ALL’ANAGRAFE: William Bradley Pitt

I film di interesse glbt a cui ha partecipato sono l’ambiguo “Intervista col vampiro” dove è abbastanza chiara l’attrazione tra lui e il vampiro Lestat (Tom Cruise), poi c’è “The Mexican” con lo stupendo personaggio gay interpretato da James Gandolfini (probabilmente la cosa migliore di tutto il film) e infine il film cult “Thelma & Louise” che pur non essendo un film lesbico è un film molto amato sia dalle lesbiche che dai gay.

William Bradley Pitt è nato a Shawnee, nell’Oklahoma, il 18 dicembre 1963 ma si è subito trasferito a Springfield nel Missouri dove suo papà, Bill, manager di una compagnia di trasporti, aveva trovato un lavoro migliore. Jane, sua mamma, è consigliere scolastico. Dopo un’infanzia spensierata, sempre per strada a giocare con i fratelli, Brad si iscrive alla Kickapoo High School (dal nome di un capo indiano) dove si mette subito in luce: è nella squadra sportiva e nel consiglio degli studenti. Ma una città in cui l’unica attrattiva è il Drive In gli va stretta e così l’abbandona per l’Università del Missouri a Columbia. Qui, oltre a studiare e a prendere un diploma in pubblicità, entra a far parte della confraternita studentesca dei Sigma Chi, e con loro fa qualche spettacolino: i suoi primi passi da attore.

Il tarlo dell’artista comincia a scavare e nella sua testa si fa strada l’idea dì partire in cerca di fortuna: “Stavo per laurearmi ma un bel giorno mi sono reso conto che ero pronto per andarmene: bastava prendere la macchina, puntare a ovest e partire”. C’è solo qualche problema: possiede una tanica di benzina, 325 dollari, non è mai stato più ad ovest di Wichita, Kansas, e non ha in pratica nessuna esperienza di recitazione. Ma Brad, come dimostrerà nella sua carriera, non è un tipo prevedibile: c’è sempre qualcosa da scoprire su di lui, sulle sue abitudini, sul suoi gusti. Per esempio, una sua piccola mania, quando inizia a girare un film, è quella di procurarsi una bicicletta, con cui, appena può, se ne va a zonzo nei dintorni. E quando il film è finito, lega la bici con un lucchetto in qualche posto e se gli capita di tornare in quel luogo, va subito a vedere se c’è ancora.

Un’altra sua abitudine è quella dl scarabocchiare incessantemente, su un notes. Anche se professa un grande amore per la musica, la sua passione è l’architettura, insieme ad altri vezzi un po’ meno intellettuali: fuma sigarette di una marca particolare, ama alla follia le torte di fragola, nonostante una costante acidità di stomaco, e non può fare a meno del suoi tre affezionatissimi cani: Purty, Todd Potter e Saudi.

Piitt, sorpassata da un po’ la trentina, sta tornando a essere quell’attore con quel cervello che nel 1995 gli aveva fatto accettare la parte del pazzo ecologico ne L’esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam, parte che gli valse persino una candidatura all’Oscar.

Nato artisticamente nel 1990 come “il gran bel culo” che Gina Davis si porta a letto in Thelma & Louise di Ridley Scott, Brad non accenna a smettere di interpretare le parti da ribelle: un cameo divino in Una vita al massimo, protagonista nell’eccessivo Kalifornia, bello ed erede di Robert Redford nel lungo In mezzo scorre il fiume, dannato con anima ruba la scena a Tom Cruise in Intervista con il Vampiro.

È il 1994 e l’anno successivo arriva la consacrazione che lo porta definitivamente in serie A: l’interpretazione del poliziotto iroso al fianco di Morgan Freeman in Seven, del cupo David Fincher, lo porta alla ribalta di tutti. Seven segna la svolta per tutti: ormai film di culto, è il fiore all’occhiello del giovane attore. Con David Fincher creerà ancora scalpore, seppur in tono minore, anche come qualità dell’opera, in Fight Club, dove sfigurato rinuncia alla sua bellezza a servizio della storia.

Vi presento Joe Black e Sette anni in Tibet sono i due passi falsi che lo fanno tornare ai tempi di Vento di Passioni: classificato solo come “bello di Hollywood” i film non hanno comunque successo e le inquadrature in tre quarti, con fotografia per modelli, lo fanno diventare oggetto di scherno di tutta la critica mondiale che subito dimentica i suoi film precedenti.

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