Lindsay Kemp, coreografo, attore, ballerino, mimo e regista, omosessuale dichiarato da sempre, è morto all’età di 81 anni a Livorno dove risiedeva da diversi anni.
Per ricordare Lindsay Kemp, noi non vogliamo aggiungere altro a quanto già scritto nei tanti coccodrilli apparsi oggi, ma preferiamo ricordarlo con le sue stesse parole, pronunciate meno di un anno fa, al 15° Florence Queer Festival, in occasione della presentazione al pubblico del video ‘Ricordi di Flowers’, una versione restaurata e rimontata del suo celebre capolavoro.
Alla domanda dal pubblico:’Che cosa sta facendo adesso?’ Kemp rispose:
“Adesso? Non ne ho idea. Potrei tornare a casa mia e passare un mese a scrivere la mia autobiografia. Questo è quello che dovrei fare, dovrei, ma normalmente non faccio quello che dovrei fare. Ho sempre resistito. Sono molto fortunato perché per gran parte della mia vita ho potuto fare quello che voglio fare e che mi diverte. E quello che voglio fare è divertire gli altri, renderli felici. Mi piace condividere il mio piacere per quello che faccio, io sono un ballerino, un uomo di spettacolo, intrattenere è ciò che mi rende felice. Penso che l’artista abbia la responsabilità di tenere alto lo spirito del pubblico e io credo che più o meno è quello che ho sempre fatto. In questi particolari tempi in cui il mondo ha bisogno di risposte, c’è bisogno dell’artista, che è chiamato a dare speranze, a dare luce in un mondo sempre più buio. Ho creato Flowers in tempi più felici di oggi, c’erano sì problemi nel mondo, la guerra in Vietnam… ma il mondo non era nello stato in cui è oggi. Eravamo negli anni ’60, eravamo tutti più idealisti, non c’era Teresa May e Trump non era nato, o non si pensava che fosse nato. Penso che non avrei potuto creare Flowers al giorno d’oggi, quello di cui l’oggi ha più bisogno è più gioia, più amore, più luce. “
Mentre riguardo alla presenza in Flowers di temi quali la morte e la pazzia, insieme ai loro contrari, l’amore, l’estasi e la rinascita, Kemp ha detto:
“Ora ovviamente sento la morte molto più vicina a me rispetto a qualche anno fa, la sento che aspetta nel vento, ma la morte ha su di me anche una forma di attrazione, così come è stato per molti artisti, ma non è tanto la morte in sé stessa, gli addii, i pianti, ma la sua immagine, mi interessa la rinascita.
Certo la morte mi sta aspettando, la morte aspetta tutti noi, è lì che aspetta nell’aria, ma io non ho fretta, ho un sacco di belle cose da fare prima di andarmene. Comunque cerco sempre di avere la biancheria intima pulita perchè non si sa mai.”
Lindsay Kemp stava in questi giorni lavorando all’allestimento di un laboratorio teatrale per il teatro sociale di Como. Nei mesi scorsi aveva tenuto diversi workshop e stage di teatro-danza per giovani attori e ballerini. Se una cosa ci può essere di sollievo nel dolore per la morte di un così grande artista e uomo è che probabilmente egli ha potuto vivere fino all’ultimo facendo quello che più desiderava fare, rendere felice il pubblico con la sua arte.
