato [‘bo?i] in inglese), pseudonimo di David Robert Jones è un cantante, polistrumentista e attore britannico. Muore, a soli 69 anni, dopo una battaglia di un anno e mezzo contro il cancro, circondato dall’affetto di parenti e amici. Tre giorni prima, nel suo compleanno, aveva pubblicato il suo ultimo BELLISSIMO disco “Black Star”
Attivo dalla metà degli anni sessanta, Bowie ha attraversato cinque decenni nella musica rock, reinventando nel tempo il suo stile e la sua immagine e creando personaggi come Ziggy Stardust, Halloween Jack e The Thin White Duke (noto in Italia come il Duca Bianco). Dal folk acustico all’elettronica, passando attraverso il glam rock, il soul e il krautrock, David Bowie ha lasciato tracce che hanno influenzato molti artisti.
Come attore, dopo alcune piccole apparizioni ha avuto un buon successo nel 1976 come protagonista del film di fantascienza L’uomo che cadde sulla Terra di Nicholas Roeg. Tra le sue interpretazioni più note si ricordano Furyo (Merry Christmas Mr. Lawrence) di Nagisa Oshima del 1983, Absolute Beginners e Labyrinth del 1986 e Basquiat di Julian Schnabel del 1996 nel quale interpreta il ruolo di Andy Warhol.
David Bowie è sposato dal 1992 con la modella somala Iman Mohamed Abdulmajid ed ha due figli, Duncan Zowie Haywood (nato nel 1971 dal precedente matrimonio con Mary Angela Barnett) e Alexandria Zahra (nata nel 2000), oltre a Zulekha, nata dal precedente matrimonio di Iman. Nel 2008 è stato inserito al 23° posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo Rolling Stone, e tra le sue migliori “tracce vocali” ci sono Life on Mars?, Space Oddity ed Heroes…
La presunta bisessualità
Alla fine del 1964, quando Bowie cantava nei Manish Boys, il gruppo fece un’audizione alla BBC per una serie di concerti allo Star Club di Amburgo. Il cantante si assicurò l’ingaggio giurando all’organizzatore tedesco di essere gay: «All’epoca era una cosa piuttosto comune. Si diceva qualsiasi cosa, pur di avere successo.» Tuttavia, già in quel periodo la supposta omosessualità del cantante sembrava quantomeno esagerata: durante un concerto incontrò la quattordicenne Dana Gillespie, che divenne la sua ragazza e che continuò a frequentare fino agli anni settanta.
Nel gennaio 1972 uscì la “scandalosa” intervista per Melody Maker, in cui Bowie affermava: «Sono gay, lo sono sempre stato, anche quando ero David Jones». L’intervista creò un certo clamore e in pochi pensarono a una tattica sensazionalistica alle porte di Ziggy Stardust, tuttavia il tempismo era perfetto: il movimento gay britannico elesse David a suo simbolo mentre i benpensanti accolsero scandalizzati la dichiarazione.
Del resto gli argomenti considerati tabù avevano sempre esercitato una forte attrazione su Bowie e la sua determinazione ad agire fuori dagli schemi tradizionali lo spinse in questo periodo verso la sottocultura omosessuale: «Mi piaceva l’idea di questi locali e di queste persone e il fatto che tutto ciò che li circondava fosse qualcosa di cui nessuno sapeva nulla…», spiegò in seguito, « […] così mi attirava follemente. Era come un altro mondo in cui volevo realmente entrare».
