Il film biografico diretto da Bryan Singer e scritto da Anthony McCarten è ad oggi il più alto incasso complessivo per un lungometraggio a tematica gay nella storia del cinema. Il racconto per immagini della nascita e il successo della band britannica dei Queen e del suo immortale frontman Freddie Mercury è attualmente alla 127° posizione del box-office internazionale con incasso parziale di poco più di 637 milioni di dollari, dati aggiustati all’inflazione.
Stesso successo imprevedibile anche in Italia, dove Bohemian Rhapsody ha incassato fino adora più di 15 milioni di euro, posizionandosi come secondo miglior risultato del 2018 cinematografico; è prevedibile un allungamento dell’incasso totale nostrano soprattutto in vista delle festività natalizie, dove il biopic di Singer potrebbe addirittura ambire ad un incasso di circa 20 milioni di euro.
Bohemian Rhapsody racconta l’ascesa e il successo globale della band inglese, con un occhio di riguardo al punto di vista inedito del frontman Freddie Mercury (il candidato al Golden Globe Rami Malek), qui raccontato nel pubblico e nel privato, dai primi timidi successi su un palcoscenico musicale al concerto storico del Live Aid del 1985, dalla relazione con Mary Austen al contagio dell’Aids a fine anni ’80. Icona musicale e gay, il Freddie Mercury del grande schermo è dunque il personaggio queer con il più alto incasso internazionale.
La travagliata produzione del film e il risultato finale
Progetto ambizioso e travagliato, il racconto per il grande schermo dedicato alla nascita e all’ascesa dei Queen e del suo immortale frontman è stato per anni affidato nelle mani del regista premio Oscar Tom Hooper e nel volto di Sacha Baron Cohen, perfetto Freddie Mercury fino alle battaglie di divergenza artistica con la Fox e le ingerenze dei membri della band britannica nei confronti di una visione più rispettosa ed edulcorata delle vicende private dello sfortunato Mercury. Dopo qualche anno di silenzio stampa, il regista americano Bryan Singer prende le redini del progetto decaduto e sceglie la star televisiva Rami Malek per dare volto e, movenze e voce potente al più grande leader musicale della storia inglese.
Da una storia originale di Peter Morgan e una sceneggiatura di Anthony McCarten, Bohemian Rhapsody è un film che, alla luce anche delle beghe produttive in corso di riprese con il licenziamento di Singer e la rifinitura delle ultime sequenze affidato a Dexter Fletcher, soffre di fin troppa ripulitura narrativa. Se Malek affida corpo e voce a rendere giustizia sul grande schermo a Freddie Mercury con dedizione, è lo stesso attore statunitense a salvare in corner un biopic maledetto dalle troppe ingerenze produttive. Il film di Singer e Fletcher, a prodotto finito, risulta una confezione esageratamente laccata e politically correct della storia dietro la nascita della riverita band inglese, un racconto per immagini privo di dinamicità e intuito artistico, che solamente vale il prezzo del biglietto per la musica della rock band a tutto volume e per l’ottimo ritratto di Mercury affidato ad un diligente Rami Malek.
Simone Fabriziani (da awardstoday.it)