Cecil Beaton, omosessuale dichiarato, è stato un fotografo e costumista britannico.
Dopo il liceo studia storia e architettura a Cambridge e dal 1926 si dedica alla fotografia e a disegnare costumi e scenografie per la televisione e poi per il cinema. Vince due Oscar per Gigi e My Fair Lady. In particolar modo diventerà un’icona della moda il vestito bianco e nero disegnato da Beaton ed indossato da Audrey Hepburn in My Fair Lady.
Dagli anni 30 anche fotografo di moda. Dal 1939 al 1945 è il fotografo ufficiale del Ministero dell’informazione Britannico. (Wikipedia)
“…Beaton, figlio di un facoltoso commerciante di legname di Hampstead con velleità d´attore, era diventato un fotografo dandy con velleità di cantante. Pansy era la parola con cui in Inghilterra bollavano i ragazzi effeminati e snob come lui, freschi di college (Cambridge, non Oxford con suo sommo rammarico, e senza una laurea). Che comunque ben si guardava dall´ammettere la sua omosessualità (il grande amore della sua vita, Peter Watson, collezionista d´arte, non fu mai suo amante), covando passioni segrete per i boys e alimentando love story improbabili con dive dall´ambigua sessualità come la Garbo. Nel 1948, quando s´incapricciò della Reddish House, la magione di Broad Chalke dove è vissuto e sepolto, Greta fu la prima ospite illustre. Doveva pur essergli grata per averla ritratta nel ´46 fiera, altera e immortale come una dea. Si era arresa al suo obiettivo stregata dall´immagine che aveva scattato nel ´31 a Gary Cooper – la più bella mai vista. Gli aveva persino perdonato la platonica infatuazione per Marlene Dietrich, il «giocattolo» preferito degli anni Trenta, quando era già fotografo ufficiale di Vogue, in carriera per diventare l´unico occhio indiscreto ammesso a Buckingham Palace (ovvio, fu lui a tramandare ai posteri l´immagine ufficiale dell´incoronazione di Elisabetta, nel 1953).
Qualcuno l´avrebbe volentieri preso a schiaffi quando se ne usciva con esclamazioni tipo «forse il secondo peggior crimine del mondo è la noia; poiché il primo è essere noiosi» e raccontava per immagini l´alta moda parigina immersa in un´opulenza degna del Re Sole mentre l´Europa era ancora stordita dai bombardamenti. Truman Capote, complice e perfido con i vip gay che incrociavano la sua orbita, disse che Beaton era un´autoinvenzione, aveva cioè strumentalizzato le “vittime” del suo obiettivo per ottenere l´agognato posto al sole, un briciolo di fama che lo facesse sentire in famiglia accanto al Duca di Windsor e Wallis Simpson, Marilyn Monroe e Elizabeth Taylor, Yul Brynner e Marlon Brando, Cristobal Balenciaga e Hubert de Givenchy. Proprio come Warhol con Elizabeth Taylor e Jacqueline Kennedy. Ma non poteva essere solo la smania di compiacere i grandi socialite che creava meraviglie nella camera oscura se anche Picasso e Dalì sfilarono negli anni Trenta davanti all´obiettivo di Beaton, e di seguito, in 53 anni di attività (1926-1979), Winston Churchill e Charles de Gaulle, Maria Callas e Karen Blixen, Rudolf Nureyev e Georgia O´Keeffe, David Hockney e Barbra Streisand (oltre a mezzo secolo di scatti per i magazine di moda). Non è certo per solidarietà gay che Mario Testino, suo erede alla corte d´Inghilterra, dice: «Ha segnato la sua epoca come se fosse stato l´unico»; e Nick Knight: «Ha fotografato le bellezze dell´alta società come fossero maschere di porcellana; è sempre stato poetico e sensibile, anche nelle memorabili immagini di guerra». La Seconda guerra la patì, ma fece il suo dovere. Il ministero dell´Informazione lo incaricò di documentare le attività sul fronte inglese. «Mi sentivo frustrato e avevo vergogna della mia totale inadeguatezza», scrisse nel diario, eppure portò a casa immagini indimenticabili; commovente quella di Eileen Dunne, una piccola vittima di tre anni, che nel letto d´ospedale si stringe al suo orsacchiotto di pezza. …” (Giuseppe Videtti, La Repubblica, 31/7/2011)
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