I commenti di David sull’argomento formulati negli anni successivi saranno tutt’altro che chiarificatori. «È vero, sono bisessuale», dirà alla rivista Playboy nel settembre 1976, tranne poi rispondere poco tempo dopo alla domanda di un altro intervistatore affermando il contrario: «Era solo una bugia. Mi appiccicarono quell’immagine e io mi ci adeguai piuttosto bene per alcuni anni». Durante il tour in Nuova Zelanda del 1978 dichiarerà: «Sì, sono bisessuale, quella era un’affermazione vera», mentre in occasione del suo lancio sul mercato di massa, nel 1983, si affretterà a ritrattare le sue affermazioni precedenti, dicendo alla rivista Time che era stato “un grande equivoco” e su Rolling Stone lo definirà “il più grande errore che abbia mai fatto”.[191] Nel 1987, incalzato sull’argomento da Smash Hits, Bowie sottolineava divertito l’intera faccenda, consentendo alla rivista di pubblicare: «Ha ha!, Non dovreste credere a tutto quello che leggete». Nel 1993 sulla rivista Rolling Stone smentirà definitivamente la voce riguardante la sua bisessualità: «Non mi sono mai sentito un vero bisessuale ma ero magnetizzato dalla scena gay underground. Era come un altro mondo di cui volevo acquistare una quota. Questa fase durò solo fino al 1974, morì più o meno con Ziggy. Davvero, avevo solo fatto mia la condizione di bisessuale. L’ironia è che non ero gay». (Wikipedia)
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Un artista in preda a continui desideri privi di oggetto, divorato dall’ansia di diventare una star, dominato da una fame sessuale potente e inesauribile. Un cacciatore di uomini, di donne e di transessuali, schiavo della cocaina, rapito dal lato oscuro della forza e terrorizzato dall’idea di dare alla luce il figlio del Diavolo. Un Jim Morrison senza calore, artificiale, ma ancora più trasgressivo. Certamente più vorace e determinato. E per questo capace di scavalcare l’abisso senza farsi ingoiare… Scavato, pallido, androgino, una pupilla dilatata per colpa di un incidente infantile, a nemmeno vent’anni l’insaziabile David Robert Jones sceglie tre punti di riferimento per trasformarsi in un piccolo dio. Sono l’artista pop Andy Warhol, il cantante Lou Reed e la rock star punk Iggy Pop, che diventerà uno suo strettissimo amico e presumibilmente uno dei suoi molti amanti negli anni di Berlino. Dopo il primo successo commerciale, Space Oddity , Bowie sposa l’americana Mary Angela Barnett. E’ lei che lo ribattezza Rainbowman, uomo arcobaleno. Si tradiscono il giorno delle nozze. Lui seduce un cameriere. Nell’ambiente della musica la sua virilità diventa un mito, «nessuna donna si sente al sicuro di fronte a David. E in verità la maggior parte non vuole sentirsi sicura affatto». Ma sono soprattutto gli uomini ad attirare le sue attenzioni. Il ballerino Lindsay Kemp si innamora di lui e gli consegna una parte nel suo spettacolo. Bowie è un’infedele macchina del sesso, disperatamente alla ricerca della cordigliera di un corpo qualunque, di uno spazio morbido su cui gettare l’ancora. La gelosia schiaccia Kemp. Un amico americano del cantante racconta a Trynka di aver passato alcune notti nella casa londinese del Duca Bianco. «Mi svegliavo travolto da una pila di corpi nudi. Credevo di conoscere bene lo stile di vita del rock’n’roll. La verità è che prima di arrivare in Inghilterra non avevo neppure un indizio». Pan-sexuality. Divorava tutto. Agli inizi degli Anni 70 si trasferisce a Los Angeles. E’ lì che scopre la droga pesante. Dal sedativo ipnotico Quaaludes alla cocaina, considerata indispensabile nel processo creativo. La divide con Iggy Pop e con Dennis Hopper, divo di Easy Rider. Ne consuma quantitativi formidabili. A fornirgliela è lo stesso pusher di Ronnie Wood e Keith Richards. Dorme poco, va a letto con Elizabeth Taylor e Amanda Lear. In genere si addormenta russando il suo coma fatto di pasticche e di alcol. Ha perennemente i brividi, porta il cappotto anche d’estate, il suo naso è continuamente gocciolante. John Lennon e Elton John, che in quel periodo vivono a Hollywood, raccontano di essere seriamente preoccupati per il suo stile di vita. Nel 1976 si ripulisce dopo un viaggio in Giamaica. E’ forte, si sente immortale. Si innamora dei miti del Terzo Reich e confessa una passione per Adolf Hitler: «La prima pop star». Lo crocifiggono. Spinto dall’amicizia con lo scrittore Christopher Isherwood si trasferisce a Berlino. «I giorni migliori della mia vita». Successo, droga, sesso, night club. Il solito. Va a letto con Bianca Jagger. Negli Anni 90 Michael Jackson e Madonna prendono il suo posto. Non si scompone. Anzi in parte si ritrova conoscendo la moglie attuale, Iman, e trasferendosi a New York. Come se si fosse chiuso un cerchio, come se per la prima volta si sentisse in compagnia di qualcuno. Chi lo sa se è davvero così. «Tua madre ha una gran confusione in testa, non sa bene se sei un ragazzo o una ragazza (…) Non sei mai soddisfatto ma l’eccesso è la tua regola (…) Ribelle, ribelle, ma che ne sanno gli altri?». David Bowie, Rebel, Rebel , 1974. La colonna sonora di una vita. (A. Malaguti, La Stampa, 29/3/2011)
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