Lindsay Kemp presenta RICORDI DI FLOWERS -15° FLORENCE QUEER FESTIVAL 26 SETTEMBRE 2017
Riportiamo qui di seguito le parole di Kemp:
”La prima versione di Flowers risale a circa cinquant’anni fa. Il primo dei suoi tanti debutti avvenne in uno scantinato piuttosto puzzolente e umido di Edimburgo. Il primo cast era composto in gran parte da attori amatoriali, dilettanti ma bellissimi, ragazzi che avevo adescato nei parchi, ragazzi che assomigliavano ai personaggi del libro di Genet. Quando mi hanno regalato una copia del libro e l’ho letto, ne sono rimasto folgorato e ho voluto subito metterlo in scena ed esserne il protagonista. In quel periodo una zia molto omofobica era morta e mi aveva lasciato cinquecento sterline. Spesi tutti quei soldi nella prima produzione di Flowers. I soldi servirono per i pochi costumi che portavamo, i trucchi, cibo e alloggio e tanto fumo. La zia si sarà rivoltata nella tomba. I ragazzi erano splendidi ma poco affidabili. O arrivavano a metà spettacolo o non arrivavano proprio. Uno di loro, che aveva molti tatuaggi, prima che i tatuaggi fossero così di moda, e che lavorava in una birreria, aveva avuto la parte del sacerdote, però mi disse ‘va bene lo faccio ma soltanto se posso portare con me il mio cane’ e quindi ovunque lui andava, il cane lo seguiva, il cane era diventato uno dei protagonisti dello spettacolo. E il cane sembrava divertirsi molto, abbaiando, quando il prete veniva violentato. Venendo a noi, negli anni mi è stato chiesto tante volte ‘ma non c’è nessun video di Flowers?’, ma Flowers ha avuto inizio quando i video non erano ancora quasi stati inventati. Quindi purtroppo gli spettacoli con il dannato cane che segue il prete sono andati persi. Sono molto grato ad Andrea Canavesio per aver avuto l’idea di rintracciare pezzi di Flowers e montare una versione di tutto lo spettacolo. Devo dire tra parentesi che le prime rappresentazioni erano tutto un altro spettacolo. Ogni spettacolo era un po’ diverso. Poi diventò tutto più professionale. ”
Rispondendo a una domanda del pubblico sul tempo che è stato necessario per progettare Flowers, Kemp ha poi ricordato che Jean Genet scrisse il suo libro in due mesi sulla carta igienica mentre era in carcere, ma gli scritti gli furono confiscati dalle guardie ed egli dovette riscriverlo impiegando alcuni altri mesi. Lo spettacolo originale fu realizzato da Kemp in pochi giorni, con pochi mezzi, perché non aveva soldi neanche per dar da mangiare e pagare il bus ai suoi attori. Poi un po’ alla volta lo spettacolo divenne sempre più elaborato, raggiugendo uno schema quasi definitivo quando lo spettacolo arrivò a Londra e poi a Broadway.
Kemp ha anche ricordato come era viva New York nel 1975, quando lo spettacolo approdò a Broadway: Kemp e i suoi attori a New York erano felici, poveri e innamorati. Prima che uscissero le prime recensioni, tutto era splendido: l’albergo, il Pierre, li accoglieva in una suite di fianco a David Bowie e Mick Jagger; tutto il bel mondo accorse alla prima dello spettacolo e molti vip mandavano inviti a cena: Andy Warhol, Truman Capote, Liza Minnelli, Jack Nicholson e .. Rin tin tin. Poi le recensioni stroncarono completamente lo spettacolo. La prima scena, con la masturbazione in carcere non era proprio adatta al pubblico di Broadway, molto tradizionale. Invece di chiudere tutto dopo la prima rappresentazione, la compagnia decise di continuare per qualche giorno e poi di spostare lo spettacolo in teatri Off-Broadway sempre più modesti e nel giro di un mese dall’hotel Pierre, gli attori si ritrovarono a dormire tutti assieme sul pavimento dell’appartamento di un amico. Costretti a risparmiare sulla pizza per pagarsi il trucco. Non avevano neanche i soldi per il biglietto di ritorno. David Bowie prestò loro delle piccole somme. Ma loro adoravano New York, era tutto meraviglioso. Poi tornarono a Londra, quindi un anno in tournée Australia, con grandi successi. Poi di nuovo in Europa. In Spagna, arrivando poco dopo la caduta di Franco, il grande successo di Flowers rappresentò un esempio tangibile del ritorno alla libertà. Arrivò anche in Italia, nel maggio del 1979 a Milano.
(a cura di R. Mariella)