As a young adult, Russell led a seemingly heterosexual lifestyle; at least two of these relationships (with Muriel Fuiji in San Francisco and later Sydney Murray in New York) have been substantiated.
Although he briefly dated Allen Ginsberg in 1973, Russell did not identify as a gay man until becoming involved with hairdresser Louis Aquilone in 1976.[23] After the relationship with Aquilone dissolved, Russell dated Donald Murk (who subsequently became Russell’s manager) for several years. According to Steven Hall, the relationship was tempestuous, “with lots of threesomes and fighting and very dramatic emotional scenes”. As this relationship drew to a close, Russell became acquainted with silkscreen operator Tom Lee; their friendship rapidly evolved into a domestic partnership.
Although Russell continued to see other men and women, their partnership endured until his death in 1992.[34] Lee, who became a schoolteacher and continued to reside in the couple’s rent-controlled East Village apartment until February 2011, is the executor of Russell’s estate.[citation needed] Their relationship is detailed at length in Matt Wolf’s Wild Combination: A Portrait of Arthur Russell. (Wikipedia)
“Arthur Russell è stato una persona complessa, ragazzo di campagna timido e brutto trasferitosi in città, dove ha scoperto di essere omosessuale, di esser bello anche se non ci si riusciva ad abituare e soprattutto di essere un genio musicale. Arthur Russell rimane però prima di tutto una persona.
La sua parabola musicale, così incredibilmente eterogenea, complessa e confusionaria, ce lo conferma sempre e comunque, che in fondo altro non era che l’archetipo dell’essere umano, fragile e debole così come capace di una forza intellettuale inaudita.
Nato nel 1951 nelle campagne dell’Iowa cresce come prodigio musicale e vorace lettore, fin quando a diciotto anni non sconvolge la tranquilla vita dei genitori annunciando di volersi unire ad una comune buddhista di San Francisco.
Il periodo passato nella città hippie per eccellenza è un momento di crescita personale che gli fa capire che non è completamente quello il suo mondo di appartenenza, ma gli regala anche un incontro chiave per tutta la sua vita e carriera, quello con Allen Ginsberg.
Per il guru della beat-generation il giovane Arthur compone mantra e lo accompagna nella recitazione delle sue opere con quello che è il suo strumento d’elezione, il violoncello, passione ereditata dalla madre.
Alla metà degli anni ’70 prende la decisione (anche grazie all’aiuto di Ginsberg) di trasferirsi a New York, dove si immerge completamente nella vita e nel mondo musicale della grande mela, stringendo rapporti e collaborando con praticamente tutte le personalità di spicco di qualunque genere.
Qui comincia ad acquisire sempre più consistenza la sua produzione musicale, che nei primi anni ’70 è rivolta ad un folk delicato e commovente dal feeling ancora prettamente adolescenziale…” (dlso.it)
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