Amos Guttman è stato il primo regista israeliano a rappresentare la realtà gay nei suoi film, in un periodo, tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80, in cui la società israeliana era ancora fortemente omofoba.
Nato in Transilvania, Romania, il 10 maggio 1954, emigra con la famiglia in Israele all’età di 7 anni. Finita la scuola dell’obbligo, si diploma presso l’istituto di Cinematografia della scuola Beit Zvi di Tel Aviv. In questo istituto Guttman gira i suoi primi cortometraggi come progetti scolastici ed in seguito diventerà anche docente. Guttman ha vissuto la maggior parte della sua vita a Ramat-Gan, una cittadina alla periferia di Tel Aviv, dove il padre gestiva un emporio di calzature.
Dal 1977 alla sua prematura morte per AIDS, il 16 febbraio del 1993, Guttman ha diretto in tutto sei film , quasi tutti riflessioni profondamente personali della propria vita. Probabilmente il suo film più noto è l’ultimo, Amazing Grace (1992).
Amos Guttman era un uomo molto bello, carismatico e profondamente appassionato del suo lavoro di regista. Nonostante non si curasse molto del successo commerciale dei suoi film, era stato invitato a numerosi festival internazionali ed era apprezzato dalla critica, anche all’estero, per la sua originalità, la sua tecnica e soprattutto per la sua attenzione alla forma e all’estetica. Guttman dimostrò in tutti i suoi film una accentuata sensibilità camp, che lo contrapponeva completamente al ‘realismo sionista’ allora dominante nella cinematografia israeliana. Già da ragazzo bigiava la scuola per andare al cinema; amava molto i film di Hollywood: i musical e i melò come quelli di Douglas Sirk, fu poi anche influenzato dal cinema di Fassbinder, col quale condivideva una visione simile della realtà gay.
Guttman trasformava i suoi sogni e le conversazioni di tutti i giorni con amici e familiari in parti integranti di suoi film. Quasi tutti i suoi film parlano della vita gay in Israele: della difficoltà di crescere gay in un mondo ostile (soprattutto nei suoi primi corti) , della vita di un regista gay, dell’essere esclusi dalla società ed essere marchiati dallo stigma della differenza, dello status di malato di Aids. Egli era interessato ad ogni tipo di esclusione e diede voce ai più diversi tipi di personaggi ai margini della società israeliana dell’epoca, compresi gli arabi. La marginalità dei suoi personaggi si esprime anche attraverso la rappresentazione degli spazi angusti che essi abitano; il loro mondo si riduce ad interni di appartamenti, a bar freddi e minacciosi, ospedali, aree di cruising nei parchi, ripresi soprattutto di notte. Tutto in totale contrasto con la “bella e fiorita terra di Israele ” celebrata in una nota canzone popolare sionista.
Guttman era un regista iconoclasta, nemico del politically correct , uno spirito libero, che non temeva nemmeno di irritare la comunità dei gay israeliani. Egli ha descritto nei suoi film i personaggi gay in una prospettiva a volte talmente negativa da attirarsi più critiche che apprezzamenti anche da parte di importanti associazioni LGBT israeliane come la Agudah, che aspiravano invece a rappresentazioni positive della realtà gay nei media. I suoi protagonisti sono sempre senza speranza, imprigionati in circoli viziosi di sfruttamento sessuale ed emotivo, oppressi, manipolati e traditi, ma allo stesso tempo capaci di esercitare dominio sugli altri. Allo stesso modo, si trova in Guttman una visione della sessualità omosessuale non interessata a normalizzarsi, ma piuttosto a sconvolgere le strutture sociali esistenti. I film di Guttman sono stati anche il prodotto di un momento storico in cui in Israele l’omosessualità era ancora repressa e marginalizzata. Il suo film ‘Drifting‘ fu girato cinque anni prima dell’abrogazione da parte del parlamento israeliano della legge contro l’omosessualità.
Guttman non ha mai cercato di piacere al grande pubblico e anche per questo ha sempre dovuto lottare per la mancanza di finanziamenti ai suoi film.
Guttman iniziò la sua breve carriera con tre cortometraggi in bianco e nero diretti tra il 1977 al 1982, nei quali era già centrale il tema dell’omosessualità:
– “A Safe Place” (Makom Batu’akh, 29 min., 1977) su di un giovane studente gay che scopre in un cinema la sua emergente identità omosessuale.
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– ” Repeat Premieres” (Premyerot Khozrot, 15 min. ,1976) incentrato su di un giovane burattinaio che abbandona la realtà per rifugiarsi nelle sue fantasie omoerotiche. Anche qui il cinema è il luogo ideale per i propri sogni.
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– “Drifting” anche conosciuto come “Afflicted” versione breve ( Nagu’a , 25 min. , 1979) che racconta di un giovane israeliano, che cerca di realizzare i suoi desideri repressi recandosi in un bar gay.
Nel 1982 Guttman dirige il suo primo lungometraggio, anch’esso chiamato “Drifting” o “Afflicted” (“Nagu’a”, 104 min., 1982). Al nome si aggiunge di solito “versione lunga” per distinguerlo dall’omonimo cortometraggio.
Sebbene il titolo di ben due film di Guttman “Nagu’a”, significhi in ebraico “infetto”, “malato” o “contaminato”, l’AIDS non centrava nulla, anche perché a quel tempo quella malattia non era ancora nota. Alla luce della sua morte per AIDS però, questa scelta appare come un segno del destino, oltre che un’indicazione della volontà del regista di enfatizzare la sua visione della vita gay, come alternativa all’immagine di ‘popolazione sana’ sbandierata dalla propaganda sionista.
“Drifting” (versione lunga) è considerato il primo film israeliano focalizzato esclusivamente su di un protagonista ed una ambientazione omosessuale. “Drifting” è forse il film più autobiografico di Guttman, in cui egli meglio rappresenta la difficoltà di accettare il ruolo assegnato dalla società israeliana ad un regista gay. Il protagonista, Robi, è un giovane gay di Tel Aviv che, proprio come il regista, sogna di girare un film e di trovare l’amore. In attesa di trovare i finanziamenti per il suo film egli vive con la nonna e lavora presso il suo spaccio alimentare. La nonna tollera la sua omosessualità, preferendo ignorare gli uomini che egli si porta a casa, ma vede nel rifiuto di Robi di sposare una donna, una vergogna per la famiglia. Robi ha un amante, che cedendo alla pressione sociale, si è invece sposato ed è contento così. In una delle scene finali Robi chiede ad un arabo fuggiasco che si era portato in casa, di penetrarlo. Una scena del genere rappresentava un vero insulto alla retorica sionista dominante in quegli anni. Il film fu vietato dalla televisione israeliana e quando fu programmato al festival di Montreal nel 1984, il governo israeliano protestò, nel tentativo di far sopprimerne la proiezione, sostenendo che il film non rappresentava la cultura israeliana.
“Drifting” (versione lunga) fu seguito da altri tre lungometraggi:
Bar 51 – Sister of Love (95 min.,1985) racconta del morboso legame che lega il giovane Thomas alla sorella Marianna. I due dopo la morte della madre si trasferiscono a Tel Aviv e trovano lavoro in un decadente cabaret nella parte più squallida della città. La gelosia di Thomas è sempre più incontrollata, fino a portare ad un tragico finale. Il film è tutto permeato da riferimenti gay e da una sfolgorante estetica camp.
“Himmo, King of Jerusalem” (Khimmo Melekh Yerushalayim, 1987). Basandosi su di un libro omonimo di Yoram Kaniuk, questo film parla, con una sorprendente prospettiva queer, di un argomento quasi sacro in Israele: la guerra per l’indipendenza di Israele del 1948. Protagonista del film è una giovane infermiera che si innamora di un soldato ferito a morte e mutilato, che non può parlare o muoversi e che desidera morire. Questo film, l’unico girato su commissione e l’unico a non avere forti riferimenti gay, fu un completo fiasco, che amareggiò molto Guttman e lo tenne lontano dalla regia per diversi anni.
Amazing Grace (Hessed Mufla, 95 min.,1992) . Ultimo film di Amos Guttman, racconta la storia di un uomo ammalato di AIDS (ma la parola AIDS non viene mai pronunciata), del quale si innamora inutilmente un ragazzo, suo vicino di casa. Amazing Grace, primo film israeliano a parlare di una vittima dell’AIDS, riflette non solo lo stato di malattia del regista, ma anche della solitudine e del disagio dell’intera comunità gay israeliana di fronte al diffondersi del contagio. Guttmas morirà di malattie collegate all’AIDS pochi mesi dopo l’uscita del film, la malattia manifestò la sua fase acuta subito dopo la fine delle riprese.
Il protagonista del film è il diciottenne Jonathan, che ha lasciato la casa di sua madre per andare a vivere con Mikey, un giovane molto bello, che però lo tradisce e lo trascura. Al piano di sopra è appena arrivato Thomas, un trentenne, tornato nella casa dove abitano sua madre e sua nonna, dopo aver fallito come musicista a New York. Quando Jonathan vede Thomas per la prima volta se ne innamora pazzamente, nonostante questi sia un tipo ombroso, faccia uso di droghe pesanti e sia malato. Solo in questo ultimo film di Guttman, abbiamo un tenero bacio d’amore tra due uomini, invece di una cruda scena di sesso, ma si tratta anche di un ultimo bacio prima dell’inevitabile morte. Il film fu premiato nel 1993 al Torino International Gay & Lesbian Film Festival.
In un certo senso, Amazing Grace e la morte di Guttman hanno segnato la fine di un’era e l’inizio di un’altra. Gli anni ’90 porteranno grossi cambiamenti nella società e nella legislazione israeliana e anche nella stessa comunità gay. Questi cambiamenti saranno ben documentati dai film del regista Eytan Fox. A proposito di “Drifting” di Guttman, Eytan Fox dirà in un’intervista al New York Time del 2013: “Quando avevo 17 anni, andai in macchina a Tel Aviv per vedere il primo lungometraggio di Amos Guttman. Mi commosse vedere persone che andavano a vedere un film con un personaggio gay, d’altra parte però, mi disturbò il fatto che questo personaggio fosse ai margini della società e facesse battuage nei parchi pubblici. Ho pensato: ‘non voglio essere gay, se questo è ciò che significa gay‘. Questo ragionamento convinse Fox a voler diventare un diverso tipo di regista gay: “Ho iniziato il mio primo cortometraggio con una bandiera israeliana, perché anch’io ho combattuto in una guerra e conosco col cuore le canzoni israeliane. Io non sono un personaggio di Amos Guttman, io non vivo in questi bar sotterranei. Sono gay, e sono una parte di Israele “.
(Roberto Mariella)
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